Nel 1959 fu assegnato postumo il premio Strega a Giuseppe Tomasi di Lampedusa. Del romanzo Il Gattopardo furono vendute oltre centomila copie: primo best-seller italiano. Lo scrittore, morto già da due anni, aveva partecipato alla prima guerra mondiale e si era ritirato, dopo aver lasciato nel 1925 l’esercito, a vita privata, perché insofferente, diciamo più correttamente, avverso al fascismo.
Dopo sessant’anni, a maggio, il Premio Strega Europeo, premio istituito soltanto dal 2014, è stato assegnato a David Diop. Lo scrittore al suo secondo romanzo, nato a Parigi ma di origini senegalesi, ha ambientato il romanzo “Fratelli d’anima” durante la prima guerra mondiale.
Lungi dal costruire inopportune relazioni tra il premio Strega del 1959 e quest’ultimo e tra il rifiuto al fascismo di Tomasi di Lampedusa e il clima politico attuale, ci limitiamo a esplorare il romanzo.
Esso è stato definito da molti un libro di una potenza straziante perché – sempre secondo giudizi critici –interroga sull’illusoria legittimità della violenza. Certamente è un romanzo sulla guerra del ’15-’18 e su fatti meno noti ma è, soprattutto, una lunga metafora sulla ferocia, fisica e morale, sulle assurdità provocate da quel naufragio della civiltà che fu la guerra.
La storia raccontata ci porta nelle trincee francesi dove spiccano fucilieri senegalesi, più coraggiosi dei coraggiosi, così definiti dal capitano francese. Loro, chiamati i cioccolatini dell’Africa nera, venivano considerati il vero orgoglio della Francia. Contraddizioni laceranti che ci fanno precipitare nell’abisso dell’ animo umano. Lo scrittore, che con questo romanzo ha vinto anche un prestigioso premio in Francia, riesce a descrivere con una mirabile forza tutto l’orrore della guerra: corpi infangati, dilaniati, mutilati, sventrati selvaggiamente.
Ma David Diop va oltre, perché facendo narrare in prima persona il protagonista, giovane senegalese che ha assistito alla morte di un suo amico in battaglia, fa emergere la lucida follia che ne devasta l’animo. E noi lettori veniamo coivolti, senza arrivare a una liberazione catartica. Le riflessioni che accompagnano i ricordi del protagonista sono schegge che ci feriscono ancora più della brutalità fisica.
A mo’ di esempio ne ricordiamo una. Afferma il giovane, che dichiara di essere un lottatore e di non aver paura dell’ignoto: L’essere umano per ciò che succede cerca sempre delle responsabilità assurde. Non è difficile attualizzare questo atteggiamento.
Proprio per questo è un romanzo da leggere e da interpretare, perché non parla soltanto dei massacri della Prima guerra mondiale ma obbliga a interrogarci.
Valide sono le parole dette a David Diop al momento della consegna del premio. Mai come quest’anno – ha affermato un giurato – l’ Europa è al centro del dibattito pubblico e della lotta politica. Non si discute, invece, abbastanza dello spazio culturale europeo. Noi non dobbiamo rinunciare a questa riflessione, partendo da un romanzo che forse non diventerà un best-seller ma che arricchisce la nostra cultura, forse anche quella politica.
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