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Pensare il Futuro

BOMBE PER L’ARABIA

MARIO AGOSTINELLI - 20/09/2019

rwmTroppo spesso le sempre più necessarie operazioni di riconversione ecologica o contro le pratiche di guerra offensive vengono abbandonate ai rapporti squilibrati tra dipendenti che perdono il lavoro e proprietà, che hanno impostato i loro profitti a spese dell’ambiente e della vendita delle armi.

 Non basta il sindacato da solo: occorre una forma di solidarietà e un concorso di progettualità che faccia perno su esperti, ingegneri, uomini di scienza, economisti, governi ed istituzioni responsabili, che si saldino con una cittadinanza responsabile e attiva.

Al riguardo è emblematica la situazione della RWM, una fabbrica di bombe situata a Domusnovas nel Sulcis, dopo il clamore e la preoccupazione per gli annunciati 160 esuberi a seguito della riduzione di commesse “conseguente alle decisioni ministeriali sul traffico d’armi verso l’Arabia Saudita”.

 Il governo, sollecitato dall’indignazione dell’opinione pubblica e dall’ostilità dei portuali genovesi a caricare bombe sulle navi arabe alla fonda, non ha finora prospettato alcuna ipotesi di reimpiego dei dipendenti, né si è impegnato per nuove produzioni. Si è solo limitato a prendere atto dell’incertezza per quel che sarà della fabbrica al termine dei 18 mesi di sospensione dell’export bellico verso Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti. Così, come dice il vescovo Zedda che si è fatto parte attiva nella vicenda, non vince nessuno. Anzi, sono perdenti, unicamente e malamente, le maestranze in odore di licenziamento, senza neppure il conforto, per molti, degli ammortizzatori sociali.

Sono proprio i dipendenti dello stabilimento del Sulcis a lanciare il loro grido di dolore: “La decisione del Governo comporterà il licenziamento di 200 lavoratori i quali non avranno alcuna altra collocazione lavorativa”, scrivono in una lettera. Ai 36 mancati rinnovi contrattuali di fine luglio infatti, entro il 15 novembre si aggiungeranno altri 160 esuberi, come annunciato dal direttore generale della RWM Fabio Sgarzi.

All’indice la decisione del Governo: “Per colmare la mancata produzione occorreva un progetto che guardasse alle esigenze della Difesa della Stato Italiano e degli alleati europei, oltre a prevedere il sostegno al reddito per i lavoratori a rischio di esubero. Tutto ciò non si è verificato e ci ritroviamo a contare gli ennesimi licenziamenti”.

Sembrano però già affilate le armi in vista del tavolo del 18 settembre programmato in assessorato all’Industria. Su mandato dei lavoratori i rappresentanti sindacali diranno “no” a qualsiasi ipotesi di riconversione senza concrete prospettive: “Nel Sulcis e dappertutto ogni tentativo su industria e miniere è miserabilmente fallito”.

I sindacati chiederanno “soluzioni per il sostegno al reddito dei lavoratori oggetto del licenziamento”. Verrà anche proposta “una richiesta di incontro al Governo da parte di Giunta regionale e sindacati affinché si compensi la perdita delle commesse con gli stati arabi con nuove produzioni destinate alla Difesa Italiana ed europea”. Ma, con ogni probabilità, non sarà una carta vincente: nemmeno il futuro del pianeta lavoro, oltre a quello squassato dalla crisi climatica, potranno contare razionalmente sulla produzione di armi offensive e su industrie che minacciano l’equilibrio climatico.

Occorre che tutti – governanti cittadini lavoratori – capiscano che stiamo entrando in una nuova era in cui dipende dalle nostre decisioni se deve continuare la storia e sopravvivere l’umanità.

 

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