C’è una schiarita nel cielo plumbeo di Apl (Autostrada Pedemontana lombarda). Un piccolo raggio di sole esce timido dalle pieghe del bilancio 2018 appena approvato: 846 milioni di profitti contro i 7, 4 milioni di perdite registrati nel 2017.Sono il frutto di costi limati all’osso, di una crescita dei ricavi da pedaggi e di un aumento complessivo del traffico. Una notizia positiva che ha spinto il presidente della società Andrea Mentasti, varesino, manager di lungo corso in campo privato e pubblico, saldamente in quota Lega, a dichiarare ai media che “ora la sfida è di far ripartire l’opera in tempi brevi”, ovvero riaprire i cantieri completando un’autostrada che dovrebbe collegare senza soluzione di continuità Varese a Bergamo spostando flussi di traffico dalla congestionata viabilità milanese e non solo in direzione est.
Bloccata negli anni scorsi per ragioni finanziarie ha rischiato il fallimento e ora è finita con la Tav e la Tap nel mirino del Movimento 5stelle contrario, come è noto, al completamento delle grandi opere pubbliche. Al punto che nel settembre scorso il ministro delle infrastrutture, l’ineffabile Toninelli, in audizione alla Camera ha dichiarato che il governo “bipolare” Lega – 5stelle non avrebbe messo un solo euro su tali opere. Men che meno – ha precisato – sulla costruzione del secondo lotto delle tangenziali di Como e Varese. Giova infatti ricordare, se per caso qualcuno se lo fosse dimenticato, che del sistema viabilistico pedemontano, progettato a suo tempo, fanno parte, per un totale di 20 chilometri, anche le tangenziali dei due capoluoghi dei laghi. Sommati ai 67 autostradali e ai settanta di viabilità locale da riqualificare fanno 157 chilometri di cui poche limitate frazioni sono oggi in esercizio.
Una di queste è il primo lotto della tangenziale di Varese: dall’autostrada A8 (Gazzada Schianno) al Ponte di Vedano. Un tratto – 4, 5 chilometri- subito sommerso da polemiche e manifestazioni contro i pedaggi obiettivamente esosi e per giunta anche di complicato pagamento. Insomma un amore mai sbocciato con gli automobilisti varesini, come hanno sin qui dimostrato i numeri del traffico veicolare solo oggi in leggera ripresa (+ 2%) rispetto alle più confortanti cifre comasche (+ 13%) rispetto al 2017. La ragione di questa profonda differenza è sotto gli occhi di tutti: si può può benissimo fare a meno della nuova arteria utilizzando la vecchia provinciale SP57 che corre parallela alla nuova tangenziale. Ci si impiega qualche minuto in più, ma si risparmiano da 1 a 2 euro e si sbuca come l’utente pagatore alla maxi rotatoria del Ponte di Vedano. Una situazione che potrebbe mutare a beneficio della tangenziale e dei suoi bilanci unicamente se venisse costruito il secondo lotto previsto dal progetto iniziale tra la Folla di Malnate e il Valico del Gaggiolo, 6 chilometri in tutto.
Un’operazione complessa, costosa, delicata al di là della sua brevità. Implica infatti l’aggiramento, previsto in galleria, di Malnate in zona Folla e il superamento della Statale Briantea. Con due vantaggi non da poco: 1.agevolare il traffico pesante da e per la Svizzera oggi costretto ai tortuosi tornanti che salgono verso Cantello 2.liberare finalmente Malnate da un traffico insostenibile. Alla luce delle difficoltà di bilancio e di quelle ambientali il progetto potrebbe essere rivisto puntando sulla riqualificazione della Provinciale numero 3 nel segmento che dalla prima rotonda di Cantello va al confine di Stato. Ed è proprio qui che oggi si incontra una grande difficoltà da superare. Quando venne costruita la bretella Mendrisio -Stabio di collegamento all’autostrada svizzera A2 ne era stato previsto, in una fase successiva, il prolungamento fino al Gaggiolo con la creazione di una nuova dogana. Obiettivo: liberare la vecchia cantonale e Stabio dal traffico pesante diretto in Italia. Pochi anni dopo però prese sempre più piede l’idea del collegamento ferroviario Arcisate-Stabio, poi realizzato tra mille difficoltà sul versante italico. La cittadina di confine di fronte a due infrastrutture con un forte impatto sul suo territorio scelse, con un referendum popolare, di dire no al nuovo raccordo stradale e si a quello ferroviario.
Un’opzione “verde” poi contraddetta dall’aver agevolato, per ragioni fiscali, l’insediamento di un Punto franco e di numerosissime aziende – moltissime italiane – che hanno creato, come era prevedibile, grandi volumi di traffico pesante. Traffico che giornalmente si somma a quello dei frontalieri, a quello turistico e di vicinato posto che i supermercati di Gaggiolo sono convenienti per i ticinesi di confine. Risultato: i tempi di percorrenza nei due sensi del breve tratto da Gaggiolo all’imbocco della Stabio – Mendrisio si sono dilatati e l’inquinamento anche. Insomma se la costruzione del lotto 2 della tangenziale di Varese dovesse riprendere quota, all’interno del rilancio degli investimenti pedemontani, anche le autorità svizzere, sarebbero indotte, nell’ambito di un’equilibrata collaborazione transfrontaliera, a rivedere le scelte fatte a suo tempo. Completando fino al confine la menzionata bretella si collegherebbe di fatto la A2 svizzera con la A8 dei laghi alleggerendo da un lato la dogana di Chiasso e l’intera A9 Como -Milano; dall’altro si indirizzerebbe sulla A21, più nota come “Nicolazzi”, buona parte del traffico da Nord diretto in Piemonte, ai Porti di Genova – Savona e in Francia.
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