Primavalle, Roma, notte tra il 15 e il 16 luglio.
Commovente la foto di Rayane, 11 anni: durante lo sgombero dall’edificio occupato esce portando tra le braccia un pacco di libri, con l’aria seria e compunta del bambino impegnato in un’attività importante.
La scena si svolge sotto lo sguardo quasi addolcito del poliziotto nel cui fumetto vedo la scritta: “Magari mio figlio fosse così attaccato ai suoi libri…”
Poche ore dopo, immancabile, la comparsa sui social dei post degli odiatori.
Gira voce che siano foto “finte”, una scena preparata a tavolino per commuovere; si sa, i bambini fanno sempre un certo effetto.
Più probabile, secondo me, che tra gli odiatori seriali ci sia gente incapace di concepire che in una situazione di emergenza si pensi a salvare un libro, oscuro oggetto d’uso quotidiano degli “intellettuali radical – chic”. Più utile, non hanno dubbi, salvare un tablet o un videogioco.
Rayane invece ama i libri, considera importante lo studio, frequenta la scuola con piacere, parola dei suoi insegnanti intervistati dai giornalisti.
Ha capito che studiare è fondamentale, che un libro contiene il mondo, che lo studio è un fine e allo stesso tempo un mezzo per crescere, per capire, per emanciparsi.
Proviamo a seguire i ragionamenti della rete per rilevare, ancora una volta, la quantità ingiustificata di rabbia presente in numerosi animi.
“E’ la solita foto strappalacrime”. Certo, perché un bambino sradicato dalla sua comunità può solo piangere e altro non è contemplato.
“Libri? A che servivano? Ma fatemi il piacere”. Un signore mescolato tra la folla plaude l’uscita delle famiglie dall’edificio aggiungendo che “brulichiamo di scienziati rom e magrebini di seconda generazione”.
“Figuriamoci se gli abusivi mandano a scuola i figli”. I docenti della zona di frontiera che è Primavalle sono certi che i bambini e i ragazzi, assidui alle lezioni, soffriranno molto per l’allontanamento dai loro compagni. In quella scuola si lavora duramente per realizzare il compito assegnato dalla Costituzione all’istruzione.
“E se invece di libri di scuola fossero copie del Corano?”. La frase è pronunciata da un signore che brandisce il tricolore e fa il saluto romano, ignaro, con ogni probabilità, del fatto che il Corano è il libro di riferimento di un miliardo e mezzo di musulmani nel mondo.
“Te ne devi annà! “, scrive un altro sui social. A rinforzo dell’evento già in atto, timoroso che qualche occupante possa ripensarci e tornare indietro.
Il repertorio potrebbe continuare per molte e molte pagine di post inveleniti.
C’è un aspetto positivo in questa situazione disperata.
La foto con quei libri rovinati, un po’ ingialliti, forse libri di scuola, senz’altro di seconda mano, o forse solo i libri preferiti di Rayane (il padre ha un banchetto di antichità a Porta Portese), resterà emblematica, e non solo per noi buonisti.
Quei libri sono diventati un simbolo, un messaggio di speranza: è dai libri, dall’istruzione, dalla cultura, che si può imparare a inquadrare gli eventi nella giusta prospettiva.
Grazie ai libri i ragazzini scolarizzati di Primavalle, sono circa un’ottantina quelli delle famiglie sgomberate, potranno capire che la povertà non è una colpa, come troppe persone sembrano ancora pensare.
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