Tra le tante motivazioni che spingono a scegliere la meta delle vacanze, quella di ripercorrere le tappe di un evento storico è inusuale, soprattutto se l’evento è la Campagna di Russia del 1942. Nessuna agenzia per dieci turisti “fai da te” che si sono preparati con cura meticolosa a un simile viaggio.
L’idea è nata un paio di anni fa quando Luca si è recato nell’ex Unione Sovietica per lavoro e si è ricordato dei racconti uditi in Italia dai reduci della ritirata di Russia e delle letture di pagine di Rigoni Stern, Bedeschi, Cenci, dell’impegno, sempre presente nella sua mente, da parte degli Alpini nel creare un asilo per bimbi a Rossoch. E così ha deciso: un primo viaggio nel 2008, una prova, e poi un secondo l’estate scorsa, con altri nove amici desiderosi di vivere la stessa esperienza.
Per lui il viaggio è stato indimenticabile e ha deciso di raccontare quello che ha visto e vissuto “per non dimenticare la Storia” che è stata la molla che lo ha spinto a percorrere quattromila chilometri, su e giù, seguendo i percorsi che già furono dell’ARMIR; ha deciso di fare partecipi tutti perché “non tutti si possono permettere un viaggio che ripercorre le tappe e i trasferimenti in tradotta con le stesse modalità: ci vuole il fisico (e lo spirito) e la capacità di adattarsi a condizioni mai comode” , come hanno fatto i nostri dieci alpini di età, provenienza, esperienze, idee diverse, uniti dall’unico obiettivo di visitare i luoghi teatro della campagna di Russia del ’42-’43. Ed eccolo pronto a organizzare una serata “Don 2011” in cui proporre il resoconto del viaggio mescolato alle riflessioni sui fatti storici, all’immagine positiva della solidarietà e della collaborazione alpina, testimoniata a Rossoch.
“Don 2011” ha la voce di Luca, l’alpino ingegnere che lavora sulla rete e in rete ha organizzato il viaggio, su google maps, fuori dalle rotte ufficiali, nella realtà quotidiana degli abitanti di un Paese che nel passato “hanno deciso” che ci era “nemico”.
“Siamo partiti il 2 luglio in aereo, l’unico trasferimento comodo, verso Kiev, la capitale dell’Ucraina: una breve tappa turistica, poi in treno per oltre ventiquattro ore nelle “kupe”, di nome e di fatto, le spartane cuccette dei convogli ex sovietici, mescolati ai viaggiatori locali, russi e ucraini; il paesaggio è la pianura piatta uniforme: per rompere la monotonia delle ore lunghissime solo la lettura di Bedeschi, Rigoni Stern, Cenci che hanno narrato le vicende belliche vissute in prima persona. Sino a Rossoch la località in cui, durante la guerra, era stanziato il comando delle truppe italiane in Russia e che nel 1992 è diventata oggetto di un grande atto di solidarietà alpina, la “Operazione sorriso” un progetto consistente nel ristrutturare l’edificio sede del Comando del Corpo d’Armata Alpino, trasformandolo in un asilo, perché il luogo in cui cinquant’anni prima echeggiavano ordini di morte, riecheggiasse delle grida gioiose dei bambini simbolo della vita. Nonostante la guerra, il rapporto tra la popolazione locale e gli italiani è improntato al rispetto e alla stima reciproca; molti parlano italiano come il professor Morozov, attento curatore del Museo annesso all’asilo e disponibilissima guida storica: la nostra lingua viene insegnata nella scuola attiva presso l’asilo “Sorriso”, moderno ed accogliente, diverso dagli edifici adiacenti, vecchi e fatiscenti.
Poi si prosegue lungo il corso del fiume Don, immenso nelle sue anse: tra la steppa sono disseminate le tracce della presenza italiana: appaiono i monumenti ai caduti italiani, a Garbusowo e ai caduti russi nei pressi di Novo Kalitwa, dove i battaglioni della Divisione Julia si immolarono per consentire agli altri reparti la ritirata.
Per i dieci alpini l’emozione più grande è stata la visita a Nikolajewka: solo una piccola lapide solitaria tra i campi che furono teatro di scontri tremendi ricorda i nostri soldati, il sottopassaggio della ferrovia immortalato ne “Il sergente nella neve”, l’incisione su una targa posta alla stazione della frazione di Palatovka a memoria della battaglia del 26 gennaio 1943, la medaglietta del Battaglione Vicenza, ritrovata dal capostazione con il metaldetector… tutto ricorda i nostri soldati.
In silenzio e raccoglimento, compattamente, il gruppo ha ricordato il sacrificio di tanti caduti per la follia della guerra e ha dato un senso al viaggio: “Un brivido ci ha attanagliati quando Antonio, il capogruppo, dopo l’attenti, ha letto la preghiera dell’alpino, e un’armonica ha suonato le note del “Signore delle Cime”: sono state emozioni così intense da far passare in secondo piano lo splendore del Cremlino e la maestosità della Piazza Rossa che abbiamo visitato sulla via del ritorno”.
“Don 2011: un viaggio, una storia”
Teatro Santuccio, via Sacco, Varese
Sabato 31 marzo ore 21
Ingresso gratuito
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