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Società

LA CHIESA IN AMAZZONIA

LIVIO GHIRINGHELLI - 20/09/2019

repamNel prossimo ottobre si celebrerà un Sinodo dei vescovi sul tema: “Amazzonia: nuovi cammini per la Chiesa e per un’ecologia integrale”. Saranno oggetti d’esame nell’occasione il valore della biodiversità, i diritti dei popoli indigeni, la tutela delle popolazioni, gli effetti indotti dai meccanismi economici globali, il ruolo degli attori internazionali e particolarmente quello della Chiesa nella soluzione urgente dei problemi.

L’Amazzonia è un paradiso ecologico con un enorme deposito di risorse da sfruttare già dai tempi della colonizzazione e spesso a scapito degli interessi delle popolazioni locali; ma la regione risulta di fatto ancora marginale nello scenario geopolitico.

Il 15 febbraio 2017 Papa Francesco, rivolto ai rappresentanti dei popoli indigeni riuniti alla FAO, indicava in loro i testimoni privilegiati del rapporto con quella terra. Nell’Enciclica Laudato si’ c’era il riferimento esplicito ai “polmoni del pianeta colmi di biodiversità, che sono l’Amazzonia e il bacino fluviale del Congo, data l’importanza per il futuro dell’umanità.

Nel 2014 è stata istituita la Repam (Rete ecclesiale pan-amazzonica) per l’organizzazione della pastorale itinerante e la promozione di progetti locali di sviluppo sostenibile. Già all’approdo degli europei la “foresta vergine” costituiva in realtà un ambiente antropizzato. Vi si trovavano tecniche indigene di gestione del suolo per incrementarne la fertilità, terrazze con sistemi di drenaggio per le coltivazioni in quota, si introducevano colture in nuovi territori, buona era la conoscenza dei sistemi idrografici; gli indigeni padroneggiavano la navigazione fluviale, erano in uso pratiche mediche che si avvalevano dei principi attivi delle piante.

Attualmente l’incremento demografico è destinato a generare conflitti. È di notevole rilievo l’impatto dell’Amazzonia sull’eco-sistema globale; la gestione avveduta potrebbe tra l’altro esercitare una funzione paradigmatica.

L’Amazzonia è un grande “pozzo di carbonio” nell’assorbire l’anidride carbonica dall’atmosfera. Garantisce il 20% della produzione planetaria di acqua dolce e ricchezza di biodiversità.

Purtroppo le riserve idriche sono oggi minacciate da disboscamento, inquinamento dei fiumi, progetti di grandi infrastrutture. La preoccupante deforestazione è connessa col mercato illegale del legname, con allevamento, monoculture destinate alla produzione di mangimi.

 Intenso è lo sfruttamento minerario del mercurio; le estrazioni di idrocarburi e lo sversamento di acque nere dai centri urbani inquinano i fiumi. Le dighe delle centrali idroelettriche alterano l’affluenza delle acque che fertilizzano il basso corso dei fiumi.

In Perù ci si oppone alla realizzazione dell’idrovia amazzonica finalizzata alla navigabilità dei principali fiumi del Paese. In sintesi l’Amazzonia costituisce una sorta di laboratorio della sostenibilità mondiale.

Bisogna anche concentrare l’attenzione sui problemi sociali e demografici in atto nelle città amazzoniche, sul rapporto tra centri e periferie, sulla condizione degli indigeni e preoccupa inoltre la questione relativa agli immigrati nei centri e agli sfollati interni.

Tre risultano i principali agglomerati urbani: Belém do Para e Manaus in Brasile con oltre un milione di abitanti ciascuna; Iquitos in Perù con circa mezzo milione.

L’urbanizzazione al momento rivela un processo non controllato e intensi spostamenti di popolazione. Molti agricoltori indigeni sono espulsi dalle loro terre; movimenti transfrontalieri si verificano da Taiti e Venezuela, onde conflitti economici ed etnici. Gli immigrati venezuelani risultano per il 90% cattolici, ma purtroppo non sono inseriti in una comunità ecclesiale. Il paradosso che si presenta è questo: le città invadono i boschi, i centri abitati minori si stanno spopolando. Alcune fasce di popolazione rimangono escluse dalla programmazione politica. Chi vive l’ambiente come propria casa ancestrale in equilibrio coi processi eco-sistemici in Amazzonia si trova a mal partito.

Straordinaria è la diversità non solo biologica, ma anche etnica e sociale. Di fronte allo sfruttamento intensivo del territorio, alle ingenti attività estrattive, allo sviluppo dell’industria agro-alimentare varie sono le forme di resistenza. Di qui la necessità di alternative al presente modello di sfruttamento. Vanno promossi il rafforzamento dal basso del tessuto comunitario e una migliore partecipazione dei cittadini.

Qui è il caso di parlare di un banco probante di prova per la Chiesa in uscita di Francesco. Nel discorso ai vescovi del Brasile, tenuto il 27 luglio 2013, il Papa parlava di fragilità delle reti ecclesiali nel Paese, di precarietà strutturale delle équipe pastorali, isolamento, difficoltà di comunicazione, scarsità di mezzi finanziari, della necessità di separare la frammentazione e in primis d’una richiesta di perdono per quanto operato dal sistema coloniale.

Impegno della Repam è quello di rafforzare l’azione della Chiesa realizzando opzioni apostoliche coordinate integrate e su più livelli. L’unità ecclesiale va congiunta con la pluralità delle istanze locali.

La crisi ecologica mette a repentaglio il futuro di tutta l’umanità, mentre le conseguenze peggiori ricadono sui più poveri. Fini da perseguire si presentano allora la metanoia (trasformazione profonda e radicale dell’animo umano), la conversione ecologica, il trovare il senso della vita nella relazione cogli altri. E si impone soprattutto la parresia, il coraggio di prendere la parola per mettere in discussione l’esistente.

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