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Attualità

IL MURO, I MURI

GIANFRANCO FABI - 01/11/2019

muroTrent’anni fa, il 9 novembre del 1989, cadeva il segno più visibile e drammatico della cortina di ferro, quel muro di Berlino che segnava con mattoni e cemento la divisione dell’Europa in due parti politicamente e socialmente lontane. Quel giorno segnò il definitivo sfaldamento dell’Unione sovietica. Già da settimane si aveva chiaramente l’impressione che molto doveva cambiare, che i regimi dell’Est avevano i mesi contati, che la cortina di ferro doveva necessariamente cadere. Ma in quei giorni la storia ha avuto una drastica accelerazione come se si fosse aperta la paratia che conteneva un fiume in piena.
E si è avviato un processo su due strade solo in apparenza parallele. La strada dell’unificazione per una Germania Est la cui classe dirigente era completamente delegittimata nonostante gli estremi tentativi di normalizzare i rapporti con Mosca da una parte e con Bonn dall’altra. La strada della ricostruzione politica per i paesi dell’Est, improvvisamente liberi dopo i drammi della dominazione sovietica, dopo i carri armati a Budapest e a Praga e con il dominio di fatto sulla Polonia e gli altri satelliti.
Ma la storia spesso prende strade impreviste e sembra non tener conto degli insegnamenti del passato. Con salti logici e contraddizioni. Come dimostra il libro di Francesco Cancellato (“Il muro, la fine della guerra fredda in quindici storie”, ed. Egea, pagg. 136, € 16) che inizia proprio con un paradosso: “Il Muro di Berlino fu abbattuto per lo stesso motivo per cui fu costruito: evitare un esodo di massa dalla Repubblica Democratica Tedesca verso Occidente”.
Il libro percorre una strada diversa dalle tante ricostruzioni storiche che hanno tentato di far luce sulla grande svolta del 1989. Oltre alle vicende politiche ci sono le vicende di uomini e donne che hanno vissuto all’ombra del muro, che hanno tentato di superarlo, che hanno cercato di contrastare le grandi forze di una politica che si staccava sempre più dall’umanità. E insieme ci sono i grandi personaggi di oggi, da Angela Merkel a Vladimir Putin, che sulle macerie del muro hanno cercato di costruire una nuova dimensione politica. Così come non mancano i riferimenti al passato di un secolo che ha visto il dramma di due guerre mondiali e di pesanti dittature. Ma non manca soprattutto l’invito a riflettere su come con la caduta del muro non solo non sia finita la storia, ma ne sia iniziata un’altra i cui gli stessi paesi usciti dal giogo comunista hanno innalzato altri muri per fermare le immigrazioni, in cui nuove guerre hanno diviso i popoli del Medio Oriente, in cui si sono abbattuti i ponti, come quello di Mostar, che per secoli avevano garantito il dialogo e la convivenza.

La storia è ora segnata da nuovi muri. Quello tra Stati Uniti e Messico, diventato un simbolo della politica sovranista del presidente americano Donald Trump. E quello sempre più lungo che divide lo Stato di Israele dai territori palestinesi. Un muro invisibile, ma concreto, è quello che molti vorrebbero per fermare le migrazioni dalla sponda Sud del Mediterraneo.

I muri sono antichi quanto la storia dell’uomo: basti ricordare la grande muraglia cinese o le mura medioevali che caratterizzano ancora oggi molte città. Ci si poteva augurare che il cammino della civiltà potesse avviare anche un periodo di maggiore comprensione, apertura e solidarietà: in gran parte non è stato e non è ancora così. Ma non bisogna perdere la speranza. Le persone sembrano inconsapevoli attori di una storia più grande di loro, ma è comunque sulle gambe e sulle speranze delle persone che camminano le piccole e grandi scelte dell’umanità.

PS: il plurale di muro è “i muri” se si intendono diversi muri lontani uno dall’altro, “le mura” se ci si riferisce all’’insieme delle antiche strutture murarie difensive di una città o anche di un edificio.

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