Personalmente ho sempre guardato con estremo sfavore l’abolizione del corpo forestale e l’inserimento dei suoi dipendenti entro il corpo carabinieri come previsto dalla Legge Madia. Avevo, pertanto, visto con favore il fatto che alcuni Tribunali amministrativi regionali avessero preso una posizione volta a dichiarare la incostituzionalità di questa legge e avevano chiesto un intervento della Corte costituzionale.
A rivolgersi per primo alla Consulta era stato il Tar Abruzzo, sezione distaccata di Pescara nel 2017; seguito l’anno successivo dal Tar Veneto e dal Tar Molise. I giudici amministrativi regionali, facendo leva su differenti parametri costituzionali, dubitavano sostanzialmente della legittimità della soppressione del Corpo forestale nonché del conseguente assorbimento del suo personale nell’Arma dei carabinieri, disposti rispettivamente dall’articolo 8, comma 1, lettera a) della legge 124/2015 nonché dagli articoli da 7 a 19 del Dlgs 177/2016 (Disposizioni in materia di razionalizzazione delle funzioni di polizia e assorbimento del Corpo forestale dello Stato).
Secondo i giudici del Tar, fondamentalmente, la previsione dell’assorbimento del Corpo forestale in altra forza di polizia a ordinamento militare configurerebbe un eccesso di delega da parte del Governo. Questa drastica opzione avrebbe, infatti, richiesto dei «principi e criteri direttivi inequivoci», ponendosi altresì «in contrasto rispetto alle linee evolutive dell’ordinamento». Inoltre, secondo i rimettenti, il passaggio all’Arma dei carabinieri lederebbe la salvaguardia dell’ambiente in termini di funzionalità; sacrificherebbe «alle esigenze di finanza pubblica il nucleo incomprimibile della tutela ambientale»; rappresenterebbe una lesione dei diritti del personale forestale.
Ha preso invece una posizione diametralmente opposta, rispetto a quanto sopra, la Corte costituzionale con la recente sentenza numero 170 del 2019.
La stessa ha confutato ogni dubbio su tutte le censure sollevate e di fatto ha salvato la scelta legislativa. In particolare, quanto alle ragioni di finanza pubblica e tutela ambientale, i giudici della Corte hanno spiegato che l’obiettivo della soppressione e dell’accorpamento sta nella «ricerca della migliore utilizzazione delle risorse in una prospettiva di continuità, senza, cioè, disperdere professionalità e assetti territoriali, bensì inquadrandoli in un contesto maggiormente funzionale». Più specificamente, raccordando esigenze di spesa e obiettivi di tutela, per la Consulta «la salvaguardia dell’ambiente è strettamente collegata al corretto impiego delle risorse disponibili, la cui proficua utilizzazione costituisce proprio l’obiettivo del legislatore».
Più nel dettaglio, per la Consulta la volontà del legislatore delegante di consentire la soluzione del passaggio all’Arma dei carabinieri, non configura un eccesso di delega.
La scelta va letta nel contesto più generale della riorganizzazione disposta dalla Legge Madia e si desume chiaramente, dai lavori preparatori della legge delega, che individuano nella forza militare l’opzione più valida, anche in considerazione della «solida coincidenza tra la diffusione capillare sul territorio nazionale delle stazioni dell’Arma dei carabinieri e di quelle del Corpo forestale». A ciò deve aggiungersi, sul piano funzionale e operativo, la coincidenza di obiettivi di tutela, in primis ambientale e agroalimentare, perseguiti da specifici reparti specializzati dell’Arma, che corrobora così la bontà della scelta.
Inoltre, secondo la Corte costituzionale, l’opzione del passaggio nell’Arma dei carabinieri non pregiudica affatto i diritti del personale forestale, in quanto i lavoratori son sì invitati ma non costretti a diventare militari. Difatti, in caso di rifiuto e di successivo mancato assorbimento in altre forze di polizia, rimane la facoltà per costoro di richiedere il passaggio ad altra amministrazione statale, con privatizzazione in questo caso del rapporto di lavoro, ovvero, in mancanza, di richiedere il collocamento in disponibilità, senza che ciò comporti un trattamento deteriore. Secondo la Consulta questa disciplina non costituisce alcuna lesione all’autodeterminazione del lavoratore, ma un ottimo bilanciamento tra l’esigenza di «mantenere il livello di presidio ambientale, nonché l’efficienza e il buon andamento dell’azione e quella di salvaguardare le posizioni lavorative del personale proveniente dal disciolto Corpo forestale».
In definitiva, conclude la Corte, la riforma «appare caratterizzata da una coerenza interna e da non implausibili soluzioni di bilanciamento dei valori in gioco, così da superare tutte le doglianze di illegittimità costituzionale formulate dai giudici rimettenti».
Per gli appartenenti alla Forestale “non c’è stata una vera libertà di scelta”, hanno sostenuto: troppo pochi i posti disponibili nelle altre amministrazioni (600, meno del 10% del personale), con il rischio di finire, in caso di non accettazione della domanda, in mobilità.
Certamente nel mio essere molto dubbioso, sono confortato dalle dichiarazioni positive di Legambiente Valceresio che con i carabinieri ambientali ha svolto delle ispezioni riguardo la situazione creatasi nell’area del torrente Bevera, con scavi, prosciugamenti e stoccaggio di terra che hanno completamente stravolto un’area umida.
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