È una cosa strana questa del problema percepito e del problema reale. Ci si riferisce genericamente ai migranti provenienti per lo più dall’Africa, ai porti chiusi per ordine del ministro dell’Interno Salvini, alle navi delle ong dichiarate fuorilegge (i famosi “taxi del mare”, così detti in modo acritico e offensivo) e ai morti – non è soltanto una questione di numeri e di somme algebriche tra un anno e l’altro – che sarebbero diminuiti di qualche centinaio, ma che continuano a esserci, e che vengono considerati come sacchi di patate e non persone.
Non è un fatto che coinvolge solo l’attuale maggioranza di governo, e in ispecie i suoi rappresentanti leghisti o del Movimento Cinquestelle, ma anche le opposizioni. Al punto che, qualche anno fa, il ministro dell’Interno piddino, Marco Minniti, allarmò il colto e l’inclita parlando di “crisi democratica e di momento d’emergenza”. Così Minniti concordò con i libici l’apertura di campi (subito trasformatisi in lager – stando anche alle denunce dell’Onu) e fornendo i libici stessi (talvolta gli stessi ex scafisti pirati) di motovedette armate: bastava che i migranti non approdassero sulle coste italiane.
Agì bene Minniti? Sì, a sentire i suoi referenti a Palazzo Chigi, sempre del Pd. Sta di fatto che al momento elettorale egli non passò in modo diretto, in un collegio marchigiano, a vantaggio di un oscuro rappresentante del Movimento Cinquestelle. Come dire che gli elettori (almeno coloro che si recano alle urne) percepiscono solo quello che vogliono percepire. Non guardano i fatti ma si affidano alle sensazioni.
Ma si commetterebbe un errore attribuendo la “doverosa” necessità di restringere (forse di cancellare) le possibilità ai migranti, impedendo loro di accedere in Europa, solo a Matteo Salvini & C. Perché, un po’ dappertutto, in quest’Europa tuttora in cerca di identità, sballottata tra sovranisti e comunitaristi, il tema dei migranti si presenta come il più sensibile, o quanto meno – se affrontato con il pugno di ferro – il problema che più di ogni altro conferisce voti e consensi.
Ne sono un esempio il “duro” Migration-paket, varato di recente dal ministro dell’Interno tedesco Horst Seehofer, già leader dei Cristiano sociali, e la vittoria a sinistra in Danimarca – Paese tradizionanlemte impegnato nell’accoglienza – di Mette Frederiksen che ha spuntato le armi ai populisti, sgonfiatisi nelle recenti elezioni come neve al sole, con un programma di una severa politica antimigratoria. Sorvoliamo, al momento, sul costruttore di muri Donald Trump, il presidente Usa che vede i migranti che si affollano dal confine messicano come fumo negli occhi e come materia da estirpare.
Accade un po’ anche in Italia dove i partiti di centrosinistra (diciamo il Pd e chi vi si riferisce) stentano a delineare una chiara politica sulle migrazioni, che lasci pochi varchi alle strumentalizzazioni e alle confusioni. Non hanno torto coloro i quali affermano che sottraendo il problema migratorio alle risoluzioni salviniane, si sottrarrebbe alla Lega una buona ragione del suo successo. Invece la corsa a chi fa più il cattivo continua. Sembra quasi una fuga dalla ragione.
Sul fronte delle proposte concrete il nulla più il nulla. Nemmeno dalla “grande” Europa, prima e dopo il voto. L’attuale ministro dell’Interno, ufficialmente, sembra disdegnare gli incontri nei quali si dovrebbero ridiscutere vecchie e inadeguate regole (si veda, a mo’ di esempio, il trattato di Dublino, il “Dublino III”, almeno). Di proposte di aprire canali regolari di immigrazione (sottraendo così i richiedenti alla criminalizzata organizzata) men che meno. Sono proposte lasciate a papa Francesco, buonista, e perciò dai “percipienti” (suffragati dalle forze di governo”), capo dei cattocomunisti. Di dibattiti sulle indagini demografiche – nonostante le ricerche e le pubblicazioni di molti esperti – circa le necessità di lavoro e dei saldi entrate-uscite (ogni anno si calcola che lascino il Paese duecentomila giovani) – neanche parlarne.
E per quanto riguarda l’accoglienza e il diritto di asilo ai rifugiati (articolo 10 della Costituzione), silenzio. Il compito è o dovrebbe essere di chi assicura l’applicazione della legge. Di questa partita si dice poco ma è quella su cui, probabilmente, si giocherà la credibilità democratica degli italiani. Più o meno buonisti.
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