Sono appena tornato a casa e vado dritto in cucina, dove la Lui è tutta un profumo con quello del peposo, che da tre ore sobbolle sul gas.
– Com’ è? – le faccio.
– Mah, speriamo… l’ altra volta la carne era un po’ fibrosetta.
– Quando si mangia?
– Ci vogliono ancora almeno due ore.
Il peposo, oltre che uno stracotto da leccarsi, è un esercizio di pazienza.
– Non prendo più la “C”! – le annuncio.
– Com’ è, vuoi andare a Varese a piedi o in macchina? Non passa in orario?
– È puntuale come un orologio, ma sai cosa mi è successo?
Aspetto che mi dica “no”, e invece, chinandosi, è tutta intenta a regolare la fiamma sotto il peposo. E allora io continuo:
– Quando prendo la “C”, mi piace sedermi proprio davanti, dove c’è il guidatore e guardare fuori. Mi diverte stare al finestrone, come i bambini. Prima di Robarello, quel posto è quasi sempre libero. Stamattina, alla fermata del Kolbe, sale un’anziana che arranca col bastone. Le cedo il posto e vado più indietro, in piedi. Sono di fianco a una signora sui quaranta che mi fa: “Vuol sedere?” Strabuzzo gli occhi e le dico: “Ma si figuri!” Hai capito, Lui? Voleva cedermi il posto! Ma come ha fatto ad accorgersi del mio problemino all’anca? Non si vede niente, non zoppico nemmeno un po’!
La Lui, dopo due o tre inchini davanti al gas, con la mano sulla manopola, si rialza finalmente soddisfatta dell’intensità della fiamma e mi fa:
– Non era mica per l’anca.
– Ah no? E per che cosa? – dico io.
– Era per te.
– Come per me?!
– Tu, il vecchietto! Hi hi hi! – e ride che sembra un colpo di tosse.
– Quanto manca? – taglio corto senza darle retta.
– Te l’ho detto, almeno due ore – mi risponde lei alzando il coperchio per aggiungere il quarto bicchiere di vino rosso al peposo.
– Vado di là a leggere! – le annuncio.
– Vai, vai, c’è tempo!
Ci provo, ma non ci riesco; e dopo un quarto d’ora torno in cucina.
– Sai cosa ti dico? Che forse hai ragione. Se va bene, ma proprio bene bene, a metterla giù piatta sono già i sette ottavi.
– Di che cosa?
– Della vita.
– Sei sempre stato allegro, oltre che una bestia in aritmetica!
– Sì, una vera bestia, una bestia leggendaria in aritmetica, matematica, fisica e scienze in generale: ma fino a lì ci arrivo! Diciamo ottanta? Bene, sono già quasi i sette ottavi… mica pochi davvero… a meno che… A meno che non sia proprio la scienza a farci vivere per sempre. La Lui mi guarda e sbotta:
– Ti ho detto che ci vogliono ancora almeno due ore per mangiare: se sragioni per una crisi di fame, prendi un grissino!
– Zitta e buona: l’ho letto su un libro serio. È uno scienziato, un fisico americano, Topler, Tipler, non mi ricordo, che lo dice chiaro: tutto un uomo, un uomo intero, con tutta la sua esperienza, i suoi sentimenti e le sue malattie, i suoi piatti preferiti e le sue speranze, le sue nuotate e i suoi desideri; tutta la sua vita, insomma, può essere tradotta in bit. Adesso non c’ è ancora un computer capace di tanto, ma ci sarà, state sicuri. E allora, dice Tipler, Topler, quando si arriverà alla fine, basterà pigiare un tasto e voilà: tutta la tua vita, ma proprio tutta tutta, con anima e ciccia tradotti in bit, torna a rivivere. Una vita virtuale, nel computerone, ma una vita vera, cosciente di sé. Geniale, no?
– E chi lo pigia? – mi domanda la Lui.
– Chi pigia cosa? – le rimando io.
– Mi domando chi pigia il tasto – insiste la Lui. – Se lo pigi tu, vuol dire che non sei morto, questo è chiaro. E se non sei morto vuol dire che, quando pigi il tasto, quello che rivive nel computer sei tu fino a quel momento, ma non sei tu dopo morto: ti manca un pezzetto, sia pure di pochi minuti o di pochi secondi, quel pezzetto che va dal tasto alla tua vera morte. Quello che rivive, insomma, non sei tu al completo… e sai cosa possono significare anche pochi secondi!
– Vuol dire che il tasto lo pigerà qualcun altro – dico io un po’ interdetto.
– E chi? – mi domanda lei.
– Ma non lo so, qualcun altro… qualcuno a cui ho dato l’incarico!
– E tu ti fidi? E se poi cambia idea? E se poi dimostra che di te non gli importa niente? E se poi si dimentica?
– Qualcuno che mi vuol bene… che non si dimentichi di me.
– Ah, ecco… – conclude la Lui con un piccolo sospiro. E aggiunge il quinto e ultimo bicchiere di vino rosso nel peposo.
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