È un lieve mattino di ottobre. E dal granaio della mia memoria provo a trascinare fuori i fatti della settimana. È un’impresa smisurata.
Non mancherebbero gli argomenti ecclesiali: l’inizio del nuovo anno pastorale, il trasferimento dei parroci, la celebrazione ad Assisi del patrono d’Italia, il concistoro, il sinodo per l’Amazzonia. Non parliamo poi dei parlottii sulle vicende vaticane alimentate da due articoli apparsi su un nostro quotidiano nazionale: uno mette in guardia sulla perdita dell’identità cattolica del nostro Paese a motivo di una Chiesa ritenuta troppo flaccida nei riguardi degli islamici, l’altro tenta di dimostrare che un Papa lucido, accorto, prudente come Paolo VI sia stato coinvolto in un tranello mossogli da un suo stimato fratello cardinale.
Non parliamo, poi, dei temi politici che tormentano gli italiani: l’ambiguità nella maggioranza, le scelte economiche, l’evasione fiscale, l’eterno problema delle migrazioni.
Vorrei mettere d’accordo Cielo e Terra con il tentativo di adottare, per come mi riesce, le proposte di quel Gesù venuto in Terra per dare una risposta a tutti i fatti che mi arrovellano. Gli avvenimenti dell’esperienza quotidiana mi pongono mille domande, ma ho solo briciole di risposta. Il filo rosso che lega l’Eterno con il temporaneo forse l’ho trovato: la ricerca della verità. La nostra “mission”.
“Lavoriamo nel silenzio” ha detto il presidente Conte nel tradizionale “discorso all’Italia” in occasione delle celebrazioni per il nostro santo patrono. Ecco la prima verità negata. Subito dopo aver tenuto il panegirico su San Francesco, il presidente ha rotto il silenzio promesso e ha snocciolato un lungo elenco dei provvedimenti che il suo governo intende portare a termine. La facoltà di promettere è – come dice Hannah Arendt – “la memoria della volontà”: anziché promettere è meglio affrontare l’incognito perché la volontà di realizzare ha delle misure e la gente preferisce vedere attuati i diritti, constatare i fatti piuttosto che sentirli enumerare. Ogni promessa è un dovere verso se stessi e un diritto verso i destinatari della promessa.
Dovrebbero capirlo anche tanti ministri e tanti politici. Alcuni esempi: il ministro dell’Istruzione, prima ancora di sentire il parere del suo collega dell’economia, scaraventa l’idea di un balzello sulle merendine e sulle bibite gassate non solo per trovare tre miliardi per la scuola, ma soprattutto per contribuire alla battaglia (giusta!) per prevenire l’obesità negli adolescenti. Si apre una cateratta di inutili polemiche. Non avrebbe potuto stare zitto? Se questo non bastasse, in un botto si esprime contro la presenza del crocifisso nelle aule scolastiche. Rinascono le eterne, astruse discussioni che si dilatano fino a colpire il mite neo – cardinale di Bologna, reo di aver espresso l’opinione che i tortellini potrebbero essere ripieni di carne di pollo, anziché di maiale. Apriti cielo: “È un attacco alla cultura italiana” dichiara il capo dei cuochi sovranisti.
E che dire del Ministro degli Esteri che, nella sua veste di “capo” dei grillini, enuncia, senza consultare gli alleati, una serie di provvedimenti sull’IVA, sui ticket sanitari, sul voto ai sedicenni, sui dazi, sul taglio dei parlamentari, sulla lotta all’evasione fiscale, sui migranti, sulle ONG, da lui un tempo definite “taxi del mare”?
Queste dichiarazioni presentano come veri fatti ancora non avvenuti, ma creano conflitti ed antagonismi e soprattutto indicano che il nostro Paese è senza identità politica.
E che dire di quel capo di un nuovo movimento che accusa pubblicamente il suo partito di voler aumentare le tasse (“Io non ce l’ho con il partito, ma con chi aumenta le tasse!”)? È così affezionato al suo partito, che accusa di essere troppo traboccante di correnti, che lui se ne crea un’altra. Accusa il governo di non aver programmato una revisione della spesa, ma dimentica che fu lui stesso che licenziò Cottarelli, incaricato di questa funzione. Entra in polemica con un suo predecessore e vecchio compagno di partito accusandolo dalle colonne di un quotidiano di aver aumentato le imposte. Gli risponde l’accusato che gli fa vedere – grafici alla mano! – che è vero che aveva aumentato le tasse solo (si fa per dire!) del 17%, ma che il deficit era aumentato contemporaneamente dell’83%, scaricandolo sul futuro delle nuove generazioni. Dopo due giorni l’insaziabile logorroico ritorna alla carica e annuncia di voler spostare le risorse del cuneo fiscale sugli aiuti alle famiglie, suscitando le ire del capo del partito alleato. Proposta che potrebbe essere ben accettata, ma che avrebbe dovuto essere presentata alla direzione del suo partito. Cerca di incalzare il presidente Conte chiedendogli quello che non può essere rivelato, e cioè il contenuto degli incontri tra il capo del Dis e l’emissario di Trump. Ma intanto il nostro eroe è stato per una settimana alla ribalta.
E non è che all’opposizione le cose vadano meglio. La leader di “Fratelli d’Italia” dichiara, durante una trasmissione televisiva, di essere “europeista, fortemente europeista”, mentre il capitone rinuncia alla verità dichiarando che i dazi imposti da Trump fanno bene all’ economia americana, capovolgendo i fatti e manipolando l’opinione pubblica.
Oggi per ritrovare la verità, il cittadino deve lottare contro un linguaggio menzognero, estrapolare dai termini dei riempibocca solo ciò che vale, distinguere i fatti dai proclami, ricercare con intelligenza il vero, prima di esprimere un giudizio. E i politici devono imparare a tacere piuttosto che a uccidere la fiducia dei cittadini, a far silenzio su parole che possono indebolire il rapporto tra alleati e tra le istituzioni, a sottrarre le parole alla menzogna e indirizzarle invece verso la verità.
In particolare, i cristiani, che vivono nel mondo, ma non sono del mondo, devono acquisire il dono di discernere tra coloro che parlano, magari con arroganza, per la ricerca del potere e della propria gloria, da coloro che operano in silenzio per il bene di tutti e trasformano il silenzio in discorso.
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