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Storia

ANTICHE ERESIE

LIVIO GHIRINGHELLI - 27/09/2019

eresiaA prescindere dalle eresie dei primi tempi del Cristianesimo, tese a creare sconcerto e divisioni nella Chiesa antica per contaminazione con credenze e filosofie dei popoli pagani, il secondo millennio d.C. si inaugura con principi e dottrine tese a minare l’insegnamento ufficiale della Chiesa, riscontrato non conforme alle Sacre Scritture o più semplicemente a riformare i costumi del clero.

Con la riforma gregoriana, dal nome del Papa Gregorio VII (Ildebrando di Soana – 1073-1085) si combatte in conseguenza su due fronti: contro l’Imperatore, per la libertà della Chiesa e nel contempo contro la simonia e il concubinato per la purificazione della gerarchia ecclesiastica. In concomitanza il moto ereticale del donatismo, per cui i sacramenti amministrati da pastori indegni non sono da ritenere validi (la chiara dorine dell’opus operatum rispetto all’opus operantis è posteriore).

Nella seconda metà del secolo XI (1056-1076) a Milano si sviluppa a sostegno della necessità di una riforma la pataria, dal carattere tipicamente popolare, in appoggio al Papa riformatore. Il moto, che è qualificato anche come boicottaggio liturgico, vede contrapposte l’una contro l’altra due gerarchie, l’una improntata alla purificazione dei costumi con Anselmo da Baggio, futuro Papa Alessandro II, l’altra accusata di mondanità e di corruzione. Non vi si arriva ancora a negare chiaramente il valore dei sacramenti o dell’ordine sacro, pur se vi appaiono i semi di eresie popolari posteriori.

L’attenzione va in primo luogo rivolta alle eresie negativiste o dottrinali. A esse appartengono gli eretici di Orléans (1022), che si spingono fino alla negazione della Santissima Trinità, della Redenzione, dei sacramenti e della dottrina sul merito. Gli eretici di Monteforte in Piemonte (1028) sembrano poggiare su postulati dualistici per una astensione dai cibi carnei e dal matrimonio.

Tra le eresie antigerarchiche, nell’affermazione del pauperismo evangelico, vanno segnalate quelle dei petrobrussiani, dal nome del fondatore, ostili al battesimo dei bambini e al suffragio per i defunti, feroci iconoclasti e degli enriciani, dal nome di un amico di Pietro di Bruys, il monaco Enrico, nemici della gerarchia e d’ogni manifestazione esterna di culto, compresi i sacramenti, condannati nel Concilio di Pisa (1134).

Queste due correnti creano un terreno propizio alla propaganda dualistica dei catari in Francia. Sono impegnati a combattere questi atteggiamenti radicali e divisivi uomini della statura di un Pietro il Venerabile o di un Bernardo di Chiaravalle sul fronte dell’ortodossia.

Il secondo, in una lettera al Conte di Tolosa, lamenta che le basiliche sono senza plebi, le plebi senza sacerdoti, i sacerdoti senza la dovuta riverenza e i cristiani senza Cristo.

Fondo comune è il desiderio di riformare la Chiesa dal di dentro. Campeggia la rivendicazione del solo ricorso alla Bibbia come norma suprema di fede; è evidente che già da questo momento si fa appello al libero esame.

L’evangelismo patarinico si orienta variamente verso la svalutazione dei sacramenti, degli edifici di culto, nel rifiuto dell’intercessione dei santi e della dottrina conseguente del Purgatorio. La predicazione si fa itinerante in termini di ecclesiologia, la cura d’anime poggia unicamente sulla lettura del Vangelo, sulla recitazione del Padrenostro e sulla confessione reciproca dei peccati. In rilievo sempre l’istanza pauperistica, onde la pratica, non però diffusa, della comunanza dei beni, la condanna del lusso del clero, il rifiuto di pagare le decime.

