Lunedì 14 ottobre, presso la Camera del Lavoro di Milano, una delegazione di leader indigeni dell’Amazzonia brasiliana – in Italia per partecipare al Sinodo panamazzonico convocato da Papa Francesco in Vaticano – ha incontrato i cittadini milanesi per testimoniare della devastazione ambientale in corso nelle regione amazzonica, del progressivo impoverimento del bioma e del genocidio dei popoli originari. L’incontro è stato organizzato dal sindacato, dall’associazione Laudato Sì, da studenti di Fridays For Future Milano e da Greenpeace.
È essenziale costruire una mobilitazione plurale a difesa della Casa Comune, di cui l’Amazzonia rappresenta il cuore e il simbolo. Occorre chiedere politiche nazionali e comunitarie che fermino la deforestazione e la distruzione estrattivista, tutelino la biodiversità e riconoscano il ruolo delle comunità indigene, della loro cultura e della loro spiritualità.
All’incontro hanno partecipato Jeremias Dos Santos, del Popolo Mura; Ernestina Afonso De Souza, del Popolo Macuxi; Aloir Pacini, missionario del CIMI.
La delegazione è stata ricevuta all’Arcivescovado di Milano, dove ha illustrato le straordinarie iniziative che si articolano attorno al Sinodo e il significato di una bbraccio così vasto alle popolazioni della foresta.
Il Sinodo dei vescovi per l’Amazzonia segna una vera novità per la vita e per la riforma della Chiesa oltre che per la prospettiva politica e sociale del Brasile. Ciò spiega anche perché questo Sinodo è così duramente avversato ed esecrato dall’integrismo laico di destra che dilaga su siti e giornali, e da settori regressivi della Chiesa e dello stesso episcopato. In effetti il Sinodo sull’Amazzonia rappresenti il primo vero evento collegiale rilevante che si sia avuto nella Chiesa a partire dal Concilio Vaticano II, senza essere stato pensato e normato come mera funzione ausiliare del primato pontificio.
Anche formalmente il Sinodo sull’Amazzonia non è come gli altri. Esso si qualifica come assemblea speciale in quanto inerente a un’area geografica determinata pur nell’unità della Chiesa universale (tant’è che si svolge a Roma). Naturalmente neanch’esso realizza un modello compiuto di sinodalità né è esente da elementi di criticità, però reca un messaggio di novità e vitalità in senso epocale, che sul piano simbolico si può paragonare all’apertura dell’Anno Santo a Banguì, in piena Africa; e il simbolo è quello di uno spostamento del baricentro del cattolicesimo dal centro della potenza e dell’opulenza – ultimamente rappresentato dall’area euro-atlantica – al centro della debolezza e della povertà delle Genti, e dalla dimensione prevalentemente gerarchica della Chiesa a una dimensione già più intrecciata con la soggettività del popolo di Dio.
La venuta a Milano della delegazione indigena ha assunto grande significato anche per il contrasto tra l’essenzialità della testimonianza di popoli di millenaria cultura e di profonda spiritualità e la dispersione di valori e lo spreco di consumi che la città offre distratta ad ospiti che descrivono la natura e l’ambiente come parte inscindibile di se stessi.
You must be logged in to post a comment Login