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Opinioni

RECUPERO DI CULTURA

FRANCESCO SPATOLA - 13/09/2019

politeamaSono passati quasi settant’anni dall’abbattimento del Teatro Sociale di piazza Giovane Italia, e con l’ipotesi del Politeama l’attuale Amministrazione Comunale sta sviluppando una soluzione sostitutiva che si configura come finalmente realistica e soddisfacente per tornare ad avere un vero teatro a Varese.

Ricorrentemente, lungo quei settantanni, il tema del nuovo Teatro ha coinvolto e appassionato operatori, amministratori, cittadini, senza che si potesse uscire da soluzioni-tampone, come l’utilizzo per tanti anni dell’ex Cinema Impero per la stagione comunale di prosa sino al 2001; o da soluzioni dichiaratamente e contrattualmente temporanee come il Teatro Tenda di piazza Repubblica dal 2002, poi ottimisticamente intitolato al grande Mario Apollonio e che sarebbe dovuto durare solo 10 anni, per dare il tempo al Comune di una soluzione definitiva. Che però non è venuta, cosicchè nel 2012 la concessione decennale per il Teatro Tenda è stata prorogata di altri 6 anni nell’attesa di un “teatro stabile”, ed ancora di altri tre nel 2018 (con facoltà di ulteriori tre anni a scadenza). Certo non “a gratis”, dato che la proroga 2012 costava al Comune la bellezza di 200.000 e più euro all’anno, meritoriamente almeno dimezzati con la proroga 2018 della nuova Amministrazione Galimberti.

Nel frattempo il “vero” teatro di Varese è diventato un sogno bello e impossibile, continuamente discusso e smentito, sino alla retromarcia sul falansterio attiguo alle Corti – incubo più che sogno – cui era stato costretto dall’Amministrazione Fumagalli il povero archistar Mario Botta, con un primo progetto di teatro sotterraneo dentro una specie di grattacielo carcerario, per ottenere l’enorme volumetria necessaria a finanziare con i soldi del privato speculatore edilizio i costi elevatissimi dell’invocata struttura teatrale comunale.

Per finire il 20 dicembre 2014 con il travagliatissimo Accordo di Programma per piazza Repubblica in capo alla precedente Amministrazione Fontana, in cui per lunghissimo tempo ed estenuante trattativa con la Sovrintendenza ai monumenti si è cercato di collocare il nuovo teatro al posto della ex Caserma Garibaldi, finendo per rinunciare per carenza di spazio, perchè risultava inammissibile sfondare su via Spinelli le murature esistenti.

Sarebbe storia arcinota, ma troppo spesso si trascurano gli inghippi inerenti: all’ex Caserma era stato previsto il polo culturale comprensivo della nuova biblioteca-mediateca e il nuovo teatro avrebbe dovuto essere realizzato sullo stesso sedime del Teatro Tenda, ma per finanziare il teatro si doveva devastare la vicina collinetta Montalbano con cospicua edilizia residenziale di lusso (presunto), ricavandone 7,1 milioni di euro indispensabili per integrare le risorse pubbliche dell’operazione (20 milioni dalla Regione, 3,5 dal Comune, 1 dalla Provincia). Non solo, ma i costi complessivamente stimati in 31,6 milioni di euro nascondevano la sorpresa del possibile raddoppio per l’intervento su Caserma e piazza, tant’è che il successivo concorso pubblico di progettazione consentiva di sforare sino ad oltre il raddoppio il costo a mq, pur avvertendo che la parte eccedente la previsione standard di spesa – circa 6 milioni di euro per Caserma e piazza – non era finanziata dall’Accordo stesso.

In breve, un Accordo di Programma zeppo di incertezze realizzative, puntualmente riscontrate dopo l’assegnazione dell’incarico e la progettazione preliminare per piazza e Caserma, con la spesa lievitata sino al raddoppio e più. Nel frattempo, l’evoluzione del Codice degli Appalti rendeva impraticabile la collaborazione con il privato per realizzare il teatro ed il cambio di Amministrazione con la Giunta Galimberti portava ad una nuova visione politica che rendeva impensabile il danno ambientale sulla collinetta del Montalbano per massiccia edilizia residenziale. Sfilatasi la Provincia dall’Accordo, il quadro economico era saltato, e solo il rifacimento di Caserma e piazza erano affrontabili, dato che il nuovo teatro sarebbe dovuto costare 24,5 milioni di euro, introvabili. Nel mentre, il vecchio Politeama giaceva in desolante abbandono.

Come salvare il sogno del nuovo teatro di Varese senza attendere altri 70 anni? Con l’ipotesi della ristrutturazione del Politeama il pragmatismo innovativo della Giunta Galimberti ha incontrato la nuova lungimirante direzione della proprietaria Fondazione Molina, sino a trasformare i tanti e stringenti vincoli in sorprendenti opportunità e a salvare con modifiche sostanziali l’ormai vecchio e traballante Accordo di Programma, a costi finalmente sostenibili: 9,8 milioni di euro di spesa per il teatro al Politeama, contro i citati 24,5 della precedente soluzione attigua alle Corti. Come si sa, il nuovo Accordo di Programma, in corso di formalizzazione e saggiamente assentito dall’ex sindaco e attuale presidente regionale Fontana, chiude a circa 36 milioni di euro (raddoppio a 7 milioni della disponibilità finanziaria comunale, conferma dei 20 milioni regionali e aggiunta di 9 milioni del Patto per la Lombardia provenienti dal Governo Renzi), nonostante la lievitazione a 21,7 milioni di euro per la ristrutturazione della Caserma e a 4,7 per la piazza.

