Il 4 marzo 2018 il Movimento 5 Stelle e la Lega conquistano il Parlamento e Francesco si ritrova “minoranza” in Italia. Una larga parte dei cattolici ha votato per i vincitori. La Chiesa e il mondo cattolico si accorgono che l’elettorato va in un’altra direzione ed è come se la Chiesa avesse perso le elezioni. Per lei, in qualche modo, è stata una sconfitta. È quanto si legge nel libro “La solitudine di Francesco, un papa profetico, una Chiesa in tempesta” (Marco Politi, Laterza) che indaga nel malessere che investe il pontificato del gesuita Bergoglio.
Sono tempi difficili. Settanta religiosi, tra cui una suora di 90 anni, vengono arrestati a Washington perché protestano al Senato contro il trattamento inumano inflitto dal governo Trump ai bambini immigrati al confine meridionale degli Stati Uniti. E in Italia uno stretto collaboratore del governo, tale Gianluca Savoini di simpatie naziste, consigliere di fiducia della Lega per i rapporti con la Russia, afferma impunemente che la causa della seconda guerra mondiale fu l’attacco dei polacchi al Terzo Reich. Avanzano intolleranza, estremismo e revisionismo storico. Alimentati da un clima di rabbia e di crescente antieuropeismo.
In questo scenario sembra farsi più flebile il messaggio di speranza di Francesco, l’invito all’apertura agli stranieri, all’integrazione, alla solidarietà. Francesco non è il “buonista” astratto e melenso che dipingono gli avversari, la sua predicazione intreccia fede e impegno sociale e sferza la Curia a fare di più e meglio. Ma in Europa e nel mondo soffia sempre più impetuoso il vento ostile al diverso (nero, islamico, omosessuale). Semina paura, discriminazione, xenofobia e fa lievitare il malumore verso l’Unione Europea. Che finora non è stata capace di varare un piano di assorbimento dei profughi con quote obbligatorie per ogni Paese.
Il giornalista Marco Politi, biografo di tre papi (Wojtyla, Ratzinger e Bergoglio), per anni vaticanista de la Repubblica ed editorialista de Il Fatto Quotidiano, nota che non c’è solo il dramma dei migranti a rendere inquiete le giornate del pontefice. Nel cattolicesimo, scrive, è in corso una guerra sotterranea per mettere il riformatore Francesco con le spalle al muro. Preti, blogger e teologi conducono un’opera sistematica di delegittimazione e si va compattando il fronte conservatore. Francesco ha mutato i rapporti con ortodossi, luterani, musulmani e con la Cina.
Si è schierato contro la lobby delle armi. Il Vaticano ha registrato con preoccupazione il patto sottoscritto dal vicepremier Matteo Salvini in campagna elettorale con 2500 aziende del settore e, indirettamente, con un milione 300 mila cittadini titolari di licenza di porto d’armi, cacciatori, sportivi del tiro a segno e normali cittadini che si armano per sicurezza. Il patto, osserva Politi, spinge verso la libertà di armarsi di stampo americano, in netta controtendenza rispetto alla cultura giuridica e sociale europea.
Pace, ambiente, giustizia sociale. Francesco è un’autorità morale mondiale ma il populismo antipapale incalza. Sulla Chiesa incombono altri problemi, la piaga degli abusi sessuali, l’insoluta questione del ruolo delle donne, il calo delle vocazioni (l’Annuario Pontificio certifica per il 2017 il calo da 414.969 a 414.582 sacerdoti). Sulla libertà religiosa e sulla libertà di essere diversi, sul concedere o meno la comunione ai divorziati risposati, il papa si è attirato l’accusa di eresia dottrinale e alcuni teologi invitano i vescovi a indurlo a ritrattare o a deporlo. Un fatto senza precedenti.
Per il gesuita Antonio Spadaro, direttore della Civiltà Cattolica, “è un pontificato drammatico in cui ci sono cardinali che attaccano il papa e atei che lo sostengono”. Alla vigilia del voto del 4 marzo un esponente cattolico integralista, il giornalista Antonio Socci che sostiene l’invalidità del conclave da cui è uscito eletto Bergoglio, proclama: “Noi cattolici siamo con don Matteo Salvini”. Socci si scaglia contro i vescovi che “dimenticano di annunciare il Vangelo e fanno solo comizi per l’emigrazione e l’abbraccio con l’Islam. Non sanno più qual è il loro mestiere”, commenta. Le parole di Socci, annota Politi, riflettono l’umore di quel magma cattolico che nella guerra interna alla Chiesa si scaglia contro la predicazione di Francesco. E il cardinale Raymond Burke, capofila degli oppositori, lo accusa di portare allo sbando la Chiesa.
