“Ma i suoi non l’hanno accolto … “. Tormento dell’evangelista Giovanni che constatava quanto grande fosse la folla raggiunta dall’annuncio del Verbo ma come tantissimi uomini, liberi di fare la scelta di accoglierlo o rifiutarlo, fossero più portati per questa seconda opzione mentre altri, non molti per la verità, rispondevano con entusiasmo, donando interamente la loro vita.
La vita, proprio per le caratteristiche che la distinguono, è faticosa e difficile di suo. Accettare o rifiutare il Verbo può incidere, anzi senz’altro incide, sui modi di viverla e sui risultati della sua realizzazione ma sorge anche il dubbio che si finisca per fare la difficile scelta per comodità, per tentativo di cercare la via più facile, cosa del resto molto comprensibile. Non è comunque così, perché sia in un modo che nell’altro nella vita si deve sempre affrontare il difficile rapporto con il prossimo che è chiave determinante per uno stile, per un modo di esistere che, se basato sull’amore, porta risultati indiscutibilmente diversi in tutti gli aspetti della vita stessa; e questo amore dovrebbe essere maggiormente presente in chi riesce ad accogliere il Verbo, cioè colui che ha portato tangibilmente l’amore nella storia dell’umanità.
I contemporanei di Gesù dovevano ovviamente affrontare le problematiche storiche tipiche di quel momento e nelle loro decisioni era importante il corredo culturale che li caratterizzava; così i discorsi di Gesù erano per loro veramente molto difficili da comprendere ed accettare. Ogni epoca è stata caratterizzata da una sua cultura specifica, frutto delle intelligenze presenti e delle vicende del momento e questa cultura lasciava sui protagonisti la sua impronta che condizionava le scelte in un continuo dialogo con le caratteristiche psicologiche delle varie personalità. Anche ai nostri giorni il fenomeno si ripete, per cui la risposta che si dà al Verbo è caratterizzata dalle caratteristiche della nostra personalità e dalla cultura del momento storico in cui viviamo.
Saper accogliere la Parola! Viene da chiamare in causa il mistero detto “vocazione”; in effetti Dio ci ama tutti e chiama tutti, ma ognuno poi risponde in un modo personalizzato. Ciò che è importante è l’onestà degli intenti, onestà che deve stare alla base del rapporto col prossimo e con Chi ci ha donato la vita. In poche parole: si può amare o al contrario cedere alla tentazione di sfruttare il prossimo.
L’esperienza ci dice che anche chi nega il Verbo può essere capace di amare profondamente i fratelli, ben conscio dell’importanza dell’amore, per cui anche tra gli atei, e forse di più tra loro, ci sono splendide figure di cittadini virtuosi.
E noi di Varese come abbiamo vissuto questo grande problema? Grandi figure ne abbiamo avute: numerosi e veramente bravi educatori che si dichiaravano atei e che hanno trasmesso agli allievi importanti e positivi insegnamenti, rispettando e rinforzando le loro personalità in via di maturazione. Ma davanti agli occhi abbiamo anche figure di educatori credenti che hanno provocato sofferenze notevoli sui ragazzi. Ma questo discorso circa la positività o negatività del proprio lavoro, della propria professione, vale a livello di tutti, non solo degli educatori. Come detto i risultati rivelano la capacità di saper vivere l’amore verso il prossimo, di saper confrontarsi con chi ci circonda.
Sto arrovellandomi su un concetto che non riesco ad esprimere in modo chiaro? Sembra proprio così.
Provo ad essere concreto: pensiamo alla figura del nostro concittadino cardinal Attilio Nicora che indubbiamente ha risposto positivamente al Verbo. È poco noto tra i Varesini anche perché è sempre stato schivo di certe manifestazioni ma la sua figura ha generato un incontro di studio tenutosi in città qualche giorno fa. La sua saggezza e fecondità di idee ha guidato alla riforma del concordato, ma non solo: ad esempio negli anni scorsi ha guidato il finanziamento da parte della Chiesa di molte aree dell’Africa. È sempre di grande aiuto meditare i suoi insegnamenti contenuti nelle sue omelie.
Figura più nota e seducente per noi quella di “don Vittorione”. Mi si potrebbe obiettare che è facile citare sacerdoti, ma anche tra i laici sono veramente tante le figure di onesti cittadini e mi piace ricordare, perché personalmente conosciuto, un insegnante del Cairoli che tanto bene ha seminato tra i suoi allievi che affettuosamente chiamavano il loro insegnante di filosofia “il Colombino”. Altre belle figure le abbiamo avute tra i primari del vecchio Ospedale, oppure tra imprenditori, ma anche tra semplici operai … e tra i politici? Qui si richiederebbe una lunga discussione, ma sono convinto che ne abbiamo avuti …
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