In concomitanza con le celebrazioni per i cinquecento anni della morte di Leonardo, il fotografo Antonio Bandirali ha dedicato all’evento la mostra – visitabile fino al 30 giugno nelle sale del Castello di Masnago – “ Leonardo; il cominciamento delle acque dalla Genesi a Dante”.
L’attenzione della fotopittura di Bandirali, architetto di radici cremasche, classe 1946, alla genialità del grande toscano, non è una novità.
In tempi non sospetti usciva nel 1997, per i tipi di Lativa, un’ interessante, raffinata e originale pubblicazione fotografica “Riflessioni sull’ acqua” che traeva spunto dagli studi di Leonardo relativi proprio all’ acqua. Dove le foto presentate volevano essere musica per gli “spartiti” dotti del ritrattista di Monna Lisa.
Si accompagnavano infatti gli scatti preziosi dell’ autore delle fotografie ai testi di Leonardo tratti dai diversi Codici (studiati dal legnanese Marinoni, come racconta in mostra Livio Ghiringhelli) rivelatori anche di quelle universalmente riconosciute doti di intuizione e genialità, competenza e conoscenza della tecnica e della idraulica attribuite al maestro vinciano.
La scelta di Giuseppe Redaelli e del padre Ernesto di pubblicare il ponderoso lavoro fotografico dedicato proprio a Leonardo fu un azzardo culturale, ma anche una brillante scommessa, confortata forse dai precedenti della casa editrice varesina: già segnalatasi, pochi lo sanno, nella persona di un omonimo avo, un altro Giuseppe, distintosi per aver salvato dal macero gli Annali del conte Monaldo Leopardi.
Tale azzardo trova oggi definitiva conferma della buona scelta nella sempre più premiante attualità degli studi e delle previsioni che, proprio partendo da quelle informazioni forniteci fin dal lontano Cinquecento, avrebbero dovuto allertare e insegnare qualcosa al mondo intero. Un mondo invece afflitto da malanni legati sì ai mutamenti climatici, ma soprattutto alla umana insipienza. La quale poco o nulla impara dalla storia e dai suoi saggi protagonisti; inseguendo piuttosto – se non addirittura goffamente ricalcando – velleitari esempi di leggerezza e vanagloria dei malati di protagonismo. Che spesso cercano d’ imporsi, più che per la parola saggia e lo studio di quanto propongono, per la eccentricità del linguaggio o delle vesti.
A spingere l’ opera di Bandirali fu anche il sostegno morale della rivista Tracce; quella edita e diretta dallo stesso Redaelli dal 1996 al 2001, un manipolo di volenterosi innamorati del loro territorio – chi scrive ha avuto la fortuna e il privilegio di farne parte – che vantava tra le teste pensanti la presenza di Costante Portatadino e Gianfranco Garancini, e che godeva della collaborazione preziosa esterna di Giuseppe Armocida, Luca Rinaldi, Paolo Cottini, Arturo Bortoluzzi, Mauro Luoni, Paola Viotto e di tanti altri, affiancati dal colto e prezioso impegno redazionale di Patrizia Albé. Compresero da subito la difficile, pur gravosa sfida di chi potremmo oggi definire accreditato fotografo di Leonardo, nonché del sommo poeta: perché, a ben vedere, il primo innamoramento di Bandirali era stato per Dante e la sua Divina Commedia. Aveva battuto giorno e notte le campagne, le strade e i corsi d’ acqua del varesotto ma anche del milanese e della Toscana e di tante altre terre con la sua macchina fotografica. Ne seguirono diversi libri; di cui tre illustranti proprio la Divina Commedia, sempre editi da Lativa.
Nei contorcimenti degli arbusti ingemmati di brine mattutine, tra il fittume invernale di alberi e sterpi, Bandirali aveva osservato, più che il fuoco, l’ infinito gelo dell’ Inferno. Nei salti d’ acqua e dei sassi gli insegnamenti di Leonardo sulla forza idraulica, negli inanellamenti motorii e insieme cromatici delle onde l’ osservazione attenta di uno scienziato ch’era anche, e prima di tutto, grande maestro di pittura. E nei cieli di Lombardia, cari al Manzoni, aveva inseguito le artistiche ispirazioni per quell’ inarrivabile paradiso dantesco suggerito al sommo poeta dall’ amore per Beatrice che del paradiso è guida.
Ritrovare nelle sale al piano nobile del castello di Masnago l’ opera artistica di Bandirali, attestata dalla presenza dei volumi di Lativa che ne hanno scandito per anni l’ intera produzione fotografica- a partire da quello dedicato alla Genesi- dà il senso di un intero cammino: che investe una vita di passione e ricerca fotografica e culturale a tutto tondo.
Ma dà anche il senso del gusto per la storia che si fa testimonianza di una missione realizzabile solo se vive il sentimento dell’ andare fino a toccare il limite del finisterrae: laddove si incrociano- con il passato umano – il presente e il futuro di chi viene e va.
Gianfranco Garancini, autore di un intervento in mostra, tra i relatori di un ampio e interessante convegno tenutosi in occasione della rassegna, ricorda una frase di Leonardo: “L’acqua che tocchi de’ fiumi ė l’ultima di quella che andò e la prima di quella che viene: così il tempo presente”. Fermare per un inarrestabile attimo” il tempo “ è “ il compito tremendo del fare storia’ scriveva già nella presentazione del volume del 1997.
Ecco perché anche le foto di Bandirali dedicate all’ acqua, siano impressioni en plein air, o racconti ispirati a un realismo davvero magico o astratte interpretazioni di autorevoli spartiti, sono l’ attimo fuggente di tremuli accenni di onde, di imperdibili colori sciolti l’uno nell’altro, di sospiri di vento e di nuvole, di sommovimenti di sabbie e di sassi, di salti e di ricami di acque trasparenti dove scorre la vita.
Che insegua il Poeta fiorentino o il genio vinciano il fotografo di Leonardo e Dante insegue insomma se stesso nel mondo che ci è dato: dove non c’è presente se non camminando verso il futuro, avendo ben fisse le radici di ciò che è stato prima di noi.
È per questo che Bandirali guarda ai due Sommi e alle loro nobili carte.
Nobili come i manoscritti di Leonardo – e le loro riproduzioni- provenienti anche dagli archivi di Francia e Inghilterra, in mostra nelle vetrine del museo di Masnago. Nei libretti visibili in bacheca sono gli appunti che Leonardo fissava sulla carta, mentre andava a cavallo nelle sue infinite perlustrazioni ; disegni di progetti, accompagnati da testi manoscritti da destra a sinistra, perché non fosse accessibile a chiunque la novità delle sue invenzioni.
I ladri di idee altrui erano già allora in agguato.Il digitale, che spesso spia e copia, non s’è inventato niente, neppure nel peggio
I taccuini di viaggio, peraltro, resistono al tempo.
Come le ottime immagini di chi sa osservare e conservare, in mostra a Masnago, che il critico Raffaele De Grada aveva giudicate ai più alti livelli dell’arte fotografica.
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