(O) Provo a sintetizzare il messaggio della precedente apologia: Non seguire acriticamente i capitani, ma guardare le cose che càpitano, specialmente se impreviste, per capire meglio la realtà. Giusto?
(C) Giustissimo.
(O) Peccato che così, io ci capisco sempre meno. Ti faccio qualche esempio: questa enorme questione delle migrazioni, sembra ridotta al gioco del tiro alla fune da festa paesana …
(S) O all’albero della cuccagna. Peccato che chi non ce la fa… la farsa diventa tragedia. Ma tutto questo piace ai media, fa vendere pertanto è destinato a continuare. Un certo ministro si è accorto che persino la multa era diventato un incentivo alla trasgressione, visto che in pochissimi giorni una raccolta straordinaria di contributi privati aveva prodotto un discreto avanzo per la ONG in questione. Invece di toglierla l’ha moltiplicata.
(O) Un altro esempio: la gigantesca questione ambientale, che viene trattata dalla politica mondiale con la sufficienza e l’inconcludenza che hanno dato spazio alla performance mediatica di Greta e alle ironie pesanti delle controparti.
(S) Martedì scorso veniamo a sapere che la giovane Stella McCartney, figlia di cotanto Paul, sostiene che i panni sporchi non si lavano neanche in famiglia. Il surriscaldamento del globo va fermato rinunciando ai detersivi, alla doccia e a simili lussi. Ciò mi ha ricordato che qualche anno fa il sindaco di Londra aveva anche suggerito di non vuotare lo sciacquone fino a quando non fosse ben colmo del suo ovvio contenuto.
(C) Per evitare un moralismo affatto superficiale, bisogna imparare a guardare la realtà nella sua totalità, soprattutto a non fermarsi alla prima impressione, ma cercare di tener presente tutto il contesto. E’ il vecchio errore di guardare il dito e non capire che il dito indica la luna.
(S) Oddio, anche guardare solo la luna potrebbe indurci in errore. Intendo dire: anche restare affascinati dalla bellezza di splendide teorie potrebbe farci dimenticare l’esperienza quotidiana.
(C) Anche questo è innegabile. Proprio per non perdermi in astrazioni inconcludenti, mi rassegno a limitarmi ad un solo argomento, cercando di dimostrare la differenza tra guardare il dito, guardare la luna e tenere d’occhio entrambi i fattori. E’ evidente che Salvini, concentrando l’attenzione di una parte consistente del pubblico sulla questione ‘migranti clandestini’ ha fatto il colpo grosso. Ma altrettanto ha fatto la capitana Carola. A milioni hanno guardato il dito (intendo le poche decine di persone che partite sui gommoni, arrivano sulle navi delle ONG) nessuno ha guardato la luna. La ‘luna’ in questo caso sono i numeri. Eccoli.
Quest’anno in poco più di sei mesi sono entrate in Italia 3073 persone, di cui solo 248, l’8% di un totale già enormemente ridotto, salvate/trasportate dalle navi ONG. Nel 2018 furono 17mila e nel 2016 78mila (dati del Viminale pubblicati da Corsera il 10 luglio). Adesso fate il confronto!
Il problema dei rifugiati ‘veri’, consiste invece in settanta milioni e quello ancor più grande dei migranti ‘solamente’ economici, incalcolabile se volessimo essere seri e scientifici, ma valutabile a svariate centinaia di milioni, tra quelli già reinsediati e quelli potenziali. Chi non si spaventerebbe di queste cifre? Ma la reazione giusta, anche da parte della benedetta Europa, dovrebbe essere quella di affrontare il problema come tale, nella sua interezza, piuttosto che cercare d’ignorarlo o di lasciare nelle grane il primo cui capita, all’insegna del ‘chi gli tocca, gli tocca’.
Dire “non possiamo accoglierli tutti, quindi aiutiamoli a casa loro” può essere soltanto uno slogan, per evadere furbescamente il problema, oppure il titolo di un nuovo impegno mondiale, che farebbe un gran bene non solo alla pace, ma pure allo sviluppo.
(S) Ecco, affinché anche questa tua idea non sia una pura teoria, solo una bella immagine, la luna nel pozzo, tanto per stare alla saggezza popolare, devo far sapere a te e ai lettori, altri piccoli dati, un po’ più analitici, che facciano comprendere quanto la cosa sia complicata e nello stesso tempo esagerata. Riprendo da una rivista di carattere divulgativo una ricerca pubblicata su Science, realizzata dai geografi del Wittgenstein Centre for Demography and Global Human Capital di Vienna, in Austria, che hanno analizzato i flussi migratori di oltre 150 Paesi del mondo in seguito ai dati diffusi nel 2013 dall’Onu. Ecco alcuni dati.
“1. Dal 1995 a oggi il numero di migranti è rimasto più o meno lo stesso in rapporto al totale della popolazione (era invece cresciuto dal 1990 al 1995).
2. Contrariamente a quanto si crede, i flussi migratori non sono dai Paesi più poveri verso quelli più ricchi. Si emigra di più da quelli in via di sviluppo, dove le persone raggiungono un certo livello di istruzione e dove hanno a disposizione più mezzi per muoversi (per intenderci, si parte più facilmente dall’Egitto piuttosto che dalla Somalia).
