Questa settimana è partito Il Pums, ovvero il Piano urbano della mobilità sostenibile. Fuori dalle tecnicalità lessicali si tratta di un’indagine a tappeto per capire come, quando, dove e in quali direzioni si muovono i cittadini di Varese. Ha infatti precisato il giovane e intraprendente assessore ai lavori pubblici Andrea Civati che “si tratta di un grande studio complessivo sui sistemi di mobilità. Per questo il primo fondamentale lavoro sarà quello di analizzare tutte le diverse tipologie di spostamento che poi riguardano la vita reale dei cittadini”.
In buona sostanza si cercherà di radiografare in profondità e con le migliori tecnologie disponibili il traffico veicolare (auto, biciclette, moto, autobus pubblici e privati, veicoli commerciali, camion) i flussi pedonali nelle aree nevralgiche della stazioni, in centro e nei quartieri. A farlo è la società Sintagma che aveva già elaborato il Pgt, il Piano di governo del territorio della città giardino. Sotto esame saranno soprattutto le strade di maggior traffico da e per il centro come viale Borri, largo Flaiano in cui sfocia l’autostrada, viale Belforte, viale Valganna, via Caracciolo, viale Aguggiari, la lacuale e Corso Europa che attraverso Casbeno immettono in città una quantità industriale di veicoli.
La grande mappatura (100 mila euro il costo previsto nell’ambito del piano stazioni che fa storcere il naso alle opposizioni) dovrebbe terminare a fine estate 2020.Verrà ovviamente dato ampio spazio anche alle valutazioni dei cittadini chiamati a raccontare le loro abitudini di spostamento, i vincoli in cui si imbattono, le difficoltà e le richieste. Tutto questo per arrivare alla fine a redigere un piano della mobilità ampiamente condiviso capace di regalare ai varesini una città che non abbia più l’automobile come totem irrinunciabile, ma al contrario possa contare su mezzi pubblici più efficienti e frequenti,su ragionevoli piste ciclabili e preveda in particolare l’allargamento delle attuali aree pedonali e la creazione di nuove.
L’obiettivo potrebbe essere quello di porre fine all’attraversamento veicolare del centro sul tradizionale asse di scorrimento: Magenta, Volta, Manzoni, Piazza Monte Grappa, Marcobi, Sacco e Veratti. Si tratta ovviamente di un progetto ambizioso e molto delicato per la quantità e la qualità degli interessi in gioco di residenti, commercianti, professionisti, uffici pubblici e privati. D’altra parte è innegabile che esiste “una stretta correlazione tra la riduzione di gran parte del centro storico a spazio di scorrimento, il degrado che lo avvilisce, il calo della popolazione residente e la marcata crisi delle attività commerciali e professionali” (Semi di città pag 16). Dal Pums dovrebbero quindi arrivare indicazioni e linee di intervento per una rivoluzione ragionata della mobilità cittadina.
Varese ne ha davvero bisogno posto che l’ultimo incisivo intervento fu quello promosso nel 1989 dall’allora assessore alla viabilità, il socialista Giampaolo Zoppini. Fu creato il ring a senso unico e a scorrimento antiorario cha ancor oggi abbraccia il centro da via Parravicini fino alle vie Copelli e Bizzozero. Vennero anche pedonalizzate piazza S. Vittore e le vie adiacenti. Nel mirino di quel coraggioso intervento vi erano anche piazza Giovine Italia e le vie Donizzetti e Rossini, ma i commercianti si misero di traverso. Non se ne fece nulla, finché l’ultima giunta Fontana, verso fine mandato, completò finalmente quel progetto.
La riforma Zoppini, come pochi forse ricordano, è consegnata alla storia locale da un fortunato slogan pubblicitario che diceva: “Il traffico gira e Varese respira”. In effetti allentò la morsa del traffico sul centro e pose il problema delle isole pedonali allora avversate un po’ da tutti. Alla fine degli anni ’90 prese invece corpo l’idea di una nuova riforma della mobilità, voluta dalla giunta Fassa, imperniata sul trambus che avrebbe dovuto collegare, su percorso protetto e veloce, la zona nord della città con Bizzozero, in pratica il percorso della linea E. Quel progetto, nonostante l’investimento di importanti risorse pubbliche, svanì nel nulla nell’era Fumagalli. Una pagina opaca che meriterebbe un’attenta rivisitazione storica dopo essere stata venduta ai cittadini come una rivoluzione copernicana.
Alla luce di quelle lontane inerzie ben venga dunque il nuovo Piano della mobilità con le sue puntigliose analisi da cui trarre indicazioni per migliorare la qualità complessiva della nostra città, evitando però che nel confronto politico diventi un dogma incontrovertibile, ma sia al contrario una solida base di discussione e di confronto realistico con tutti.
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