Di notizie false, le fake news, ormai si parla da tempo in dibattiti, convegni, articoli di giornali. Per i distratti ricordiamo che per fake news si intendono le notizie che circolano in rete o sui giornali o in televisione e radio che pure non avendo un fondamento vengono presentate come vere. Esiste anche un modo meno tecnologico di diffondere notizie false: una chiacchiera da bar, un ritocco su una foto, un elenco di numeri parziali o errati, un post su Facebook.
L’ultimo ritrovato in questo campo è stata la presentazione di un video di Matteo Renzi a “Striscia la notizia”. Il video è un cosiddetto deepfake, un video creato attraverso un’intelligenza artificiale che “ha sovrapposto al corpo di un imitatore il volto di Renzi, manipolandone i movimenti in modo che sembri davvero lui a parlare” come spiega “ilpost.it”, che prosegue “la tecnologia che sta dietro ai video deep fake negli ultimi tempi è diventata sempre più sofisticata e distinguere un video vero da uno falso può risultare complicato, con preoccupanti implicazioni per la circolazione della corretta informazione soprattutto per le persone più anziane e con minore dimestichezza con la tecnologia”.
Questa nuova frontiera del falso fa ritornare alla mente un vecchio libro del 2007, scritto da Umberto Folena, redattore di “Avvenire”, con prefazione di Dino Boffo, allora direttore del quotidiano, prima che una fangosa vicenda, proprio per delle fakenews, lo vedesse vittima di una delle più indegne pagine del giornalismo degli ultimi vent’anni.
Il libro di Folena si intitola “La vera questua” con sottotitolo “Analisi critica di un’inchiesta giornalistica”.
Questo argomento, cioè le presunte evasioni fiscali della Chiesa, è diventato ancora di attualità, nelle scorse settimane 76 senatori del Movimento 5 Stelle hanno sottoscritto un decreto legge, proposto da Elio Lannutti, inteso a recuperare, così affermano, l’ICI non pagata dalla Chiesa. “ Il discorso è vecchio e torna ad intervalli ciclici la storiella dell’ICI non versata dalla Chiesa – scrive Mimmo Muolo su “Avvenire” (25 ottobre 2019 pagina 7) –ignorando totalmente il dato di fatto che nella sentenza emanata dalla Corte di Giustizia dell’UE nel novembre 2018 la parola “Chiesa” non compaia mai, ma si parla di “enti non commerciali” e ce ne sono parecchi che non sono espressione del mondo cattolico”. E prosegue: “I 5 miliardi di cui spesso si è parlato non hanno alcun fondamento. L’unico dato attendibile è quello del Ministero del Tesoro che qualche anno fa, con il gruppo di lavoro sull’erosione fiscale, ha calcolato in 100 milioni annui l’ammontare di tutte le esenzioni ICI concesse all’intero mondo del non profit”
È un campo questo dove vengono spesso appunto utilizzare fake news per delle tesi precostituite che hanno spesso solo un presupposto ideologico.
Il recente convegno svoltosi poche settimane fa alla Camera di Commercio di Varese sull’opera del cardinal Attilio Nicora, varesino, figura di grande rilievo nell’episcopato italiano, rende particolarmente attuale il libro “La vera questua” sopra citato. Il cardinal Nicora, infatti, è considerato il “padre dell’otto per mille”, per il ruolo svolto come giurista, rappresentante della Santa Sede nelle trattative con il Stato italiano, nella attuazione del nuovo concordato.
Il libro di Folena, infatti, parla proprio in particolare di notizie false relative all’ 8 per mille. E il bersaglio in particolare di Folena è il quotidiano “Repubblica” e precisamente il giornalista Curzio Maltese con il suo libro “Laquestua”, edito da Feltrinelli, che raccoglie in parte le sette puntate dell’inchiesta “I soldi del vescovo” pubblicate dal quotidiano del gruppo Gedi dei De Benedetti.
Curzio Maltese aveva avanzato una sua tesi: la Chiesa è una casta che succhia denaro pubblico a uso esclusivo, alle spalle di contribuenti ingenui e creduloni. E aveva raccontato fatti, per sostenere questa tesi. Ecco, Folena analizza uno per uno questi fatti (e le numerose omissioni) e cerca di smontarli o di ridimensionarli.
Un esempio, per rendere l’idea di questa operazione, riguarda l’Abbazia di Chiaravalle, vicino a Milano. Scrive Folena: “Maltese deve dimostrare che in occasione del Giubileo del 2000, la Chiesa truffatrice e scaltra con i contributi pubblici ha convertito conventi ed abbazie in albergoni di gran lusso (che quasi mai pagano l’ICI, va da sé). Alcune strutture ormai vuote e onerose sono in realtà state vendute da istituti religiosi che patiscono un calo di vocazioni. Se i nuovi proprietari le han trasformate in albergoni la Chiesa non c’entra. Ma Chiaravalle è ancora un monastero benedettino. Per Maltese è un resort a cinque stelle da 300 euro a notte. In realtà è una normale abbazia dotata di tradizionale foresteria: poche cellette dove a un ospite che desideri condividere per alcuni giorni la vita dei monaci vengono chiesti 30 euro per la pensione completa (trattabili)”. Questa informazione falsa, comparsa su Repubblica, viene poi corretta dallo stesso Maltese che nel libro la elimina. Ma chi ha letto solo Repubblica è probabilmente ancora convinto che Chiaravalle sia davvero un hotel a cinque stelle che non paga l’ICI. E che la Chiesa qui sia una furba truffatrice che procura un enorme danno all’erario.
Nell’edizione del 28 settembre 2007, Maltese scrive che “fare i conti in tasca al Vaticano è una impresa disperata”, e argomenta questa affermazione parlando di 8 per mille, ignorando che i dati economici dell’8 per mille sono pubblici e facilmente consultabili. Replica Folena: “Era facile per noi ribattergli che confondere la CEI (vescovi cittadini italiani al servizio del paese) con il Vaticano è un errore da bocciatura all’esame da giornalista. Maltese non correggeva l’informazione su Repubblica, continuando così a far credere ai suoi lettori che l’otto per mille finisca alla Santa Sede”.E quanti sono ancora convinti oggi di questo.
Ma è sulle presunte evasioni di ICI da parte di enti religiosi che Maltese si era particolarmente soffermato. E Folena, uno per uno, esamina i casi citati, smontandoli. E precisando giustamente: “Gli alberghi pagano e se ciò non avviene li si induca senza remissione a pagare, senza alcuna incertezza”, ricorda Folena per evitare ogni malizioso dubbio.
Insomma, le tesi di Maltese non erano e non sono nuove e richiamano alla memoria un certo anticlericalismo ottocentesco. Ma forse,come scrive Boffo “…i laici non sanno percepire quanto il cattolicesimo vissuto sia realmente cambiato. Non hanno più i codici per decrittare il mondo cattolico”.
È ovviamente legittimo essere anticlericali. Ci mancherebbe altro. Ma per un giornalista il controllo delle fonti, l’evitare omissioni, l’analisi senza livore sarebbero “cosa buona e giusta”, ricorda in sintesi Folena.
E rileggere a distanza di un decennio questo libro può essere un utile esercizio di verità e, ci auguriamo, di dialogo.
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