Oggi molte cose stanno cambiando, anche se il tentativo di ripristinare il primato di un certo radicalismo filosofico, su una visione più ampia e liberale della realtà, risulta da una miriade di indicazioni. Il partito, proprio perché espressione di una parte, rappresenta una realtà settoriale, limitata molto spesso a una visione unilaterale e parziale. Il partito tradizionale ha creato e continua a creare personalismi, nepotismi, egocentrismi, sudditanza psicologica e politica che limitano di fatto una collaborativa e ampia suddivisione delle responsabilità, basti pensare all’infausta riproposizione di fenomeni di dispotismo che minano le basi strutturali della democrazia, rafforzando varie forme di personalismi, di feudalità amministrativa e arbitrarietà di vario ordine e natura.
Il mondo moderno propone panorami e orizzonti più ampi sui quali misurare l’energia vitale di un paese capace di progettualità politica e sociale. La domanda è che si abbandoni la vecchia logica del particolare, per entrare in un ordine dove i talenti, i meriti, i bisogni e le necessità prevalgano sulle strumentalizzazioni e sulla demagogia di parte. La persona è chiamata a essere centro di una grande trasformazione che superi le vecchie logiche del radicalismo. Per tutte queste ragioni la politica è sollecitata ad abbandonare il primato del personale, per riattivarsi come educato e dialettico confronto di idee e di iniziative che trovino nel pluralismo del pensiero e nella elaborazione di strategie super partes la fonte della sua ricchezza. Più largo sarà il confronto e più facile sarà la possibilità di trovare soluzioni adeguate ai tempi. Tutto questo non significa abbandonare la storia come ci è stata tramandata, ma adeguarla ai tempi e alle necessità, in una visione più ampiamente critica e propositiva, molto più adatta a un sistema democratico che vuole premiare e proporre i cittadini come soggetti autentici della progettualità politica.
La cultura non è patrimonio individuale o di gruppo, possesso o arma da combattimento, ma energia vitale che appartiene a tutti e in virtù della quale tutti devono poter concorrere con l’impegno quotidiano alla realizzazione del bene comune. La cultura politica deve saper farsi amare dai cittadini, deve saperli attivare, stimolando la loro partecipazione, il loro desiderio di sentirsi artefici e protagonisti della storia che stanno vivendo. Per troppo tempo il cittadino ha subito la politica, non riuscendo a diventarne protagonista. In molti casi i partiti sono stati e continuano ad essere roccaforti inespugnate di un potere chiuso, personale, coercitivo, determinato da logiche involutive, invece di essere strumento di facilitazione del processo di avvicinamento tra le persone e i popoli, creazione di presupposti per una comprensione vera, reale e profonda dei problemi delle nuove società.
Il futuro della politica si gioca oggi sui grandi temi dell’umanità, in una logica di sviluppo universale delle risorse e dei talenti. È infatti sui valori universali dell’ambiente, della sicurezza, della salute, dell’istruzione, dell’alimentazione, dell’energia, dell’economia e dell’immigrazione che prende forma la credibilità di chi è chiamato a rappresentarle. Non basta più defilarsi in quelle forme di egocentrismo che trovavano ampio spazio nella struttura ermetica delle vecchie ideologie, vincolate alla paura di perdere quel potere che è stato vincolo attorno al quale sono prosperate varie forme di clientelismo. Coltivare la libertà in ambito politico e sociale significa abituare i cittadini a crescere con una mentalità più aperta e pronta a orientare il proprio impegno verso il bene comune, quello che va oltre gli steccati e le barriere che per troppo tempo hanno impedito di sentirsi affettivamente uniti nella difesa e nel rilancio dei valori di appartenenza. Non sarà facile uscire allo scoperto, lasciare il vecchio, le consuetudini, i privilegi e tutto ciò che ha contraddistinto l’immobilismo culturale, sociale e morale della partitocrazia tradizionale, ma sarà un passo che tutti i partiti dovranno fare se vorranno essere veramente il volano di un cambiamento epocale, riscuotendo il plauso delle nuove generazioni e della loro ansia di partecipazione alla vita nazionale.
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