La pentola dove bolle la politica nazionale ha offerto all’Italia della piccola borghesia e del firmamento del popolo che lavora davvero, lo spettacolo della (prevista) disfatta elettorale in Umbria dei giallorossi di Di Maio. Un disastro di poco anticipato da un altro ko di ben più modesta risonanza ma ugualmente interessante subito qui da noi a Varese, dove le improvvise e improvvide ambizioni presidenziali per la guida del Parco regionale del Campo dei Fiori hanno visto uscire dall’urna un 2 a 18 che la dice lunga sull’insipienza della candidatura grillina alla guida del nostro strepitoso patrimonio ambientale.
C’era infatti da rinnovare la guida di una squadra da tempo addetta e attenta ai problemi di una enorme area verde e i giallorossi che ti combinano? Rompendo le scatole anche al sindaco di Varese molto prudente e che ama il dialogo e non le imposizioni, ecco che per la presidenza del parco all’improvviso e in casa d’altri fanno comparire come candidato una persona, certamente per bene ma con un biglietto da visita “alla romana” che, risultati alla mano, proprio non è piaciuto.
Forse anche perché non aveva una piattaforma adeguata: sconosciuto infatti il suo spessore politico, che poteva andare da una formazione del candidato alla Churchill una replica di quella di Pappalardo, ovvero la bosinità secondo il partito democratico e il suo socio negli affari nazionali era tutelata.
Non so se avremo altri conati di potere qui a Varese da parte di chi ci governa a Roma, è certo che non saranno mai graditi come è accaduto in passato con la Lega e i berlusconiani, essi pure travolti da deliri di onnipotenza che sono costati alla città la perdita del Premio Chiara, il tracollo della viabilità con il mancato completamento di viale Europa, l’anestesia, totale e prolungata, di seri problemi urbanistici, il declino dell’assistenza ospedaliera al pari di quella ambientale, i tentativi di ridimensionamento dell’Università, l’accantonamento della collaborazione dei privati che fecero grande Varese. Per finire, ai giorni nostri con l’accantonamento o la distruzione di enormi patrimoni edilizi generosamente donati da privati che tra l’altro non avevano ambizioni politiche!!!
Ho avuto la fortuna di vivere da cronista gli anni della splendida epopea varesina ricca di pagine indimenticabili anche per le affermazioni internazionali in campo sportivo. E come cronista
ricordo con malinconia gli uomini che avviarono la nostra democrazia, a Roma e nella nostra terra. La nascita delle regioni, la notte della Repubblica alla quale seguì una grande alba di rinnovata libertà sembrarono due grandi vittorie, non ebbero invece il seguito che ci si augurava. Affiorò e dilagò infatti il virus della partitocrazia, fatta di promesse e di nessun impegno morale e materiale se ciclicamente, magari dopo parecchi anni ci scateniamo nella caccia e nell’applauso agli uomini forti del momento. Che di promesse sempre ne fanno un sacco, ma poi, poveretti noi, questi uomini regolarmente hanno spaventosi vuoti di memoria.
Chissà quando raggiungeremo la maturità democratica almeno noi lombardi che con le nostre doti di civiltà abbiamo colto grandi traguardi.
L’esperienza intanto ci ha insegnato molto. Per esempio che i politici non sono dei benefattori. Dobbiamo ricordarcelo sempre se non vogliamo essere dimenticati o peggio maltrattati.
La deriva politica va prevenuta e combattuta con l’arma più civile che in passato abbiamo già usato bene: la collaborazione diretta. Va chiesta o imposta. Lo spessore civile e democratico Varese in questi anni non lo ha trascurato ma certamente sottovalutato e la politica ne ha approfittato. È tempo che i ruoli siano rispettati. Soprattutto quelli della comunità. Che comunque ha già fatto democratico uso del suo ruolo cambiando la guardia al fortino di tutta Varese, Palazzo Estense.
You must be logged in to post a comment Login