La televisione e la stampa mi annunciano un mondo pieno di orrori, di colpe antiche che si rinnovano di tanto in tanto, di vittime innocenti: la guerra divampa ormai in tutto il Medio Oriente; la maggiore potenza economica e militare si chiude in casa, penalizza le concorrenze per favorire i suoi prodotti e poter gratificare così gli elettori di un ondivago presidente che muta opinione come la velocità di un twitter; in alcuni paesi europei ritorna il mito del razzismo; l’Europa non è capace di trovare un disegno di ampio respiro che consenta di porre mano alle debolezze strutturali, di essere più solida e coesa per divenire più credibile agli occhi dei cittadini; il pianeta viene distrutto dall’aumento del riscaldamento globale e dalla deforestazione amazzonica e non solo, lacerazioni e contrapposizioni si notano perfino all’interno delle chiese.
Sembra che una guerra prepari un’altra guerra e che se ne parli molto per mostrare il volto muscoloso della forza. Sembra ormai che la guerra si sia instaurata nell’ordine delle cose. Tutti dicono di volere la pace, ma con i loro atti e discorsi preparano la guerra che si autoproduce, partendo dall’assioma “la colpa è sempre degli altri!”, dimenticando che per capire la verità occorre comprendere le menzogne che si pronunciano.
Erdogan invade la regione nord – est della Turchia al confine con la Siria, dove i curdi si erano installati, protetti dagli USA, dopo la cruenta guerra combattuta contro le crudeli truppe del sedicente califfato islamico. La regione è ritornata ad essere un vortice di conflitti e di tensioni. Oltre alle già martoriate popolazioni curde, sono state raggiunte anche le forze americane che pur fanno parte della stessa alleanza militare a cui partecipa anche la Turchia. L’invasione turca potrebbe dare nuova linfa all’ISIS i cui prigionieri nei campi curdi potrebbero essere liberati e riprendere i combattimenti. La piccola minoranza cristiana che vive in Siria si sente minacciata e non sa dove andare.
Dov’è finita la coscienza internazionale? Si impongono sanzioni contro la Turchia, ma non tutti i paesi hanno interrotto la fornitura di armi alla Turchia. Nei paesi democratici si alza forte e alta la voce di condanna verso il governo di Ankara, si scende in piazza a gridare contro la Turchia quasi per coprire l’ignavia del vivere quotidiano, mentre si dovrebbe protestare presso la UE e le ambasciate USA, il cui presidente è colpevole di aver dato fuoco alla miccia annunciando il ritiro delle sue truppe dalla Siria.
La guerra tra turchi e curdi ha cause remote nel tempo, che non dipendono solo dal credo religioso, bensì trovano la loro fonte in ragioni etniche, politiche, economiche e oltre. I confini tra le varie etnie religiose non sono segnati da cippi o da sbarre, ma sono nel loro cuore. E anche in questa guerra “il volto dell’uomo – il pensiero è di Igino Giordani – non lo vediamo più e la guerra dimentica l’uomo, il quale viene limitato, torturato e alla fine maciullato sui campi di battaglia”. (1949 – alla Camera dei Deputati).
Mentre la guerra dilania coscienze e dilapida enormi risorse, il pianeta viene saccheggiato dal profitto con il quale uomini senza scrupoli operano. Gli uomini inquinano, degradano e devastano. Ne è un esempio l’incendio che ha colpito vaste zone della foresta amazzonica, il vero polmone verde di tutto il globo terrestre.
Papa Francesco indisse il sinodo per l’Amazzonia nell’ottobre del 1917 al fine di trovare con i vescovi della regione nuovi modi per annunciare Cristo e il suo Regno assumendo le identità della cultura locale. Il suo non era un intendimento sociale o ecologico, non aveva il proposito di attirare l’attenzione del mondo sul rispetto, l’armonizzazione e la consonanza dell’uomo sulla casa comune. Il prendersi cura del creato è solo una conseguenza del sinodo: “Dio ci preservi dall’avidità di nuovi colonialismi” – ha detto Francesco davanti ai padri sinodali. Ma l’Amazzonia è diventata la metafora del mondo. In un mondo connesso, il sinodo invita a renderci più apparentati con esso, che pur sentiamo congeniale. Anche il nostro paese ha la sua piccola Amazzonia: pensiamo alla “terra dei fuochi”, alle discariche abusive, agli incendi dolosi, all’ILVA di Taranto, alla Valle del Sacco…
A causa di questa nuova apertura della Chiesa verso la storia, continuano sotto sotto i mormorii, le accuse, le calunnie di alcuni “cristiani del campanile” contro Papa Francesco che viene accusato di annunciare non la Buona Novella, ma un messaggio terrestre. Lo incolpano che dona a Dio ciò che appartiene a Cesare e invoca una Chiesa che si fa povera per annunciare il Vangelo a tutti, ma soprattutto agli ultimi. Dimenticano costoro che per generare un nuovo mondo fondato sulla verità, la giustizia e la liberta, la carità della Chiesa è il più grande antidoto contro le lacerazioni del nostro tempo. Ha parole chiare Papa Francesco contro la mondanità che corrompe non solo il popolo di Dio:” La slealtà degli uomini di Chiesa deriva dalla mancanza di compassione e dall’abitudine dell’indifferenza”.
Compassione, virtù che ai giorni d’oggi è spesso marginalizzata, ed indifferenza, sentimento che alligna abbondantemente nei cuori di troppa gente, sono la prima da sviluppare e la seconda da biasimare. I governi faranno la loro parte, ma tutti siamo chiamati a chinarci su chi soffre per condividerne il dolore perché senza compassione l’umanità si spegne. Mi sovvengono le parole di una canzone di Eros Ramazzotti: “Non possiamo chiudere gli occhi, dillo forte a certe persone, il risveglio delle coscienze più non tarderà”. E l’indifferenza, che si manifesta oggi nella freddezza gelida e nell’individualismo sfrenato, è più perniciosa dell’odio.
“Si dovrebbe pensare di più a far del bene che a star bene; e così si finirebbe anche a star meglio” dice un aforisma. Tutti siamo colpevoli e tutti siamo innocenti: non si può parlare di guerra, di degrado ambientale e di scandali: solo l’impegno di ciascuno è condizione indispensabile per la pienezza della vita umana, per la vita del pianeta e per la preservazione del senso dell’umano. La pace inizia dal mio cuore, si dilata in famiglia, contagia i vicini fino a raggiungere i confini delle città, delle nazioni e del mondo.
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