3. Non è l’Europa la destinazione principale delle persone che migrano dal Nord Africa e dal Medio Oriente. Anzi, l’emigrazione dall’Africa verso l’Europa è quasi la metà di quella tra le regioni africane.
4. Il più grande flusso tra singoli Paesi è quello dal Messico verso gli Stati Uniti. Inoltre, gli Stati Uniti ricevono ogni anno il massimo numero di migranti.
5. Il flusso migratorio maggiore va dalle regioni del Sud-Est asiatico al Medio Oriente, ed è determinato dal boom edilizio della Penisola Arabica, finanziato dal petrolio.”
In sintesi: tranne qualche caso specifico (Afghanistan, Siria, Sud Sudan, Somalia) non si fugge dalla guerra, anche civile, o dalle catastrofi ecologiche o dalla povertà estrema, ma il flusso migratorio è determinato dal desiderio di un miglioramento delle condizioni di vita che appare a portata di mano, sia per vicinanza geografica, sia per la convinzione di possedere i requisiti culturali per affrontare un radicale cambiamento di vita. Occorre inoltre disporre di un capitale necessario per sobbarcarsi le spese del viaggio e il rischio di fallimento. Sembra un paradosso ma è verità: i ‘veri’ rifugiati sono quelli meno propensi ad emigrare definitivamente, come dimostra soprattutto il caso siriano.
(C) Confermo e avvaloro questa valutazione, con una testimonianza non recentissima ma molto significativa. La recupero dal sito di AVSI, una ONG italiana che conosco bene, ma l’estensore dell’articolo è un giornalista del ‘Sole 24Ore’, non sospettabile di eccessiva benevolenza.
Un campo profughi con 230mila persone ”Quando analizza il contesto dell’area Andrea Bianchessi lo fa con un’esperienza di 4 anni alle spalle, sia in Kenya sia in Somalia. AVSI opera, tra l’altro, nella zona in cui sorge l’enorme campo profughi di Dadaab (dove AVSI è presente dal 2009). «Lavoriamo a un progetto di emergenza che stiamo realizzando con i fondi della cooperazione italiana (Aics) per sostenere le famiglie rientrate, fornendo beni di prima necessità, dall’acqua all’alimentazione. Siamo potuti intervenire in Somalia grazie al rapporto con l’attuale direttore del ministero dell’Educazione del Jubaland, che un tempo era stato rifugiato a Dadaab ed era divenuto insegnante proprio grazie a corsi di formazione realizzati nel campo da AVSI con fondi della cooperazione italiana».
Istruzione come arma contro il fondamentalismo. Nel campo, come ricorda Bianchessi, AVSI «ha formato circa 2.000 docenti e ristrutturato e costruito 327 nuove classi, in collaborazione con partner istituzionali e locali. L’educazione è il canale che ci ha portato dal Kenya anche in Somalia, e si conferma come la condizione necessaria anche per formare una classe dirigente capace di portare avanti processi sostenibili e duraturi di sviluppo, e quindi di contrasto alla deriva violenta e ad azioni di gruppi di terroristi».
Oggi a Dadaab vivono 230mila persone nel 99% dei casi somale. Un anno e mezzo fa erano circa 350 mila, poi con i rimpatri assistiti, un alto numero di persone (circa 70mila) ha deciso di tornare a casa, in Somalia, ed altri si sono spostati in altre zone del Kenya. «La realtà di questo enorme campo profughi rimane molto dura e complessa ma – precisa Andrea Bianchessi –, come ci dimostrano i casi degli insegnanti da noi formati e poi rientrati in Somalia, esistono delle vie concrete per avviare processi di vero sviluppo».
(S) Abbiamo voluto dimostrare che gli errori di prospettiva possono essere commessi anche da persone animate dalle migliori intenzioni e istituzioni dotate di tutte le informazioni che consentirebbero loro di affrontare i veri problemi nella loro effettiva e drammatica dimensione. Ci sono ONG che vanno in cerca di facili consensi, attribuendosi compiti che invece devono, sottolineo devono, essere delle istituzioni, ce ne sono altre che con le istituzioni collaborano efficacemente, preparando le persone a tornare nella propria terra, ma dotate della preparazione utile a dare un contributo positivo. Ma il singolo, che cosa potrebbe fare?
(O) Guardare la luna e non il dito significa rendersi conto del percorso tra il dito e la luna, tra una conoscenza miope e condizionata e un’esperienza che tiene conto di tutti i fattori, senza cadere in scorciatoie che si rivelerebbero presto illusioni moralistiche e insostenibili, ma che piacciono tanto ai media e ai politici, anche di opposte tendenze. Il primo diritto /dovere è quello di capire. Questo vale per tutti i grandi problemi. Per quello dell’ambiente magari ci torneremo sopra un’altra volta. Per questa circostanza ho un suggerimento per stare alla larga dal moralismo, senza cadere nell’inazione: impegnarsi con l’adozione a distanza, un modo semplice per sostenere le speranze di una giovane famiglia .
(O) Onirio Desto (C) Costante (S) Sebastiano Conformi
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