Inutile girarci intorno. Il governo è traballante e se non trova presto una visione comune da comunicare bene rischia di trascinarsi avanti senza dare alla legislatura quella svolta che era negli auspici di chi lo aveva salutato con fiducia.
È stato riguadagnato un buon rapporto con l’Europa e sterilizzato l’aumento dell’Iva: bene ma questo non basta. Né basta l’aspettativa di eleggere il successore di Mattarella. La logica del contratto (una cosa a me una cosa a te) era fallita nel precedente governo giallo-verde e, apparentemente ripudiata, sembra riemergere in modo ancora negativo. Sbagliatissimo.
Il M5S è in grave difficoltà con Di Maio ormai in crisi personale e politica. Non mi piace infierire ma dietro il suo sorriso ostentato, o la sua faccia tristissima,ho l’impressione che si nasconda il vuoto su come muoversi. Ma le responsabilità non sono soltanto dei grillini e oggi parlo del Pd al quale servirebbe una profonda scossa culturale, programmatica e politica. Con quali mezzi?
Solo alcune settimane fa ero freddo rispetto all’idea di un congresso straordinario a inizio 2020 ma comincio a prenderla in seria considerazione con un significato “costituente”. Non tanto per mettere in discussione Zingaretti, che non è certamente un leader forte ma che sta mantenendo gli impegni presi con attitudine alla mediazione (fin troppa) e senso dell’unità. No, non per questo ma perché tutto è cambiato nel Paese, nel Pd e nel centrosinistra ed è necessaria una nuova ripartenza.
Renzi se ne è andato senza sbattere la porta ma tenderà per sua natura ad una sfrenata concorrenza elettorale. Penso che altri ex renziani, anche di alto rango, potrebbero presto seguirlo: l’equivoco del “piede in due scarpe”va risolto subito e forse solo un congresso può farlo.
Con la fine del governo giallo-verde e la nascita di quello giallo-rosso la situazione politica si è praticamente azzerata. Basta riflettere su alcuni passaggi del congresso che ha eletto Zingaretti per rendersi conto che molti di quegli scenari, di quelle tesi e di quei volti sono definitivamente alle spalle. Alla luce di tutto ciò,quel congresso appare essere stato un evento di transizione.
Aggiungo un’altra annotazione che molti non condividono affatto ma che io ritengo seria. Non ho mai creduto all’esistenza di una grande forza politica di centrosinistra senza un vero pluralismo, il che vuol dire (per parlarci chiaro) senza correnti di pensiero. Ma le correnti che esistono oggi non hanno più senso, trasudano personalismi e vivono malamente nelle sole sale romane.
Il problema vero del Pd è di abbracciare con decisione una visione della società; un’idea di Paese e di Europa dalla parte dei più deboli; la difesa della democrazia rappresentativa; un garantismo serio; una collocazione precisa nella nuova geopolitica che sta emergendo nel mondo. Come, se non con il voto su documenti precisi nei circoli e dovunque sia possibile coinvolgendo tutto il centrosinistra che ci sta?
Non mi spaventa affatto un limpido confronto/conflitto sulle analisi e sulle proposte, tipico di una fase costituente. Mi preoccupa restare senza una chiara bussola culturale e politica. Prima per l’Italia che per noi.
You must be logged in to post a comment Login