(S) Mi spiace farti notare che la tua conclusione all’apologia della scorsa settimana ‘Oportet ut scandala eveniant’ mi è sembrata affrettata.
(C) Vi chiedo scusa, ho ceduto anch’io alla tentazione di buttare lì gli scandali, trascurando di svolgere la parte costruttiva, forse anche per non appesantire troppo il pezzo, già lungo più del solito. Ma è stata una grazia, infatti pochi giorni dopo è arrivata la Pentecoste che mi ha portato in dono una risposta più interessante. Il primo aiuto mi è venuto dall’omelia del Papa, segnalatami con semplicità da una cara amica, in particolare dal suo inizio:
“Pentecoste arrivò, per i discepoli, dopo cinquanta giorni incerti. Da un lato Gesù era Risorto, pieni di gioia lo avevano visto e ascoltato, e avevano pure mangiato con Lui. Dall’altro lato, non avevano ancora superato dubbi e paure: stavano a porte chiuse (cfr Gv 20,19.26), con poche prospettive, incapaci di annunciare il Vivente. Poi arriva lo Spirito Santo e le preoccupazioni svaniscono: ora gli Apostoli non hanno timore nemmeno davanti a chi li arresta; prima preoccupati di salvarsi la vita, ora non hanno più paura di morire; prima rinchiusi nel Cenacolo, ora annunciano a tutte le genti. Fino all’Ascensione di Gesù attendevano un Regno di Dio per loro (cfr At 1,6), ora sono impazienti di raggiungere confini ignoti. Prima non avevano quasi mai parlato in pubblico e quando l’avevano fatto avevano spesso combinato guai, come Pietro rinnegando Gesù; ora parlano con parresia a tutti. La vicenda dei discepoli, che sembrava al capolinea, viene insomma rinnovata dalla giovinezza dello Spirito: quei giovani, che in preda all’incertezza si sentivano arrivati, sono stati trasformati da una gioia che li ha fatti rinascere. Lo Spirito Santo ha fatto questo. Lo Spirito non è, come potrebbe sembrare, una cosa astratta; è la Persona più concreta, più vicina, quella che ci cambia la vita. Come fa? Guardiamo agli Apostoli. Lo Spirito non ha reso loro le cose più facili, non ha fatto miracoli spettacolari, non ha tolto di mezzo problemi e oppositori, ma lo Spirito ha portato nelle vite dei discepoli un’armonia che mancava, la sua, perché Egli è armonia.”
Lo Spirito dona armonia ai discepoli. Era il concetto che cercavo, armonia tra pensiero e azione, armonia tra le persone impegnate nella vita quotidiana, nella famiglia come nel lavoro, nella vocazione del singolo come nella vita sociale e politica. Armonia come dono supremo, che viene dall’Alto e da un Altro. Armonia da ricevere, non uniformità da imporre, per questo motivo è utile che tutte le disarmonie, gli scandali, vengano alla luce.
(O) Qual è il metodo, la modalità concreta per affrontare lo scandalo e rendere il suo superamento efficace?
(C) Si rimane nella negatività dello scandalo se ci si ferma al moralismo. Ricordiamoci che tra i doni dello Spirito c’è la Sapienza. Non è una dottrina astratta o un bagaglio d’informazioni o un logica formale o una teoria coerente: è un rapporto intimo con una sorgente di verità, con l’acqua viva che toglie la sete di cui parla Gesù alla Samaritana.
(S) Questo concetto non è assolutamente accettato oggigiorno; sogni come e più di Onirio. Valgono solo due metodi, per altro opposti, quello della maggioranza, che giustifica qualunque artificio pur di ottenere la vittoria, quindi il successo diventa criterio di verità, e quello della scienza, che procede per approssimazioni successive, per tentativi ed errori, quindi dal basso.
(C) Proprio questo è il punto. Fin dal primo momento dopo aver ricevuto lo Spirito, i discepoli non hanno proposto una legge più perfetta e un adempimento più coerente, ma la certezza di un significato della vita nella sua interezza. Nel tempo questa certezza si è confrontata con la grande, ma incompiuta costruzione del pensiero greco e ne ha superato le contraddizioni e le insufficienze: già con Agostino si superano sia il dualismo manicheo sia lo scetticismo. Sono sicuro di poter dire che egli ha gettato il fondamento della cultura dell’Occidente, oggi diremmo della civiltà europea. Notate che questo avviene nel momento storico in cui, con le invasioni barbariche, sembra accadere il crollo della civiltà rappresentata dall’ordine civile e politico di Roma.
(O) Come non caddero nello scetticismo?, come poterono continuare a pensare che il mondo non fosse un caos di insensatezza e di violenza?
(C) Non venne meno la fede, la FIDES romana di cui parlavo in un’apologia di due mesi fa, elevata a fede in un Dio creatore, provvidente e misericordioso, che non avrebbe abbandonato il genere umana alla propria tendenza all’autodistruzione e l’intera creazione al caos.
(S) Proprio come oggi! Siamo di fronte alla possibilità di ritornare ad un caos incontrollabile, non solo sul piano della politica, italiana, europea, mondiale, ma proprio come abitabilità del pianeta. Nonostante ciò, il nostro amico Ronza ha scritto un libro per sostenere che il mondo non è CAOS ma COSMOS, cioè ARMONIA. Mi pare che andate contro ogni evidenza. Tu hai sostenuto che vedere il mondo come caos deriva da un difetto di conoscenza, come puoi sostenere questa affermazione di fronte agli enormi progressi della scienza, che ci ha svelato i segreti dell’infinitamente grande, le galassie più lontane e dell’infinitamente piccolo, le particelle elementari?
