Karl Otto Apel (Düsseldorf 1922- Niederhausen 2017), filosofo tedesco, dopo la seconda guerra mondiale, in cui ha militato, si iscrive all’Università di Bonn e consegue il dottorato nel 1949. Nel 1962 è docente a Kiel, dal 1969 al 1972 a Saarbrücken, quindi a Francoforte. Emerito dal 1990.
Ha compiuto studi sulla storia del linguaggio nella cultura europea (Il linguaggio in Nicola Cusano, 1955; L’idea di linguaggio nella tradizione dell’Umanesimo da Dante a Vico, 1963). Le sue ricerche teoriche si concentrano altresì sul problema della comunicazione (La controversia in spiegazione e comprensione, 1979). Si interessa alla trasformazione semiotica del kantismo a partire da Peirce, Heidegger, dal secondo Wittgenstein. L’a-priori kantiano, onde deriva la possibilità della conoscenza e l’universalità della scienza, non è per lui una struttura profonda della ragione, bensì il linguaggio, che non è soltanto l’insieme delle lingue storicamente date: può funzionare perché è retto a sua volta da un a priori, che è l’a-priori della “comunità illimitata della comunicazione”.
Nessuno può usare un linguaggio e fare esperienze, se non rispondendo idealmente all’osservanza delle regole del linguaggio davanti alla comunità di parlanti. La comunità illimitata della comunicazione funziona anche come principio dell’etica. Non si può non presupporre la possibilità di comunicare con tutti, mentre si constata di fatto che tale comunicazione è spesso impedita da molteplici fattori (sociali, economici, psicologici, di pregiudizio ecc.).
L’eliminazione di questi ostacoli è un compito etico (critica dell’ideologia – Scuola di Francoforte e psicanalisi). C’è in lui una sintesi tra la filosofia analitica anglosassone e l’esistenzialismo europeo continentale.
Una normatività morale è insita nello stesso uso del linguaggio attraverso regole come quelle della giustizia, della solidarietà, della corresponsabilità, per edificare un reale orizzonte di sensi. L’ermeneutica deve essere integrata con un modello di analisi individuale e sociale rinvenuto nella teoria del gioco linguistico con relativa nozione di regola (Comunità e comunicazione, TO 1977). La collocazione della ricerca ermeneutica avviene all’interno di un ambito di articolazione piena della razionalità governato dall’ideale illuministico dell’emancipazione sociale, politica, morale.
Si propone un paradigma comunicativo che consenta di individuare i criteri universali-razionali, mediante cui si rapportano i soggetti comunicanti e si delineano le relazioni interpretative tra testo e lettori. È propria dell’età moderna la crisi dei valori culturali incarnati nella tradizione. Apel svolge una critica di tutte le distorsioni ideologiche che deformano i testi.
Nelle prime due opere citate Apel ci presenta una problematica del linguaggio analizzato sia nella sua funzione comunicativa, sia in quella costitutiva della realtà, in quanto struttura di pensiero, che ordine l’esperienza e le conferisce significato.
Nell’opera del 1979 Apel riconducendo al linguaggio l’a-priori kantiano dimostra come attraverso le categorie linguistiche l’esperienza venga organizzata e assuma valenza. La comunicazione poggia su una comune concezione del mondo.
Rispetto alla storicizzazione recupera la funzione universale. L’universalità è garantita dalla ragione come forma comune del discorso. Questo nel superamento delle limitazioni e dei condizionamenti di origine soprattutto sociale, che precludono l’accesso ai singoli individui.
Apel rivolge la sua ricerca e studio sistematico di una fondazione ultima contro le tesi fondamentali di Popper (falsificazionismo), perché si avrebbe un regressus ad o in infinitum.
In ogni discorso sono presupposte evidenze innegabili. A fianco di enunciati scientifici falsificabili non possono esserci enunciati volti a negare il fondamento del discorso, ma solo enunciati trascendentali, non confutabili empiricamente, ma sostenibili filosoficamente.
Va stabilito un limite a ciò che è falsificabile. Perciò Apel individua nella semiotica e nello studio del linguaggio un terreno comune di indagine, su cui costruire una nuova filosofia di ambizioni kantiane.
La semiotica è il nuovo orizzonte in cui il patrimonio comune storico-sociale sostituisce e concretizza il ruolo attribuito a Kant dallo stereotipato “io penso”.
Da Peirce Apel prende in considerazione il concetto di soggetto, in quanto interprete dei segni (soggetto ideale, riferimento normativo e matrice delle interpretazioni dei singoli soggetti reali o della comunità storica).
La dinamica tra comunità storica e comunità ideale è di carattere dialettico. Il campo di indagine delle condizioni universali della comunicazione pragmatica esige criteri di comprensibilità, verità, veridicità, giustizia normativa (le quattro pretese di validità fondamentali di Habermas).
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