Gli addebitano di essere femminista perché sostiene che le donne nella Chiesa devono andare dove si prendono le decisioni, di essere populista, comunista, di proteggere i pedofili nonostante abbia degradato vescovi e spretato cardinali. Provano a metterlo contro il papa emerito Benedetto XVI, alfiere di una Chiesa dottrinaria, dogmatica e clericale, una monarchia assoluta. Per Ratzinger il collasso morale della Chiesa è legato alla rivoluzione sessuale del ’68, per Francesco agli abusi del clericalismo. Lui è per una casa comune che coinvolga nelle decisioni uomini, donne e laici. In dialogo con le altre Chiese cristiane, con ebrei, musulmani, aderenti ad altre religioni e anche con i non credenti.
C’è chi lo capisce, chi lo sostiene: “Va tutto bene, la strada è quella giusta, Francesco sta portando la Chiesa verso un luogo nuovo, il cristianesimo”, sorride Roberto Benigni. Ma nel corso del 2018 Francesco ha visto calare la sua popolarità. È sempre il più amato dagli italiani, ma il consenso nei suoi confronti si è appannato in una parte della popolazione. Se nel 2013 il papa sudamericano attirava l’88% del gradimento, cinque anni dopo è sceso al 71-72%.
Non ha peli sulla lingua e attacca Donald Trump, impegnato a promettere agli elettori un muro invalicabile di 2500 chilometri da costruire a spese del Messico: “Una persona che pensa solo a fare muri e non a fare ponti non è cristiano”. Il presidente Usa risponde piccato: “Però in Vaticano lui ha grandi mura”. Preoccupa la Santa Sede che a poca distanza dalla catastrofica avventura militare in Iraq e dopo le peripezie afgane, gli Stati Uniti vogliano individuare un nuovo grande nemico nel regime sciita di Teheran. E’ l’opposto della prospettiva di Francesco, che in sintonia con l’Unione Europea vorrebbe integrare l’Iran nella comunità internazionale.
Il papa, scrive Politi, crede nel dialogo interreligioso, nella ricerca di soluzioni pacifiche nelle crisi mediorientali, nel contrasto alla diffusione del terrorismo e del traffico d’armi in nome della pace. Ma l’inquilino della Casa Bianca cambia le linee di fondo della presenza americana nel mondo. Nel 2017 Trump ritira l’adesione al trattato di Parigi sul clima, annuncia il ritiro dal Global Compact sulle migrazioni ordinate e regolari promosso dalle Nazioni Unite. Nel 2018 denuncia il patto sul nucleare iraniano e annuncia pesanti sanzioni contro Teheran. Nel 2019 si ritira con Israele dall’Unesco e decreta la fine del trattato sui missili nucleari a raggio intermedio, subito imitato dalla Russia. L’Osservatore Romano titola preoccupato: “Il mondo teme una corsa al riarmo nucleare”.
Relazioni prematrimoniali, anticoncezionali, divorzio e secondo matrimonio, rapporti omosessuali escono dalla sfera di una demonizzazione perenne. Politi scrive: “Papa Francesco ha sepolto una volta per tutte l’ossessione del cattolicesimo tradizionale in materia sessuale”. Il papa afferma che la riforma luterana è un dono spirituale e teologico. Moltiplica i gesti di unione spirituale con la teologia ortodossa. Chiede perdono per “i comportamenti non cristiani” tenuti dalla Chiesa cattolica nei confronti dei Valdesi.
Tenta di arginare l’odio contro l’Islam. Demitizza la figura stessa del pontefice. Cerca di fare pulizia negli scandali finanziari e nella banca vaticana. Ammette di sbagliare, chiede scusa, si pente. Tutto questo disorienta. Molti non condividono il suo modo di concepire la presenza della Chiesa nel mondo contemporaneo. Al suo interno si combatte una guerra civile tra chi vuole le riforme e che vi si oppone con ogni mezzo. Nell’arena economico-politica internazionale ci sono forze che non vedono l’ora che Francesco esca di scena. C’è persino chi prega per la sua morte. Francesco ce la farà a resistere?
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