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Divagando

LE SVOLTE, I TRADIMENTI

AMBROGIO VAGHI - 20/09/2019

zingaretti-renziCi eravamo lasciati aspettandoci il solito governo balneare, cioè quello del tirare a campare che il governo giallo verde interpretava benissimo. A rovinare il Ferragosto è stata la fretta del leghista Matteo Salvini che ha procurato la crisi nel modo e nel momento sbagliato. Grave errore già capitato ad un altro Matteo, il Renzi del PD. Entrambi hanno pensato di mettere a frutto anche in Italia l’enorme successo ottenuto nelle elezioni per il Parlamento Europeo. Due consultazioni elettorali aventi tempo, luogo e spazio diversi. Renzi ha pagato con la sonora sconfitta al referendum istituzionale da lui promosso, mentre il Matteo leghista era talmente certo di avere sbarazzato il campo avversario da esibirsi solo in teatri balneari come sicuro uomo di potere. Si è fatto del male da solo, ha disvelato tutti i limiti della sua preparazione culturale e politica come analfabeta della Costituzione (Ainis). La pretesa di andare ad elezioni subito senza i necessari passaggi parlamentari della crisi, la mozione di sfiducia al proprio governo senza le preventive dimissioni dei suoi ministri e sottosegretari, fino al comico ritiro della sfiducia prima richiesta sono stati gli atti finali della commedia.

Ora quanto di meno previsto si è verificato. Un accordo Movimento 5 Stelle col PD per un governo di legislatura. Una svolta clamorosa tra due forze legittimate dal voto del marzo 2018 prima e seconda classificata, che Pierluigi Bersani aveva invano tentato di accordare. Troppo lontani valori, obiettivi, modi di intendere la politica. Realismo o tradimento ? Domanda vecchia come il mondo. Potremmo ricercare esempi lontani anche nella Bibbia. Eventi giudicati contro natura, negativi che invece successivamente producono effetti opposti ?

In ogni occasione c’è chi ha compreso o si è adeguato. Quasi sempre ci sono stati insoddisfatti che hanno criticato o lasciato la barca. Nelle svolte più o meno clamorose, si è sempre cercato il distinguo tra interesse legittimo tra le parti contraenti (nessuno farebbe patti contro di sé) e scambi di vile danaro. Eclatanti sono i famosi 30 denari per tradire Gesù all’ultima cena. Ma venendo più vicino a noi l’elenco delle svolte considerate tradimento si potrebbe infoltire. Qualche esempio di tempi più recenti. Nel Risorgimento vediamo Giuseppe Mazzini, repubblicano, che contesta alla monarchia dei Savoia guerre e missione per l’Unità d’Italia.

Gli incarichi affidati a Garibaldi ed il suo sdegnato ritiro a Caprera, gli intrallazzi alla corte parigina della contessa di Castiglione nipote dello stesso Cavuor.

Vediamo anche connubi positivi tra Cavour e Rattazzi, personaggi provenienti da una stessa cultura liberare non antagonista.

La stessa entrata nella grande guerra del 1915/18 è frutto anche di un voltafaccia dell’allora governo Italiano passato da una posizione neutrale all’ interventismo contro l’Impero austroungarico. E via con contrasti storici, seguiti da non previsti effetti positivi. Oppure errori di grande fatta.

Il pusillanime Re Vittorio Emanuele III che consegna il governo alle squadracce di Mussolini e le diversità di giudizio sul fascismo da parte dello stesso mondo cattolico. Immaginiamo il trauma politico di quando il Partito Popolare entra nel primo governo di Benito Mussolini. Gli fornisce ben due ministri e come sottosegretario all’industria e commercio un tale Giovanni Gronchi (lo stesso che ascenderà all’altissimo incarico di Presidente della Repubblica) con l’illusione di condizionare il fascismo. Visione ben opposta da quella del popolare don Luigi Sturzo. Il combattivo prete di Caltagirone si era chiamato fuori avendo intravisto benissimo tutte le potenzialità antidemocratiche del fascismo.

Tra le svolte drammatiche con esito positivo potremmo aggiungere anche la seduta del Gran Consiglio del Fascismo che ha defenestrato Mussolini da quel momento divenuto una marionetta nelle mani dei tedeschi. Anche l’8 settembre del 1943 è visto come un armistizio /tradimento o svolta d’inizio della lotta di Liberazione. Coi Savoia e alti comandi che lasciano 600.000 nostri militari allo sbaraglio, tutti deportati nei campi di lavoro coatto dei tedeschi.

A Salerno nell’Italia liberata e divisa in due, discussioni a non finire per mettere insieme un Governo del nascente Stato italiano. Motivo aspro del contendere le responsabilità della Monarchia sabauda e la chiusura netta dei partiti repubblicani che vogliono già metterla alla gogna. È il comunista Palmiro Togliatti, l’uomo che viene da Mosca, e innescare la svolta. Il problema istituzionale Monarchia o Repubblica deve essere rinviato a dopo aver liberato l’Italia, conquistata la pace e la democrazia. Un aiuto pensato e di peso enorme dato alla lotta condotta al Nord dalle formazioni partigiano spesso divise appunto tra la fedeltà giurata alla monarchia e il desiderio di conquistare una rossa primavera.

