(S) Sicuro di voler tornare sulla polemica aperta dal ‘Corriere’ a proposito della possibile scomparsa della funzione di guida morale dell’intellettuale? Non è già superata dai fatti? Non rischi di perdere il confronto con un personaggio come Scurati, scrittore già affermatissimo e recente premio Strega?
(C) Accetto il rischio del confronto. Il pericolo maggiore che posso correre, proprio perché metto il mio nome in calce a queste righe, è di essere disconosciuto come intellettuale e additato come influencer. Scurati ne dà una descrizione appropriata, anche se non difficile. “Anche se appaiono come leader, sono in verità – nel campo politico come in quello del costume – meri portavoce della vox populi(sta). Più elevato è il numero dei loro follower e più gli influencer sono obbligati a seguirli. Sono follower dei propri followers. “Voi, Conformi e Desti potete aspirare ad essere influencer e persino compiacervi di essere riconosciuti come tali, basta che apriate un blog, un qualcosa su tutti i social, lo alimentiate di cose che piacciono ad una metà del mondo, pazienza se dispiacciono all’altra metà, anzi è d’obbligo che sia così. Non si può essere contemporaneamente interisti e juventini. Io, invece, voglio essere apologeta di tesi apparentemente contraddittorie. Questo mi è possibile, purché lo siano solo apparentemente.
(O) A me sembra che l’influencer non metta in crisi l’intellettuale direttamente, ma prima e più profondamente coloro che da secoli, almeno da Gutemberg in qua, hanno usato e condizionato gli intellettuali e ne sono stati a loro volta, ma solo parzialmente, condizionati: chiamiamoli con un nome collettivo, volutamente impreciso, di modo tale che nessuno se ne senta offeso, gli editori. Gli influencer non hanno bisogno di editori; vanno sullo spazio libero della rete. E ottengono risultati anche straordinari: Grillo non è partito così?
(C) Certo il mondo è cambiato radicalmente almeno tre volte, con la stampa, con la radio e la televisione e con i social-media; ma l’editore è diventato sempre più centrale nella formazione dell’opinione generale, in parte cercando d’indirizzarla, in parte seguendola e traendone benefici economici e politici. Non è un caso che le più grandi multinazionali per capitalizzazione, ma anche per influenza sociale siano oggi quelle di internet. Mentre una parte degli editori condivide la scelta degli intellettuali alla Scurati o dei giornalisti alla Scalfari o alla Sallusti, si ficca in testa l’elmetto, brandisce il fucile e parte per la guerra culturale o ideologica; altri meno passionali o semplicemente più furbi, danno o fingono di dare spazio e opportunità a tutte le posizioni o correnti di pensiero, salvo appoggiare sempre più intensamente quella vincente.
(O) Un bell’esempio di quest’ultimo atteggiamento lo dà ancora il “Corriere” che domenica scorsa ha pubblicato una lunga intervista al ‘vecchio’ card. Ruini, da cui ottiene almeno due scoop: dialogare con Salvini e no a preti sposati, nemmeno per l’Amazzonia. Il giorno dopo intervista il vescovo di Mazara del Vallo, Mogavero, certamente meno noto di Ruini, per fargli dire cose assai diverse. Può essere la prova che un’editoria indipendente, anche se furba, può ancora esistere. A maggior ragione questo vale per la rete, dove, anzi, il potere pubblico, di fronte alla possibilità di pubblicare, in pratica gratuitamente, qualsiasi cosa, deve imporre all’editore, si chiami Facebook o You Tube o chicchessia, di non prestarsi a veicolare, false notizie, offese, reati di opinione.
(S) Non farti illusioni, anche lì conta la convenienza economica.
