L’ultima Tre Valli, gara simbolo del ciclismo varesino, giunta a un anno soltanto dalla centesima edizione (1919 la prima) ha conosciuto un fuori programma davvero inaspettato che ha colto tutti di sorpresa. Alla rotonda della Schiranna il gruppetto, proveniente dalla Valle Luna e all’inseguimento del battistrada iberico Louis Léon Sanchez, anziché svoltare a destra in direzione di Calcinate del Pesce e di Morosolo, ha seguito, nonostante le inequivocabili frecce rosse, la moto cronaca della Rai e si è infilato nelle ombrose strade verso il lago. Come se la motocicletta fosse un’appendice motorizzata del pifferaio magico dei fratelli Grimm. Ne è seguito un lungo attimo di disorientamento topografico degli atleti sufficiente tuttavia a mischiare le carte e a mettere fuori gioco il manipolo guidato da Vincenzo Nibali.
Dunque corsa completamente falsata, ma poi comunque vinta da un grande astro nascente, Primoz Roglic, fresco trionfatore alla Vuelta, un sigillo di qualità il suo su una gara come sempre ben disegnata dal patron della Binda Renzo Oldani. A podio ancora caldo si sono, come è ovvio, scatenate le polemiche con l’obiettivo di mettere in croce l’organizzazione e il suo staff, un assist per chi ad alto livello preferirebbe una Tre Valli ridimensionata nelle ambizioni, nei partecipanti e nel budget. E questo alla vigilia di quella che sembrava un assai probabile promozione nella categoria “Pro Series”, cioè le corse d’èlite, che dal prossimo anno identificherà le gare più importanti dopo quelle World Tour, cioè le cosiddette classiche monumento ovvero la Champion delle due ruote (Sanremo, Roubaix, Fiandre, Lombardia, Liegi ecc…).
Puntuale come una lettera alla Posta (svizzera però) è arrivato il pollice verso: bocciata la classica varesina – se non ancora una retrocessione definitiva, un fin troppo chiaro indirizzo punitivo che pare in via di attenuazione dopo i colloqui di questi giorni della società con L’UCI, l’Unione ciclistica internazionale. D’accordo l’errore c’è stato e Oldani, come un ufficiale di picchetto in caserma, si è assunto tutte le responsabilità, anche quelle non sue, ma così devono fare le persone serie e per bene. Quello che resta incomprensibile e inaccettabile è il processo per direttissima con immediata condanna inflitta alla corsa di casa nostra, come se la storia del ciclismo non fosse piena di errori grandi e piccoli commessi più o meno da tutte le parti in gioco.
Ne citiamo uno clamoroso di ventun’anni fa, come tanti altri documentato dalla diretta televisiva. All’arrivo del Campionato di Zurigo del 1998, prova di antico lignaggio allora valida per la Coppa del mondo, sul mitico cemento del Velodromo di Oerlikon si verificò un episodio incredibile: mentre i fuggitivi stavano disputando la volata entrò, a velocità sostenuta, una moto del seguito che tagliò loro la strada di netto. Una strage sfiorata. Per la cronaca vinse Bartoli davanti al belga Vandenbroucke nel gelo degli sbigottiti tifosi. Si fecero tutte le indagini del caso per stabilire, alla fine di un’accurata istruttoria, che si era trattato di un errore umano di un motociclista. Non ci furono penalizzazioni di sorta e il Campionato di Zurigo, sempre ben organizzato, continuò ad animare la scena ciclistica internazionale fino al 2014 quando per ragioni di bilancio chiuse purtroppo bottega.
Al netto di qualche altro episodio (lo scontro nel 2016 tra disinformati automobilisti residenti all’interno del circuito finale e un vigile urbano in moto) alla Tre Valli la regolarità della corsa e la sicurezza di tutti sono sempre state fuori discussione. Come è fuori discussione la crescita costante dell’evento sotto il profilo tecnico sportivo, economico – nonostante le difficoltà – e di marketing territoriale. Pensiamo semplicemente allo “spot” paesaggistico che Raisport dedica ormai da molti anni al varesotto.
Dopo il secondo mondiale di Varese 2008 (il primo nel lontano 1951) si sono via via schierati alla partenza un numero sempre più cospicuo di squadre e di corridori importanti. L’esclusione dalla Pro Series – come ha fatto notare lo stesso Oldani a Varesenews – è un’assurdità, precisando anche che qualora non ci fossero ripensamenti non sarà più lui a organizzare la prossima edizione. Una iattura da evitare assolutamente se si guarda alla Tre Valli, ma anche alle giovani e gettonatissime Gran Fondo, come a un patrimonio complessivo della città e del suo territorio. Fondata nel 1929 dal commendator Rodolfo Giangrandi e dal mitico e instancabile direttore sportivo Antonio Ambrosetti, “Togn” per gli amici, la Binda continua del resto a svolgere un ruolo decisivo sul piano sportivo ed educativo giovanile. Ma forse per qualcuno tutto questo è poca cosa.
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