Così, dunque, l’imputato Niccolò Machiavelli è stato assolto. L’inventore della “politica politicante”, il consigliere del principe rinascimentale che dev’essere forte come il leone e astuto come la volpe, ha trovato il quasi unanime sostegno dei giudici popolari nel processo d’agosto a lui intentato a Villa Torlonia di San Mauro (oggi San Mauro Pascoli), la casa che fu abitata da Ruggero Pascoli, il padre del poeta, assassinato la sera del giorno di San Lorenzo del 1867, mentre tornava alla sua dimora su un calesse trainato da una “cavallina storna”, dopo essere stato fuori paese per alcune visite d’affari.
Da diversi anni a questa parte la casa dei Torlonia di San Mauro – dove Ruggero Pascoli era fattore – è sede di un tribunale estivo che, via via, ha visto dibattere in modo originale e inconsueto su eventi e personaggi della storia: dall’uccisione dello stesso padre del poeta romagnolo a Cagliostro (che morì prigioniero nella vicina rocca pontificia di San Leo) a Cavour; dagli “anni formidabili” del Sessantotto a Machiavelli, com’è appunto avvenuto quest’anno. Processi in piena regola. Con tanto di pm e di avvocati difensori, scelti tra intellettuali e studiosi, e una platea di giudici popolari, composta dal pubblico, da cui alla fine esce la sentenza: di assoluzione o di condanna.
È da sottolineare che, finora, quasi mai l’evento o il personaggio portato alla sbarra è finito “in catene”, come se la storia e il tempo siano infine i soli giudici di spessore e credibilità. Insomma, cosa fatta capo ha.
Perciò se l’è cavata alla grande anche Niccolò Machiavelli nel quale talvolta s’è voluto vedere non già un accorto e prudente uomo di palazzo, fine conoscitore delle cose del mondo, schierato a fianco del principe, ma uno spregiudicato “consigliori” di politica. Una sorta di antesignano brigante, mirante al solo conseguimento e al mantenimento del potere. Invece la sua assoluzione, come si diceva all’inizio, è stata pressoché unanime. Pochissimi i giudici dubbiosi o i contrari.
Appare dunque fatto singolare che, a qualche decina di chilometri da San Mauro Pascoli, al Papeete Club Beach di Milano Marittima, più o meno nello stesso periodo del processo a Machiavelli, maturasse il fatto politico più eclatante dell’estate: là dove il dominus della politica italiana – il ministro dell’interno Matteo Salvini – ha avuto modo di rivelarsi non già forte come un leone, quale forse in quel momento era, ma astuto come… una gallina.
La cronaca di questi ultimi giorni in proposito è stata esaustiva, anche se i fatti di ora in ora hanno subìto mutamenti anche perigliosi e contraddittori. Per intanto il genius loci del Papeete ha fatto le valigie dal Viminale.
Una cosa ci pare di poterla affermare con certezza. Nel partito della Lega, oggi, di Niccolò Machiavelli non ne esistono.
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