Si è – più o meno – considerata eccellente la presenza di circa 2500 persone per il Gran Premio Città di Varese delle Bettole. Prendiamo pure la cosa con benevolenza considerandola come un alito di respiro.
Resta, comunque, ben lontano il miraggio della folla di 8/9000 presenze con così tante difficoltà di movimento dei tempi più andati che rispettavano l’ippica non soltanto varesina, ma di tutta Italia.
Pigliamola come una ripresa, ma con cautela. Ferma, dunque, la considerazione positiva – da non prendere come eccellente – e lasciamo la porta aperta a qualche critica.
Quando gli allenatori (quanto ai primi due classificati) sono gli unici a essere proprietari dei cavalli in gara significa che le cose non vanno certamente bene. I Botti, allenatori di buona categoria, sono frequentemente chiamati ad assolvere il doppio compito di allenatori e proprietari, così come è stato nel Gran Premio, portando ai primi due posti dell’ordine di arrivo cavalli da loro allenati e di loro proprietà. Il che significa, invece, che ai tempi erano “puri” proprietari quelli, cioè, che affidavano la cura dei loro cavalli ad allenatori specificamente presenti in campo ippico per tale compito.
Insomma, nell’ippica si è verificato quanto è privo di senso, ovvero una trasmissione di cariche con la frequente sparizione dei proprietari che vengono ad identificarsi con gli allenatori. Tutto questo a differenza dell’epoca precedente quando i proprietari riscuotevano i premi pagando la pensione agli allenatori. Il tutto si è modificato – come si diceva – per la mancanza della corresponsione dei premi ai proprietari, stanchi di vedere enormi ritardi nei pagamenti da parte dell’organo federale. Tardi o assenti sulle quali peraltro parlavano, invece, le contribuzioni da parte dei proprietari a favore degli allenatori in merito alla pensione per le cure dei cavalli.
Insomma, è fuori da qualsiasi logica un’ippica con ridottissimi proprietari dei cavalli. E il ridursi degli allenatori a far da proprietari è soltanto un penoso rimedio perché gli allenatori, appunto, possano continuare a svolgere il proprio lavoro sia pure in maniera limitata: gli allenatori dovrebbero svolgere esclusivamente un lavoro di preparazione; il contrario equivarrebbe alla fine degli allenatori rispetto alle relative competenze e alla cessazione della loro attività. Un lavoro, quindi, finito.
Per questo non si può condividere la lode sulla serata alle Bettole del “Gran Premio Città di Varese”.
Bene, prenderemo atto di un aumento di spettatori, ma tenendo presente l’enorme distanza attuale (2500 circa) a confronto degli 8/9000 del passato e non certo fortunata la presenza dei primi due soggetti al palo una volta accertata l’esclusiva presenza del nome Botti come allenatori e insieme proprietari.
La vera gloria del team Botti è passata per varie mani, ma era quando i Botti potevano svolgere la loro attività di custodi dei purosangue.
I Botti sicuramente potranno riscuotere il frutto del loro stupendo lavoro tramandato da ragazzi, di famiglia in famiglia. A questo rapporto non si può, però, attribuire il segno di una ripresa dell’ippica.
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