Se il titolo di Campione del Mondo si assegnasse con criteri diversi rispetto a quelli attualmente seguiti Fabian Cancellara i colori dell’iride li avrebbe stampati sulla pelle senza necessità di infilarsi, di anno in anno, la maglia simbolo del trionfo.
Se, insomma, del titolo mondiale venisse insignito il corridore che in una classifica a punti per piazzamenti nelle corse disputate in un’annata invece che delegare il tutto alla vittoria in una corsa singola Cancellara sarebbe sicuramente (e già da un certo tempo) il campione in carica.
La Milano-Sanremo non ha, certo, proposto la novità di un concetto che più volte e da più parti è stato – senza fortuna – espresso ma solo una decisa conferma.
Interessi organizzativi e di comprensibilissima cassetta hanno indirizzato la scelta verso strade diverse ma la logicità di abbinare i colori di una tavolozza magica di significato ad un comportamento annuale del singolo rimane in tutta la sua interezza.
E anche alla “Sanremo” Fabian è stato il più forte riuscendo, solo con la potenza delle sue tirate, a strappare, nell’ultima parte della gara, un terzetto dal gruppo per portarlo isolato al traguardo per essere poi bruciato sotto lo striscione da un avversario di valore neppure paragonabile al suo.
Cancellara e Nibali, quindi, ad ammainare bandiera rispetto a Gerens.
Capita. Nelle corse è sempre capitato e non si vede perché nella Sanremo non avrebbe potuto.
Ma anche si faccia una scala di valori per l’assegnazione di un titolo mondiale ancorandola alla casualità (non esclusiva ma frequente) di un’unica prova è un autentico non senso.
E la Milano-Sanremo anno 2012 ne è stata lampante esempio.
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