Molti commentatori hanno rilevato, e condivido in toto, il sano realismo di una scelta politico-amministrativa semplice ed avveduta, che riutilizza spazi esistenti senza altri pesanti consumi di suolo, godendo di molteplici esternalità positive. Sono stati segnalati il collegamento più diretto con l’autostrada, la vicinanza delle Stazioni e dei parcheggi di piazza Repubblica e piazzale Kennedy, l’inserimento territoriale in un contesto di servizi preesistenti di svago ristorazione e ospitalità, così come l’effetto rivitalizzante ed amplificante su quegli stessi servizi; nel mentre che può generare un afflusso di pubblico in grado di stornare e superare gli elementi di disagio sociale provenienti dalla zona stazioni. Si è rilevata l’acustica eccellente della sala attuale, ottima come sala concerti per le esecuzioni musicali, in un teatro da subito previsto come polifunzionale, quindi anche auditorium.

Da altri sono stati sollevati dubbi e rilievi sugli aspetti tecnici della soluzione progettuale – ancora di massima, ma ampiamente divulgata su stampa e massmedia locali – nonostante la diffusa fiducia pregiudiziale nei confronti del rinomato progettista della Fondazione Molina, arch. Michele De Lucchi, anche in considerazione dei tanti successi come la ristrutturazione milanese del Teatro Parenti.

Ad esempio, si paventa l’insufficienza dei circa 900 posti per gli spettacoli più popolari (cabaret, concerti pop, ecc.), che servono anche all’equilibrio economico della gestione per compensare gli sbilanci degli spettacoli di maggiore qualità ovvero sono comunque ad alto budget per le popstar; mentre per altri spettacoli e utilizzi, di nicchia oppure amatoriali o di scuole di teatro, serve una dimensione minore, tra 400 e 500 posti. Si dà per scontata l’impraticabilità di far convivere la buca orchestrale con quel limite di posti, e quindi il sacrificio del “golfo mistico” con l’impossibilità di ospitare l’opera lirica. Si teme per l’insufficiente dimensione del palcoscenico e per l’aspetto estetico esterno, condizionato dall’esistente; poi, per l’accesso dei mezzi pesanti di trasporto allestimenti, data la viabilità ristretta in zona ed il rischio di moltiplicare gli onerosi costi di facchinaggio e così allontanarsi da circuiti importanti.

Obiezioni tutte comprensibili, ma francamente superabili in sede di approfondimenti tecnici, come già segnalato sia dall’assessore ai lavori pubblici Civati sia da altri. La zona esterna è integrabile con la proprietà comunale sul fronte della via Orrigoni, l’aspetto estetico esterno è tutto da definire in modo idoneo e creativo, nel teatro moderno le scenografie sono sempre più frequentemente contenute e sostituite dagli apparati multimediali, la buca orchestrale potrebbe essere a scomparsa e copribile in base agli utilizzi, la capienza può essere modulabile alla metà e per gli spettacoli minori va consolidato a nuove condizioni e valorizzato il Teatro Santuccio; mentre per gli spettacoli popolari a maggior afflusso di pubblico si può provvedere introducendo o aumentando le repliche, senza contare l’utilizzo storico di Palazzetto e Ippodromo per quelli più di massa, sino allo Stadio in prospettiva futura.

E per l’opera lirica, che comunque non era affatto prevista per il teatro del vecchio Accordo di Programma, è stato anche autorevolmente osservato che, alle strette, non è precisamente obbligatorio rappresentarla a Varese, trattandosi del tipo di spettacolo più costoso in assoluto ed essendo illogico e velleitario volere fare concorrenza alla Scala di Milano; quando piuttosto si deve insistere per ottenere nel medio periodo un collegamento ferroviario veloce con la metropoli, da metropolitana leggera a 25-30 minuti di viaggio, e moltiplicare le occasioni di collaborazione con l’ente scaligero a favore della cittadinanza varesina, nel mentre che in loco si sostiene e rilancia l’associazionismo di settore con i recital lirici e gli spettacoli di introduzione lirica per le scuole. Un punto su cui riflettere pacatamente.

In sintesi, posta l’assoluta validità della scelta politico-strategica del nuovo Accordo di Programma, si tratta di relazionarsi adeguatamente e sapientemente con il progettista per ottenere il massimo che si possa raggiungere per un teatro polifunzionale adatto alla comunità varesina, in stretto dialogo con gli operatori – dalla gestione del Teatro Apollonio agli altri produttori e gestori, alle scuole di teatro ecc. – e con l’opinione pubblica cittadina, a tutti i livelli e secondo i ruoli istituzionali competenti.

Rinviando ad una più pertinente fase successiva la riflessione su modalità di gestione sostenibili (concessione, fondazione, ecc.), rimane un tema non rilevato ma che merita considerare. Realizzare il nuovo Teatro nel sedime attuale avrebbe avuto un effetto di rinforzo sulla riqualificazione di piazza Repubblica, insieme al polo culturale alla Caserma, per una vitalizzazione sociale e di contrasto a disagio e degrado che tuttora penalizzano la piazza, a completamento in orario serale di quanto farà la futura collocazione del mercato ambulante in orario diurno e dato che è proprio in orario serale che si manifestano i maggiori problemi di vivibilità. Questo rinforzo verrà a mancare, e deve essere sin d’ora un elemento di attenzione nella riprogettazione di piazza Repubblica e relativo comparto. Sono certo che questa attenzione non mancherà, e che in senso compensativo sarà importante soprattutto il ruolo animativo che potrà avere il futuro polo culturale alla Caserma, con l’affaccio sulla piazza e, fatta la chiusura, la trasformazione della via Spinelli nel naturale dehors del centro culturale. A rilevare come la questione del Politeama riguardi tutta l’area che dalle Stazioni va verso la piazza, ogni elemento si tiene e deve essere coerente col resto. È possibile farlo e sono convinto che si farà.

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