(C) Grazie, mi hai portato al punto decisivo. Vi propongo la conclusione di un’opera divulgativa, però composta da uno scienziato, Carlo Rovelli, che va per la maggiore come maestro del pensiero laico. “Quando parliamo del Big Bang o della struttura dello spazio, quello che stiamo facendo non è la continuazione dei racconti liberi e fantastici che gli uomini si sono narrati attorno al fuoco nelle sere di centinaia di millenni. È la continuazione di qualcos’altro: dello sguardo di quegli stessi uomini, alle prime luci dell’alba, che cerca fra la polvere della savana le tracce di un’antilope – scrutare i dettagli della realtà per dedurne quello che non vediamo direttamente, m di cui possiamo seguire le tracce. Nella consapevolezza che possiamo sempre sbagliarci, e quindi pronti ogni istante a cambiare idea se appare una nuova traccia, ma sapendo anche che se siamo bravi capiremo giusto, e troveremo. Questo è la scienza. La confusione fra queste due diverse attività umane, inventare racconti e seguire tracce per trovare qualcosa, è l’origine dell’incomprensione e della diffidenza per la scienza di una parte della cultura contemporanea. La separazione è sottile: l’antilope cacciata all’alba non è lontana dal dio antilope dei racconti della sera. Il confine è labile. I miti si nutrono di scienza e la scienza si nutre di miti. Ma il valore conoscitivo del sapere resta. Se troviamo l’antilope possiamo mangiare. Il nostro sapere riflette quindi il mondo. Lo fa più o meno bene, ma rispecchia il mondo che abitiamo.” (Sette brevi lezioni di fisica, Adelphi, pagg. 74/75)
(S) Oltre la scienza non ci sono che racconti inventati?
(O) Ma mi pare riduttiva anche la concezione di scienza. Per i più grandi scienziati è soprattutto il tentativo di scoprire le ragioni costitutive dell’universo, non soltanto seguire le tracce di qualcosa per uno scopo utilitaristico.
(C) Badate che il nostro autore conosce bene i limiti della scienza. In un’altra pagina scrive: “Uno studente universitario che assista alle lezioni di relatività generale il mattino e a quelle di meccanica quantistica il pomeriggio non può che concludere che i professori sono citrulli, o hanno dimenticato di parlarsi da un secolo: gli stanno insegnando due immagini del mondo in completa contraddizione. La mattina, il mondo è uno spazio curvo dove tutto è continuo; il pomeriggio, il mondo è uno spazio piatto dove saltano quanti di energia. Il paradosso è che entrambe le teorie funzionano terribilmente bene”(ivi, pagg.57/48).
(S) Anche le chiacchiere intorno al fuoco, che oggi possono essere quelle del bar, quelle di ‘Porta a porta’ o degli innumerevoli altri talk show pseudopolitici, quelle di Twitter e di Facebook, possono funzionare bene, talvolta magnificamente, chiedere a Di Maio prima, a Salvini poi; ma in questo ha ragione Rovelli, non sono durature, non sono in grado di costruire una teoria coerente. La stessa obiezione mette alla prova il Cristianesimo. In che senso i racconti della Bibbia o la dottrina cristiana attuale, teologica o sociale, dovrebbero essere presi sul serio? Solo se funzionano? Oggi il messaggio cristiano sembra non funzionare più tanto bene, se guardiamo alle pratiche religiose, ancor meno ai comportamenti morali singoli, quasi niente rispetto a quelli politici e sociali. Dunque?
(O) C’è una ricerca che non riguarda cose utili alla vita materiale, che può avvenire anche intorno al fuoco di bivacco dei cacciatori di antilopi, e riguardare perché la siccità (o il dio antilope?) ha fatto fuggire le antilopi altrove. Simili domande sono legittime, anche Rovelli, altrove, lo riconosce, anche se chiama ‘Natura’ la possibile risposta. Tommaso d’Aquino, invece, definisce la conoscenza vera: “Adaequatio rei et intellectus ”, corrispondenza paritaria tra la realtà e il soggetto che la conosce. Vero è non ciò che ‘funziona’, producendo l’effetto desiderato dal ricercatore, ma più profondamente solo ciò che rivela la reciproca integrale appartenenza della realtà e del soggetto.
(C) Mi pare corrisponda bene al concetto di Armonia evocato da Papa Francesco come natura dello Spirito Santo e suo dono principale all’umanità, attraverso la Chiesa. Forse in questo modo abbiamo rimediato alla critica di Sebastiano alla mia conclusione della volta scorsa, mostrando come il venire alla luce dello scandalo muova anche un esigenza di cambiamento morale, ma primariamente di comprensione integrale della realtà. Lo scandalo non è il male in sé, ma il fatto che sia compiuto all’interno di una circostanza positiva, da parte di chi aveva la possibilità di compiere il bene. È il cedimento ad un particolare, che rompe l’armonia del tutto, è quindi un errore della conoscenza, prima che della volontà. Non mi resta che aggiungere quanto mi appaia sempre più importante il compito magisteriale nella e della Chiesa, non come riproposizione di dottrine formali, ma come aiuto a fare esperienza di quell’Armonia, che rende ragione di tutte le domande che ciascuno, inevitabilmente, si pone.
(S) Sebastiano Conformi (C) Costante (O) Onirio Desti
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