(C) Anch’io non mi faccio illusioni sulla bontà disinteressata degli editori. Abbiamo appena visto sorgere una disputa familiare tra Carlo De Benedetti e i figli per la gestione del gruppo Repubblica-L’Espresso, dove grossolanamente stavano da una parte l’elmetto e dall’altra gli interessi. E non voglio nemmeno io votarmi totalmente ad una posizione,né quella dell’elmetto, che porta alla chiusura e allo scontro, né a quella libertaria che porta alla confusione e al relativismo. Tra le due non saprei quale scegliere. Mi piace di più quella della libertà, ma alla fine bisogna riconoscere che l’intellettuale, anche se non calza l’elmetto, deve pur esprimere una convinzione, motivata ed argomentata, lo fanno sia Scurati, sia Ruini, sia Mogavero, sia, per dirla tutta, il sottoscritto sullo spazio aperto e libero di RMFonline. E tutti ci atteggiamo a intellettuali e però, inevitabilmente, ricadiamo nel voler essere influencer: scriviamo ciò di cui siamo convinti, ma lo facciamo per rafforzare le convinzioni di chi sta dalla nostra parte.
(O) Quindi Scurati si contraddice: l’intellettuale fa l’influencer degli influencers. Del resto, se avesse ritenuto ormai inutile la funzione dell’intellettuale, non si sarebbe dato la briga di riscrivere la storia di Mussolini, romanzandola sì, ma dopo averla studiata scrupolosamente. Documento questa osservazione con parti di un’altra sua intervista (trovata, guarda caso su internet, Il libraio.it) “se vogliamo che il fantasma del fascismo smetta di tornare a infestare le nostre case, dobbiamo farci i conti. Narrare è per me la massima forma di esorcismo. Dobbiamo attraversare il fantasma”. Quanto alle preoccupazioni per il presente: “Ci sono indubbiamente molte differenze rispetto a cento anni fa, ma il clima sociale e politico di allora manifesta sorprendenti ed agghiaccianti analogie con quello odierno…” Più avanti sostiene di essersi documentato a lungo sulle fonti, per restare rigorosamente nei canoni del romanzo storico. Dopo questa intervista mi sono convinto a comperare e leggere M, il suo romanzo storico su Mussolini.
(S) Guarda guarda, entrambi finite per fare gli influencer, opinioni sì, ma soprattutto consigli per gli acquisti.
(C) Per tornare al punto, le ‘battaglie’ culturali sono le uniche degne di essere combattute e, condotte con rispetto, non lasciano sul campo morti e feriti, ma accrescono la comprensione della realtà in tutti i partecipanti. Un po’ lo facciamo persino noi tre all’interno di questa rubrica, come pure tutti coloro che scrivono su RMFonline da posizioni culturali diversissime. Però non ci si può accontentare, fermandosi a questo punto. Questa comprensione della realtà deve diventare giudizio, altrimenti si rischia di restare trascinati dalla corrente vincente, quella che ci appare più comoda o più redditizia. Per questo avremmo bisogno non tanto di intellettuali ma di veri maestri, che non ci propinino un opinione, ma ci trasmettano un esperienza. Per questa ragione ritengo che la vera minaccia di questo tempo non sia il fascismo o il sovranismo o il razzismo, ma ciò che di questi e di tanti altri mali, riassunti efficacemente da Ratzinger nel concetto di ‘crisi antropologica’, è la causa: IL VENIR MENO DI UNA EDUCAZIONE, libera, approfondita, che trasmetta esperienze e non solo nozioni o emozioni. Mi ha colpito molto un fatto di pochi giorni fa: l’invasione dell’Università Statale di Milano da parte di ‘celebratori’ della festa di Halloween, che l’hanno occupata per la notte. Mi pare una profanazione, persino di gran lunga peggiore delle occupazioni sessantottine, almeno di quelle non violente. E più ancora mi preoccupa la scoperta che non sarebbe il primo caso, ma che i precedenti non hanno fatto notizia.
(S) Ci voleva, forse, un influencer che desse una mano ai professoroni per la comunicazione.
(S) Sebastiano Conformi (C) Costante (O) Onirio Desti
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