Si concluderà tra poche settimane l’estate di fuoco per l’aeroporto della Malpensa, un’estate contrassegnata dal trasferimento provvisorio di tutti i voli in arrivo e partenza da Linate per permettere una completa ristrutturazione dello scalo cittadino milanese. Salvo piccoli problemi e qualche contrattempo le strutture dell’aeroporto della Brughiera hanno risposto molto bene all’impatto con l’aumento dei transiti dimostrando di avere ancora grandi potenzialità di crescita una volta ritornato alla normalità.
Ma sul futuro del traffico aereo non mancano nuvole all’orizzonte. Ma anche nuove opportunità che la politica dovrebbe sfruttare al meglio. Sì, la politica. Perché pur essendo sostanzialmente liberalizzato il traffico aereo dipende dalle regole, dalle concessioni, dagli interventi dei singoli paesi. Soprattutto in Italia dove la ex-compagnia di bandiera, l’Alitalia, è tornata sotto il controllo pubblico e dove agevolazioni e incentivi condizionano le scelte di tutte le compagnie aeree.
Si può ricordare come cent’anni fa, esattamente il 13 ottobre del 1919, venne stipulata la Convenzione di Parigi nella quale veniva deliberata la piena ed esclusiva sovranità di ogni Stato sullo spazio aereo sovrastante il proprio territorio. L’aviazione civile non era praticamente ancora nata tanto che nel 1944 venne approvata la Convenzione di Chicago dove si faceva un piccolo passo avanti prevedendo diritti di volo con accordi bilaterali di reciprocità tra singole coppie di paesi. Solo negli anni ’80 del secolo scorso si è arrivati ad una progressiva liberalizzazione, prima negli Stati Uniti di Ronald Reagan, poi nel Vecchio continente con le decisioni dell’Unione europea che hanno aperto la strada anche alla nascita delle compagnie a basso prezzo, le cosiddette low cost.
In questi anni Duemila a livello mondiale, se si escludono due brevi periodi dopo l’attentato alle Torri gemelle e dopo la crisi finanziaria dell’ottobre 2008, il trasporto aereo ha fatto segnare una crescita costante vicina al 5% all’anno. Una crescita che tuttavia è stata e continuerà ad essere particolarmente forte soprattutto nell’area asiatica: lo dimostra il fatto che il più grande aeroporto del mondo è stato inaugurato nei giorni scorsi proprio a Pechino.
A livello europeo le previsioni accreditano una crescita limitata, ma con la presenza di numerosi fattori negativi: la stagnazione economica in un grande mercato come quello germanico, le difficoltà finanziarie di alcune compagnie aeree, gli effetti della Brexit, le incertezze sul fronte dei prezzi del petrolio, prezzi che difficilmente resteranno sulle basse quotazioni degli ultimi anni.
Gli ultimi giorni hanno poi portato alla ribalta la protesta dei giovani per chiedere politiche ambientali in grado di combattere il riscaldamento globale: ebbene gli aerei sono tra i maggiori imputati nell’aumentare l’effetto serra. C’è poi la crescita delle nuove tecnologie di comunicazione che rendono ormai possibili riunioni di lavoro con partecipanti che stanno anche a migliaia di chilometri di distanza. Incontri che non hanno ormai differenze pratiche rispetto ai meeting tradizionali.
La crescita del mercato asiatico trainerà sicuramente anche quello europeo anche se l’Italia ha ancora molto meno voli verso la Cina degli altri grandi paesi.
Per Malpensa potranno avere un effetto positivi i miglioramenti dei collegamenti sul territorio soprattutto se si realizzerà la nuova bretella tra la linea del Sempione e l’aeroporto, bretella che ridurrà positivamente i tempi dei treni da e per la Svizzera. Tra l’altro proprio nei giorni scorsi Swiss ha deciso di sospendere i voli tra Lugano-Agno e Zurigo. E questo sposterà sicuramente una parte degli utenti verso la Malpensa anche vi è da credere che la maggior parte utilizzerà la nuova linea veloce con le gallerie di base del Gottardo, già operativa, e del Monteceneri che sarà inaugurata tra meno di un anno.
Qualche ombra e qualche opportunità quindi. Resta il fatto che nel futuro del trasporto aereo si concentrino molti fattori di cambiamento, in parte difficili da prevedere, ma che è necessario, soprattutto da parte delle autorità pubbliche, più governare che contrastare.
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