Anche il dopo guerra riserva svolte clamorose destinate a lasciare il segno: la fine del governo tripartito con De Gasperi che espelle il PCI; la rottura del vecchio asse PCI-PSI con l‘entrata di questo ultimo nei governi di centro sinistra. Gli scricchiolii. Il dissenso nel PCI per la politica troppo schierata coi russi. Scricchiolii già sentiti per l’Ungheria e per la invasione della Cecoslovacchia, giunti fino alla dirompente rottura dei rapporti con Mosca. L’intervista di Enrico Berlinguer a un grande giornale nazionale non lascia equivoci: il socialismo sovietico ha esaurito la sua carica propulsiva e l’ombrello della Nato può salvaguardare meglio gli interessi dell’Italia e della pace. Un effetto bomba tra tutto il popolo di sinistra, nuovi contrasti, qualche scissione. Altri incontri sono stati solo disegnati e purtroppo interrotti nel loro divenire, come la elaborazione del compromesso storico e della disponibilità di Aldo Moro a sbloccare la democrazia nella logica di una alternanza futura. Un nuovo rapporto col PCI cosa che non piacque né ai Russi né agli Americani tanto da attivare i loro servizi per impedire questa prospettiva. Il mistero avvolge tuttora sia la fine drammatica dell’uomo Aldo Moro sia la fine di un orizzonte di partecipazione e di allargamento della democrazia.

Ora siamo a una operazione totalmente nuova. La costruzione di una casa, una maggioranza, un governo con le pietre che Movimento 5 Stelle e Partito Democratico si sono tirate addosso (Franceschini) da almeno un anno e mezzo. Una cosa diversa, un esecutivo per la legislatura con traguardi condivisi. Obiettivo difficile ma non impossibile. A decidere sarà la capacità del Governo di risolvere in discontinuità col passato realisticamente i pressanti problemi dei Paese. Partendo senza ritardi dai problemi del lavoro che manca, dalle diseguaglianze dolorose, dal sostegno ai redditi più bassi anche verso il ceto medio impoverito . Nel rinnovato quadro europeo dove l’Italia ha ottenuto riconoscimenti con uomini di alto valore collocati in punti di prestigio. Solo con un rapporto diverso e collaborativo con la Comunità Europea si potrà attuare quella necessaria politica di sviluppo economico, di salvaguardia ambientale, di difesa del territorio, di investimenti produttivi. Non solo tagli di costi e di servizi e i’immigrazione sopratutto dovrà trovare nuove regole condivise.

È indubbia la grande responsabilità che si sono assunti i due gruppi che si sono incontrati sui programma. La risposta verrà dai fatti se e come essi saranno in grado di affrontare non solo l’urgenza ma la prospettiva di un governo di legislatura.

Qui subentra il senso di responsabilità e la capacità dei contraenti. I 5 stellati dovranno affidarsi di più a competenze specifiche e meno ad istrioni del web, mentre il PD che si è affidato a uomini validi e preparati a governare dovrà procedere con quella unità di intenti che garantisca affidabilità e superi la maledizione delle scissioni. Zingaretti sembra il segretario adatto ma sono sempre presenti le pulsioni separatiste di Matteo Renzi che prepara i fasti della sua Leopolda, di Carlo Calenda o di altre anime inquiete. Sorprendente l’atteggiamento di Renzi che a tempo scaduto reclama da Conte una insufficiente presenza nel Governo dei suoi amici e sostenitori. Santa ingenuità (?) di un rottamatore che non pensava che gli venisse restituito pan per focaccia. Ora tenta la scorciatoia di una scissione indolore.

Se il Governo andrà avanti, non sono pochi gli scogli su cui sbattere. Superabile quello di una drastica riduzione dei Parlamentari, molto più difficile quello della legge elettorale. Con premio alla maggioranza, garantendo stabilità nel governare, oppure sistema proporzionale puro, con le immancabili incertezze? Impossibile avere la tradizionale botte piena e moglie ubriaca. Sulla proposta di una riforma con premio maggioritario è già andato a sbattere Matteo Renzi col referendum da lui promosso e clamorosamente perso.

Sarà un problema per tutti. In particolare per il PD il quale creò, con Veltroni, la propria ragione d’essere, andata declinando durante oltre un decennio senza che nessuno ne prendesse ufficialmente atto.

Ora siamo al dunque e l’abbandono della prospettiva del partito maggioritario imporrà al PD di fare rapidamente tutte le modifiche necessarie per l’adeguamento sia del proprio statuto che della struttura partito.

Forse occorrerà ascoltare ancora il saggio Romano Prodi che suggerisce un nuovo Ulivo aperto a tutte le forze che vogliono salvare il Paese dalla crisi e la Democrazia dai pericoli di ogni involuzione totalitaria.

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