Nel 1911 eravamo un territorio ricco di bellezze naturali e all’inizio di una interessante frequentazione turistica anche europea.
Alcuni appassionati di storia locale hanno scritto di questa epoca e dei decenni successivi che videro Varese staccarsi da Como e diventare provincia autonoma poi raggiungendo nel settore industriale primati internazionali e diventando punto di riferimento nazionale e internazionale nella cultura e nello sport.
Nella tutela della salute pubblica proprio con la realizzazione di un grande ospedale nel 1911, con un progetto mutuato dall’avanguardia anglosassone sarebbero stati risolti per decenni i problemi della salute di un circondario che si estendeva anche al Comasco. Del tutto autonoma, cioè di casa nostra, la realizzazione in tempi successivi anche di un ospedale psichiatrico che sarebbe diventato in breve tempo e grazie a grandi medici una struttura di livello nazionale.
Insomma la mano pubblica nel tempo ci ha dato ospedali d’avanguardia che avrebbe attratto forti donazioni da parte dei privati mentre in altre zone della provincia appunto i privati realizzavano strutture sanitarie del tutto indipendenti.
Da noi si credette invece ciecamente nelle scelte pubbliche. Ecco perché oggi noi varesini siamo nei guai. L’assoluta ignoranza della storia delle vicende sanitarie di Varese ha portato gli sfasciacarrozze della sanità della nostra regione a varare una riforma che non ha mai tenuto conto della diversità del servizio della tutela sanitaria nella nostra zona, tanto da preventivare un microospedale, il Circolo, come avanguardia per le situazioni acute delle patologie e altri centri, che non esistono, per le cure intermedie.
Hanno imboccato una brutta strada i politici, presunti esperti, della Regione Lombardia, infatti il diritto alla salute è ricordato come fondamentale addirittura dalla nostra Costituzione e come tale tutelato anche in sede giudiziaria. Non si tratterà di azioni penali che oltretutto coinvolgerebbero medici e paramedici, obbligati ad applicare disposizioni interne, ma di cause civili a carico di chi governa varando leggi che danneggiano i cittadini.
Se un anziano varesino si ritroverà solo in un ospedale lontano dalla sua città patirà danni materiali e morali che la giustizia non potrà non riconoscergli.
Chi oggi da Milano obbliga gli ammalati di casa nostra a sopportare disagi che sono tipici di una emergenza continua e di una errata visione del servizio e della tutela della pubblica salute, avrà notizie dirette dalla Corte dei Conti, che mai molla l’osso, tanto meno quello di ricche pensioni.
Non è la mia una dichiarazione di guerra, ma una semplice informazione girata ai cittadini, notizia appresa e verificata da attendibilissimi studiosi del diritto. Credo sia una buona notizia anche per il vasto mondo legale cittadino.
Scrivo queste note in un momento in cui il nostro ospedale è finalmente diretto da una persona intelligente e capace mentre l’Università, massacrata negli anni dal cieco furore ospedaliero, cerca nuovi percorsi per recuperare, per ridare studiosi eccezionali di un tempo recente e giovani medici ben preparati.
Non ci saranno né rivolte né marce con i materassi per accompagnare i nonnini all’ospedale. Non ci sarà però più molta pazienza con i dirigenti regionali della sanità, pronti a sottoscrivere o imporre delle sbalorditive singolarità
E c’è una situazione che incuriosisce anche se la storia, escludiamo pure quella religiosa, ci riserva se non miracoli certamente sorprese con capriole sbalorditive. L’assessore che benediceva tagli e rivoluzioni dei suoi bravi nel corso delle precedenti campagne anti-Circolo e Del Ponte, oggi sta ancora sul ponte di comando e si coccola il direttore di Varese questa volta sì di serie A.
Si dirà che è la politica e che del domani non c’è certezza. Ma occhio a tirare la corda, i varesini hanno già licenziato chi non li serviva come avrebbero dovuto. E a Varese il Peggio democratico sembra di nuovo il partito prima della cura Renzi.
You must be logged in to post a comment Login