Don Ernesto Mandelli, storico cappellano del Molina, ha scritto questa lettera al cda e al direttore generale della Casa di riposo varesina. Intende renderla pubblica attraverso RMFonline
Essendo ormai completato il quadro dirigenti del Molina con la nomina del Direttore generale, desidero in spirito di collaborazione presentare i miei auguri di buon lavoro e formulare alcune riflessioni.
Il Molina è sorto per una presa di coscienza precisa: togliere dalla strada “vecchi poveri e bisognosi di cure” per offrire loro una Casa. Siamo alla fine del 1800.
Questa ispirazione iniziale, pur con modalità diverse, non può che essere lo stile con il quale anche oggi si regge e si qualifica la vita del Molina, in altre parole lo spirito di servizio. È importante l’organizzazione, ma guai se a prevalere è l’organizzazione. È importante la divisione dei compiti, ma guai se a prevalere è la divisione. Se questa è una Casa, tutti si prendono cura, nelle diverse competenze, delle persone accolte, per realizzare un’opera armoniosa e umanizzante. La logica contraria è quella aziendale, a impostazione piramidale, nella quale ognuno esegue il suo lavoro, prende il suo stipendio e se ne va. Questa logica non costruisce la Casa, ma solo un ostello, privo di umanità. A chiedere una Casa sono proprio” i vecchi poveri” che hanno dato la ispirazione iniziale, ma anche gli Ospiti di oggi, che, lasciando le loro case, sperano di trovarne un’altra accogliente. Dobbiamo difenderci e andare oltre la cultura egoistica dilagante e devastante del nostro tempo, che nella vita sociale tende a creare sacche di benessere chiuse e sacche di malessere abbandonate.
Gestire e operare anche oggi al Molina significa per tutti assumere il compito di umanizzare il nostro lavoro, la nostra presenza accanto agli Ospiti, superando il muro di indifferenza nostro e di solitudine loro, rendendo più bella per tutti la vita al Molina. Questa Casa di riposo è cresciuta nel tempo ed è diventata una struttura di prestigio, capace di grande ospitalità. La amministrazione è solida, esistono capitali notevoli di riserva grazie a donazioni generose nei decenni passati ad opera di molte famiglie varesine, alle quali sono state intitolate le quattro Case: Caravatti – Buzio Maccecchini-Molina-Perelli Paradisi Carcano.
Ma come avviene in tante vicende di questo mondo, le realtà floride sono ambite da gruppi alla ricerca di potere e di interesse di parte, con il rischio che vengano turbate la bellezza e l’armonia del vivere insieme. A richiamare incisivamente il messaggio ispiratore sta la lapide marmorea all’ingresso della Casa Molina: “Per una cristiana assistenza agli anziani ammalati Donna Luisetta Molina Tola D’oria volle a perenne ricordo dell’amato consorte dott. Luigi Molina”.
Fatte queste premesse desidero sottolineare alcuni problemi, che in questi anni si sono evidenziati.
Anzitutto occorre vigilare perché non si verifichino situazioni di scollamento da parte di Dirigenti nei confronti degli Ospiti e del Personale di assistenza. Lo schema del Dirigente che sta in alto corrisponde alla logica dell’azienda, che ha l’obiettivo di produrre oggetti e beni materiali, non pertinente quindi quando si tratta di “prendersi cura delle persone”. L’incontro e la conoscenza degli Ospiti diventa scelta di umanizzazione e dà il vero carattere alla Casa di riposo, creando le premesse per una vita dignitosa e serena degli Ospiti.
Inoltre gli stessi Ospiti, che sono le persone più importanti al Molina, non hanno alcuna rappresentanza nella loro Casa. Occorre creare una qualche forma che superi questa carenza; ad esempio un Comitato degli Ospiti e dei Parenti, con i quali la Direzione possa tenere contati costanti.
L’obiettivo di offrire e conservare livelli di assistenza e di qualità della vita degli Ospiti rischia di essere compromesso, perché il lavoro del Personale di assistenza è sempre più impegnativo e logorante. Gli Ospiti in condizioni precarie e non autosufficienti sono aumentati notevolmente. Il Personale fatica a trovare tempi utili per “stare con gli Ospiti”, come invece era possibile in anni passati a detta del Personale più anziano, esperienza preziosa per creare un clima umano e fraterno. Va sottolineato anche un certo disagio degli Ospiti autosufficienti a vedere limitata la possibilità di relazioni utili con altri Ospiti.
Inoltre vorrei porre alla vostra attenzione alcuni interrogativi che da tempo mi interpellano. La nascita del Molina è stata originata da un forte e lungo movimento di solidarietà; per i “vecchi e poveri” si è mobiliata la Chiesa locale e la Società civile. La storia registra molta sensibilità e cospicue donazioni.
Mi chiedo: gli stipendi dei Dirigenti devono seguire la logica delle carriere aziendali, oppure la fedeltà alle origini e quindi la diversa natura del Molina potrebbe orientare a porre un limite, perché il servizio nella Casa degli Ospiti ha un valore più alto del denaro? Così pure mi chiedo: i premi di produzione non potrebbero essere suddivisi, sempre nel rispetto dello stesso orientamento, premiando maggiormente il lavoro del Personale di assistenza in primis degli Ausiliari?
Infine: non sarebbe scelta di cristallina trasparenza rendere pubblici gli stipendi di tutti i Dipendenti, dal momento che le rette degli Ospiti sono di dominio pubblico ? Sarebbe un messaggio di alta umanità, capace di dare al Molina quella credibilità che è stata oscurata dopo il turbinio di denaro di questi ultimi anni.
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