Singolare è la figura di Arnaldo da Brescia, allievo di Abelardo, agitatore religioso e politico, più che eretico, ribelle alla gerarchia nel suo evangelismo pauperistico; venne nel 1154 condannato a morte a Roma. Contrario alla gerarchia è anche Ugo Speroni (sec.XII), eretico e civilista piacentino: dichiara l’ordine sacerdotale intero completamente corrotto e nocivo alla santificazione dei credenti. Sostiene un immutabile decreto divino di predestinazione.

In prosieguo di tempo si sviluppano i due movimenti dei catari e dei valdesi. Il primo moto è vivo soprattutto in Francia. Si tratta di una corrente dualistica propria dei manichei, dei pauliciani e dei bogomili. Vi domina la convinzione del dualismo dei due principi eterni del bene e del male; sono negate la libera volontà, la legittimità dei giuramenti, la resurrezione della carne; non si accettano i sacramenti, in quanto implicano un elemento materiale.

La perfezione consisterebbe nella liberazione dell’anima dal carcere del corpo. È operata una distinzione tra perfetti e semplici fedeli. Dei francesi al seguito della seconda Crociata, a contatto dei bogomili di origine bulgara, si convertono a Costantinopoli alle loro idee. Tornati in Francia, vi creano delle Chiese, soprattutto in Linguadoca; da Albi prendono il nome di Albigesi, ma si registra la loro presenza pure a Carcassona, Tolosa,Agen.

Il catarismo si diffonde anche in Italia, Renania, Fiandre e persino in Inghilterra. La dottrina catara è solennemente condannata nel Concilio Lateranense III (1179) e nel Concilio Lateranense IV (1215). Una crociata indetta anche per la paura del sovvertimento di tutta la società medioevale (della Chiesa come dello Stato) decreta lo sterminio,seguito dai processi dell’Inquisizione.

Valdesio di Lione, semplice laico, mercante, rinuncia verso il 1173 alle ricchezze terrene per seguire il consiglio di Gesù al giovane ricco (Matteo 19,21). A norma del diritto canonico non può esercitare alcun ministero, tanto meno predicare.

La crisi comincia quando Valdo vuol passare dalla riforma individuale a quella sociale. L’inchiesta condotta dall’arcivescovo di Lione Guiscardo sulle cognizioni teologiche sue e dei seguaci indispensabili alla predicazione riesce loro sfavorevole, onde l’appello al giudizio della Santa Sede, espresso in termini negativi nel Concilio Lateranense III (1179), nonostante il simbolico abbraccio del mite Alessandro III e l’invito al condizionamento dell’approvazione del vescovo locale.

Valdo sottopone all’approvazione del Papa una traduzione in volgare di parti della Bibbia e di opere dei Padri, ma gli è negato il permesso di predicare.

Dopo una solenne professione di fede cattolica dinanzi al Cardinal legato Enrico di Marcy nulla di certo risulta su base documentaria di una sua morte fuori del Cattolicesimo (alcuni elementi però attestano una sua formale ribellione verso il 1188).

I valdesi dopo una serie di bandi e di condanne si disperdono nell’Europa occidentale e centrale lungo le direttrici della Saona, delle Alpi e del Rodano. La condanna di Verona del 1184, dopo la cacciata da Lione verso il 1181-1182 li vede definitivamente anatemizzati.

Tra le eresie apocalittiche da mettere in rilievo la dottrina di Gioacchino da Fiore, abate calabrese (1130-1202), sostituisce il cristocentrismo e la concezione agostiniana della Civitas Dei con una concezione tripartita della storia umana, centro di convergenza la Trinità, le cui tre Persone, proprietate mysterii, rispondono a tre epoche distinte: l’era del Padre è quella dei laici, quella del Figlio dei chierici e dei laici.

Gioacchino profetizza l’avvento del Vangelo eterno, quello dello Spirito Santo, verso il 1260, con la massima spiritualizzazione dei due Testamenti. Nonostante l’abuso del senso allegorico-mistico e anagogico delle sue speculazioni Gioacchino non è però stricto sensu da considerare un eretico.

Altra stonatura del rigorismo pauperistico escatologico è quella della setta degli Apostolici di Gerardo Segarelli e Fra Dolcino (morto nel 1307) in aspettativa di una quarta era, in contrapposizione a quella terza degli spirituali.

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