La Piazza e il Palazzo. Sono un po’ i sinonimi, oggi nel terzo millennio, della Lotta e del Governo che, una quarantina di anni fa, erano magari ascrivibili alle aspirazioni e ai comportamenti di un solo partito. E magari è ancora così.
Pensiamo ai Cinquestelle che si sono avvicendati dai vaffa-day di una volta alle pochette di sartoria governativa, dalla destra quasi estrema alla sinistra-sinistra e sempre con lo stesso premier politico.
E forse anche alla Lega che, grazie alle sparate del suo Capitano, è transitata da uno strafottente e apparentemente inattaccabile potere – si considerino le muscolose (anche di pancetta) esibizioni balneari della scorsa estate al Papeete Beach Club di Milano Marittima – alle penose giustificazioni del complotto autoinflitto, che l’hanno relegata dalle stanze dei bottoni alle misere asole della polemica astiosa e un po’ misteriosa.
La Piazza, dunque, è divenuta in breve la vera sede del popolo, in contrasto con l’arroganza della casta asserragliatasi nel palazzo a difesa dei propri interessi e delle proprie poltrone.
Queste le parole del mantra dei neo-oppositori: il popolo e le poltrone. Che siano vere, unilaterali e provate è difficile dirlo. Il Padreterno, due millenni fa, sceso tra gli uomini, agli accusatori diceva sobriamente: Chi è senza peccato scagli la prima pietra. Nessuno si pone questo problema. Sarebbe stato interessante vedere se, in assenza di sondaggi tanto favorevoli o di positivi risultati altrove ottenuti (un 34% per cento di consensi su un 55% di aventi diritto), la corsa al voto sarebbe stata altrettanto famelica e giustificata.
I voltagabbana, i voltafaccia, i trasformisti ecc. ecc. Anche queste dizioni hanno dominato nel mentre la crisi politica (breve stavolta) imperava. Ma, a ben vedere, non sono delle grandi novità nella nostra storia. Come non ricordare, senza risalire a Depretis, i “poetici” cambi di seggio del vate Gabriele D’Annunzio? Egli passava platealmente dall’estrema destra alla sinistra, e viceversa, gridando: Vado verso la vita! Oggi, forse, si potrebbe dire: Vado verso la sopravvivenza! Meno poetico ma pur sempre realistico. Perciò nulla di nuovo sotto il sole.
L’Europa ovvero il complotto delle “democrazie plutocratiche dell’occidente contro i popoli poveri ma baciati dal destino”. Parole già sentite, quando si deve giustificare una guerra o una cavolata intrapresa. Ognuno, si potrebbe aggiungere, è padrone del proprio… destino. Se, trovatosi dinanzi al vuoto, decidesse di buttarsi giù pensando di saper volare, non può pretendere che coloro i quali egli ha sempre avversato non gli diano neanche una spintarella. È il minimo che dovrebbe aspettarsi.
Che il Capitano – ex Capitano in verità benché pur sempre al comando di una bellicosa e tenace compagnia – fosse arrivato a un punto di fusione e di confusione è parso evidente, se lo si guardava in viso: sparito il sorrisetto strafottente, sparite (o più meditate) le frasi a effetto da Bar Commercio.
È possibile, perché nel nostro nel Bel Paese tutto è possibile, che il Capitano dalla Piazza nel giro di qualche tempo possa risalire in pompa magna le scale del Palazzo. Forse ci pensa: la stessa cosa, prima della caduta definitiva, accadde anche a Napoleone. Ma un po’ di accortezza va consigliata. I compagni di viaggio che s’è dovuto scegliere di nuovo, anche se ridotti di numero, hanno sempre ben presenti i loro di interessi, e non il suo.
Per adesso, visto che predilige la Piazza, dopo un’indigestione truculenta di Palazzo, non ci resta che salutarlo. Romanamente, s’intende.
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