C’è un bagliore promettente nella lunga notte del teatro varesino ed è avvistabile nel possibile/probabile accordo definitivo tra la Fondazione Molina e il Comune di Varese per il recupero e la riqualificazione del Politeama di Piazza XX settembre, a suo tempo oggetto di una donazione alla storica casa di riposo di Viale Borri. Un’intesa maturata sotto traccia ma che appare oggi in una fase molto più avanzata di quanto dicano le due parti in causa. Il vecchio locale storico caro ai varesini, con un passato di lirica e di operette poi dedicato in esclusiva alla “settima arte”, dovrebbe diventare il teatro che alla città giardino manca dal 18 settembre 1953 quando venne abbattuto, senza ripensamento alcuno, l’ormai dismesso Teatro Sociale di Piazza Giovane Italia, al suo posto massicci quanto redditizi palazzi. Da allora Varese ha inseguito chimere teatrali di vario segno: dal concorso per una sede polifunzionale, assai costosa, alle spalle della Banca d’Italia a un progetto pure onerosissimo (incarico a Mario Botta poi declinato dall’architetto stesso) nell’ambito della costruzione del Centro commerciale le Corti; una vicenda politico immobiliare tra le più oscure della storia cittadina per i suoi pesanti risvolti giudiziari.
Nel frattempo affioravano altre ipotesi, più o meno fantasiose, compreso il rifacimento del pregevole Cinema Teatro Impero poi trasformato in multisala, infine l’approdo in piazza Repubblica. Sul terreno dell’ex Mercato coperto, colpevolmente sacrificato dalla classe dirigente del tempo, la costruzione dell’Apollonio, un prefabbricato di sgradevole aspetto che ha comunque svolto con dignità un ruolo di supplenza, sempre però in attesa di essere adeguatamente sostituito. Il classico manufatto provvisorio destinato, secondo italico costume, a trasformarsi in definitivo. Un rischio non ancora del tutto esorcizzato, ma che ha buone probabilità di esserlo se si andrà con coraggio sulla strada di una nuova nascita del Politeama, la terza dopo il rifacimento del 1946 e quello conseguente al rovinoso incendio del marzo 1966.
Già nel settembre 2015 in “Semi di città”, la riflessione urbanistica promossa dal Movimento civico Varese 2.0, si annotava che “il cinema può essere riconvertito senza costi eccessivi in un Auditorium in grado di ospitare concerti di grande richiamo, anche per orchestra e per formazioni di musica contemporanea in qualunque accezione”. Un dato di fatto e un’indicazione positiva. Tuttavia a Varese, città ad elevata sensibilità musicale, serve sì un auditorium ma anche e con maggiore urgenza un teatro di prosa degno di questo nome. Ne discende che l’attuale sala dovrà essere pienamente disponibile per entrambe le soluzioni. In passato le sale da concerto erano distinte da quelle per la prosa, oggi in effetti, grazie alla tecnologia, questa rigida separazione sembra superabile come è accaduto al Lac di Lugano. Quest’ultimo però è stato costruito ex novo, all’interno di un più vasto e nuovo complesso museale, quindi senza particolari vincoli strutturali preesistenti con cui fare i conti. L’ipotesi di progetto, a firma Michele De Lucchi, va in questa direzione. Propone una capienza di 887 posti, un palco polivalente, una torre scenica e il recupero alle esigenze della struttura teatrale di spazi commerciali adiacenti. Costo stimato della complessa riconversione: 12 milioni di euro, più o meno la metà di quanto costerebbe un nuovo teatro in piazza Repubblica in sostituzione dell’Apollonio.
Naturalmente il risorto Politeama potrebbe assolvere anche altre importanti funzioni ospitando proiezioni cinematografiche qualificate, conferenze pubbliche e private, spettacoli di danza e altro. Insomma è un percorso da intraprendere con convinzione per dare finalmente una risposta decorosa alla città, al netto dei tanti velleitarismi, cha hanno segnato l’interminabile quanto inconcludente telenovela del teatro cittadino. Sarebbe infine anche auspicabile che si pensasse seriamente al recupero del Cinema Vittoria, altra sala storica e altra scatola vuota a duecento metri dal Politeama. Potrebbe ospitare rassegne d’autore, festival di settore e diventare un luogo di cultura cinematografica complementare al teatro stesso. Varese ha di sicuro i numeri per rispondere positivamente a un’offerta di questo tipo. Lo dimostrano il successo trentennale di Filmstudio e delle sue iniziative collaterali. In città e nel suo hinterland esiste infatti una robusta minoranza di appassionati di cinema non disponibili all’omologazione culturale dilagante.
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