Una intera seduta del consiglio comunale, ore cioè di appassionata, sincera testimonianza di affetto e solidarietà, è stata dedicata a Liliana Segre sopravvissuta alla barbarie nazista dei campi di sterminio degli ebrei, oggi senatrice a vita e da tempo cara amica di una Varese che, con l’unanime delibera del consiglio comunale, le ha conferito la cittadinanza onoraria.
Una decisione accolta con favore da tutta la comunità, felice di offrire stima e solidarietà a chi ancora oggi, epoca di odio e di razzismo, viene perseguitata dall’attivismo di ignobili nostalgici.
Ma è anche il tempo di un incredibile declino della nostra democrazia, tenacemente immemore sul versante internazionale dei valori di fratellanza popolare e d’amore. Che da noi hanno duemila anni di storia.
E a proposito del fronte italiano il progressismo politico tiene banco con i suoi problemi interni, conseguenza di errori culturali e strategici. Da qualche tempo rigioca la carta dell’antifascismo che negli Anni 60 in qualche misura giovò anche al Paese, ma sfuggì poi a tutti finendo nell’oceano dell’odio e della mortale violenza del terrorismo.
Esperienza che nessuno vuole rivivere oggi e tanto meno imporre agli avversari politici.
La caccia al leghista Salvini, considerato un possibile Benito 2, vede però impegnato un arcobaleno di italiani che nella frusta del voto vedono il miglior rimedio per dare la sveglia ai loro amati partiti, oggi impegnati seriamente nell’esperienza di dormitorio politico. Esperienza che peraltro ha affascinato buona parte dell’Europa se nel nostro continente di recente le difficoltà o la supponenza di coloro che hanno amato definirsi progressisti hanno rilanciato le rispettive Destre. Succede anche in Paesi che hanno difeso la loro integrità dalla minaccia del nazismo e del fascismo.
Se Salvini da ministro dell’Interno è diventato un nostro pericolo fascista per le sue iniziative contro le maree di migranti, non si sa come classificare i leader delle grandi potenze europee che ancora oggi impongono il loro no anche a pattuglie di autentici disperati.
Politicamente mi considero ateo, ho solo fiducia nell’istituzione repubblicana ben lontana dai presepi monarchici, nei quali non ci sono capanne ma maestà della ricchezza e di un potere secolare con obbligo dell’inchino anche per chi vive o transita a chilometri di distanza. Ero un bambino quando ho vissuto durante la guerra da sfollato nella periferia industriale di Como: gli anni trascorsi con i figli degli operai della fabbrica della quale mio padre era un dirigente, sempre nel tempo mi hanno portato al rispetto assoluto verso chi ha fame e sete di diritti.
E la nostra città e la nostra provincia nella lunga stagione del dominio del Centrodestra, da Salvini, da Berlusconi e dai loro tifosi nulla hanno mai avuto! Con la riforma della sanità, che colpisce i meno abbienti, hanno addirittura azzoppato le nostre comunità, cittadina e del territorio. Il tutto mentre i progressisti stavano a guardare invece di aiutare i nostri poveri, i nostri anziani. Perché? Perché essi facevano altrettanto nelle regioni in cui erano al potere.
Sono felice per il riconoscimento dato a Liliana Segre. Bellissima l’unanimità del voto che in parte attenua storici errori di una Varese davvero strana quando deve decidere sulla toponomastica e i protagonisti del passato.
Quando la senatrice ebrea verrà festeggiata a Palazzo Estense ci si ricordi per l’occasione di un altro nostro martire del nazismo, Calogero Marrone, che tra l’altro era un dipendente del nostro comune e per di più Israele già lo onora ufficialmente.
La sua vicenda sarebbe rimasta sconosciuta se non ci fosse stato l’impegno personale di uno storico credibile come Franco Giannantoni. Egli è tale perché persegue sempre la verità, anche se è scomoda.
Non è mai stata però tale per come e per quanto Varese ha fatto per i fratelli ebrei.
La cittadinanza a Liliana Segre è una splendida festa per tutti.
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