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Presente storico

FUMO DIGITALE

ENZO R. LAFORGIA - 05/07/2019

digitaleLa comunicazione non è tutto. Come ha ampiamente dimostrato la Storia, anche le più sofisticate esperienze di costruzione del consenso e i più efficaci sistemi di propaganda prima o poi sono chiamati a fare i conti con la realtà. La elaborazione di forme suadenti, persuasive ed istantanee di una comunicazione che si avvale di tutti gli strumenti messi a disposizione dal villaggio globale e virtuale non può prescindere da un non trascurabile elemento: il contenuto. Quando il vecchio Marshall McLuhan affermava che «il medium è il messaggio» non intendeva sostenere l’irrilevanza del contenuto rispetto alla forma della comunicazione, quanto piuttosto l’impatto che ogni medium (dalla luce elettrica, alla ferrovia, al libro a stampa, alle immagini in movimento dei film) ha nell’esperienza umana, nella trasformazione dei rapporti sociali e nella elaborazione di nuove visioni culturali: «il “messaggio” di un medium o di una tecnologia è nel mutamento di proporzioni, di ritmo o di schemi che introduce nei rapporti umani» (Understanding Media, 1964).

Uno dei passaggi più importanti nella storia dell’Italia repubblicana fu segnato da un discorso di Aldo Moro pronunciato a Napoli nel 1962, in occasione del congresso della Democrazia cristiana. Con quel suo intervento, il grande statista annunciò la volontà di trasformare la forza politica di maggioranza relativa da «partito cattolico» in un «partito di cattolici», auspicando una alleanza con i socialisti e inaugurando di fatto la stagione del Centrosinistra. A segnare quel momento storico e politico cruciale per il nostro Paese fu un discorso. Un discorso pronunciato con la pacatezza tipica dell’eloquio di Aldo Moro e con tutta la sua capacità argomentativa: durò più di sette ore. A quell’epoca, le idee avevano bisogno di essere spiegate per mezzo di ragionamenti. E i ragionamenti, si sa, hanno bisogno di tempo, hanno bisogno di dare forma al pensiero attraverso una solida coerenza argomentativa.

Il nostro presente, invece, sembra non consentire più la lentezza del ragionamento. La comunicazione deve essere stringata, veloce e sempre più iconica. Ottenere un consenso emotivo è più importante (ed è più economico, in termini di tempo e di quantità di informazioni) che ottenere un assenso razionale.

La politica, questo lo sa bene. E da subito ha conformato il modo di comunicare all’esigenza dei nuovi media. Barack Obama ha fatto scuola. La sua prima campagna elettorale per la Presidenza degli Stati Uniti fu giocata, nel 2008, prevalentemente sulle piattaforme Internet, in un’epoca in cui Facebook, Twitter e i telefoni mobili erano molto diversi e molto meno diffusi e frequentati di quanto lo siano oggi. «Four more years», il tweet che annunciò la sua riconferma nel 2012, accompagnato da una foto in cui il Presidente abbracciava sua moglie, pare sia stato il messaggio più visto di sempre. Oggi, forse, il medium è arrivato a prevalere sul messaggio. Al punto che, nella primavera del 2017, per giorni e settimane si è discusso di una parola, «cofveve», comparsa, forse per un errore di digitazione, in un tweet del Presidente Trump (la parola è diventata in poco tempo un trending topic mondiale). Per giorni e settimane si è discusso di… niente.

La politica, tuttavia, non vive solo di followers o like. Né può affidarsi solo ad una comunicazione fondata su sentimenti ed emozioni. Certo, può funzionare. Può funzionare anche per molto tempo. Ma prima o poi, la realtà presenta il conto. Perché credo, e voglio sperare, che la politica debba intercettare e comprendere i bisogni di donne e uomini e provare a dar loro delle risposte. È sicuramente importante, e oggi pare indispensabile, affidarsi a «comunicatori» esperti, che sappiano fare un uso sapiente di tutti i media, espandendo sino al limite estremo la sfera virtuale dei contatti, mobilitando continuamente anonimi click con finti sondaggi di opinione, costruiti per estorcere la risposta attesa. Ma prima o poi, le persone fisiche raschieranno la scorza superficiale dei bit per capire se dietro tutto quel fumo digitale c’è davvero anche solo un po’ di arrosto.

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