Afflusso soddisfacente di visitatori alla mostra dedicata a Guttuso e allestita a villa Mirabello. Chi per la prima volta ha potuto vedere un complesso di opere dell’artista siciliano, nostro celebrato e pure amato concittadino, se non aveva avuto in precedenza più frequentazioni o contatti con la pittura contemporanea può avere avuto qualche problema. O forse non più di tanto se, come hanno fatto migliaia di varesini, era già andato alla terza cappella della via che porta al santuario dedicato alla Madonna per vedere e capire, in chiave… africana, la Fuga in Egitto della Sacra Famiglia reinterpretata da Guttuso.
Non so se qualche scuola, in particolare i licei, abbia già programmato per la ripresa autunnale la visita alla mostra, ma se si dovesse cogliere l’occasione di questo incontro con Guttuso sarebbe opportuna una breve specifica preparazione per una migliore conoscenza di un artista che ha esplorato aspetti comuni, semplici, ma di valore sociale significativo, della vita e dell’attività di gente semplice, mettendo così in pensione la secolare arte del pennello al servizio dei ricchi e dei potenti.
Guttuso da noi l’ha fatto come rispettoso servizio anche alla storia, non solo alla religione, come gli aveva chiesto monsignor Macchi: la sua realistica rilettura della Fuga in Egitto lo testimonia chiaramente. Per di più fu un evento rivoluzionario che interessò anche artisti, critici e cultori d’arte di mezza Europa.
L’evento offrì l’occasione per alcuni raid di Piero Chiara che si divertiva a creare impossibili maldicenze, per esempio ai danni di don Pasquale, altro grandissimo della storia varesina e al quale si deve il ritorno allo splendore del complesso della Madonna del Monte, Via Sacra compresa.
Chiara non era un assiduo frequentatore delle riunioni rotariane al Golf Club di Luvinate, ma quando si presentava, al termine dell’incontro si accomodava sulla poltrona del salotto e ai numerosi intimi confidava le sue gustose impossibili “verità”. Per esempio garantiva, facendo esercizio di celia, che la serie di furti e danneggiamenti alle cappelle avevano come regista lo stesso don Pasquale che voleva fare pressione sui varesini per raggranellare più soldi!
Piero Chiara aveva nel mirino, a loro insaputa, anche le belle famiglie Bortoluzzi e l’architetto Ovidio Cazzola, pilastri di Italia Nostra: “Se ci fossero stati ai tempi, a padre Aguggiari per amore del verde avrebbero impedito la costruzione della via per arrivare alla Madonna”.
È utile ricordare che stimava tutte queste persone, ma Piero era fatto così e poi gli piaceva coinvolgere nella narrazione delle sue favole personaggi strepitosi per dare più forza alle invenzioni.
Non sono per le lodi del tempo passato, ma alcune persone mi mancano come credo manchino alla nostra città. Ma a guardare bene anche noi oggi abbiamo responsabilità: ritardiamo infatti a rivedere e limare o aggiornare le nostre convinzioni sociali e politiche, insomma non ci sforziamo di contribuire alla creazione di una coscienza e di una cultura nuove e non necessariamente rivoluzionarie. Per esempio il cattolicesimo, fondato sull’amore e il rispetto, a me si presenta come la più alta e nobile espressione di “comunismo”.
Il voto recente, che è stato negativo per ambienti ecclesiastici e della magistratura, ci può fare riflettere. E come sarebbe utile e divertente ascoltare in proposito Piero Chiara. Felici anni or sono parlando dal divano del Golf Club, cominciò così, la sua attesa spassosa requisitoria: “Corrono tempi orribili. E noi ghe vemm adrée..-”.
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