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NEOPOP

MASSIMO LODI - 08/11/2019

Romano Prodi, Mario Draghi, Antonio Spadaro

Romano Prodi, Mario Draghi, Antonio Spadaro

Solo fantasie e chiacchiere sulla nascita d’un nuovo Partito popolare o post democristiano, quello che il cardinale Camillo Ruini,presidente dei vescovi italiani per sedici anni, ritiene inopportuno? Forse, però, chissà. Al netto delle opinioni, avanzano i fatti. La scorsa settimana a Roma è stato sottoscritto un esplicito manifesto, firmato da tre associazioni: “Politica insieme” di Stefano Zamagni, da sempre un sodale di Romano Prodi e presidente della Pontificia Accademia delle Scienze Sociali; “Rete bianca” di Dante Monda, il cui padre Andrea è direttore dell’Osservatore Romano; “Costruire insieme” di Ivo Tarolli, che fu senatore dell’Udc.

A cosa serve questa reunion? A dar corpo a un progetto del quale si dice e si scrive da ormai parecchio tempo: costruire una formazione politica di centro dal programma semplice/ambizioso: difesa dell’europeismo, lotta ai sovranisti, privilegio dell’ecologia, accoglienza ai migranti, nessun indulgere verso corruzione ed evasione fiscale, freno al liberismo che ambisce a dilagare senza regole. Infine, last but not the least, massima allerta nei confronti delle questioni etiche.

Racconti giornalistici rivelano che dietro all’idea risiedano/insistano ambienti vaticani fedelissimi al Papa e che uno dei promotori sia il gesuita Antonio Spadaro, autorevole direttore della Civiltà Cattolica, mai tenero nei giudizi su Salvini (a differenza di Ruini, che attribuisce al Capitano leghista “notevoli prospettive, pur se deve maturare”) e sempre pronto al sostegno della dottrina sociale della Chiesa e alla tutela della Carta costituzionale italiana. Nella quale -a proposito di contrasto a chi, evadendo il fisco, commette un peccato/delitto in danno della comunità- si vorrebbe addirittura inserire il divieto di ricorso a ogni tipo di condono. Così ipotizzano fonti meritevoli d’ascolto, che collocano l’orizzonte della Cosa Bianca (non ne circola ancora l’eventuale acronimo) nell’ambito del centrosinistra, dissertando di cenni d’intesa già scambiati col Pd.

Il neo movimento e futuro partito non sembra avere in gran simpatia Renzi, giudicato riformatore ondivago, tattico pro ego suo e polemista nocivo. Non esattamente il modello/paradigma al quale il moderato-tipo d’estrazione cattolica -cui si rivolgono gli aderenti a questa rete dell’associazionismo prepolitico- guarda come a un partner affidabile, e tantomeno come a un leader in pectore. Meglio altro e altri. Il nome più accreditato per la guida d’una compagine che decidesse di scendere nell’agone elettorale è Mario Draghi, fresco d’addio alla Bce e che non pochi vorrebbero sulla poltrona del Quirinale dopo che l’avrà lasciata Sergio Mattarella. Draghi ha finora escluso di potersi schierare da una parte, magari per essere additato un giorno a esempio utilizzabile di perfetto uomo super partes. Però mai dire mai è l’insegnamento quotidiano delle vicende nostrane.

In seconda battuta, regge la possibilità del PdC, come qui chiamato in occasione d’una recente stravaganza (?) commentaria: il Partito di Conte, se l’inquilino bis di Palazzo Chigi mollerà i Cinquestelle. Verso il premier 1 e 2 hanno speso parole di stima sia il capo dei vescovi italiani sia il segretario di Stato del pontefice. Non proprio endorsement trascurabili in vista dell’eventuale investitura, se le circostanze, le rinunce, le opportunità lo suggeriranno o perfino l’imporranno.

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