Brutta vicenda, la sospensione dalla scuola della professoressa di italiano Dell’Aria di Palermo.
La cronaca è nota e ha lungamente occupato le pagine dei giornali e dei siti sindacali e pertanto ci possiamo ritenere tutti ben informati sulla questione.
La spiacevole sensazione di assistere a una palese ingiustizia è stata in qualche modo attenuata nei giorni seguenti dalle numerose iniziative di sostegno e di solidarietà tra cui una raccolta di firme.
Però alcuni aspetti di questo caso mi hanno procurato qualche perplessità.
Per esempio l’intervento della Digos.
La sua presenza all’interno di un’istituzione come la scuola non è un fatto usuale, neppure quando si verificano atti vandalici, neppure in occasione di alcune occupazioni studentesche durante le quali viene impedito l’accesso a scuola a docenti e dirigenti.
Il più delle volte la polizia evita di intervenire, persino in presenza di aggressioni.
Del tutto inedito è quindi il ruolo della Polizia in un’istituzione scolastica al fine, così si dice, di analizzare il materiale didattico prodotto da alcuni studenti.
È legittimo chiedersi se la Questura abbia agito per propria decisione o se si sia mossa su incarico del Viminale poiché la Sezione Antiterrorismo si occupa di attività investigative finalizzate al contrasto dei reati di terrorismo e di eversione dell’ordine democratico.
Nel caso del lavoro di un gruppo di studenti dell’Istituto Vittorio Emanuele III di Palermo non è chiaro l’oggetto dell’accertamento.
Il video di un gruppo di 15enni può forse costituire una minaccia eversiva o creare una situazione di disordine pubblico?
La Questura di Palermo ha reso noto che “al fine di riscontrare la veridicità di quanto riportato dalla stampa, due agenti della Digos di Palermo si sono recati presso l’Istituto e si sono limitati ad ascoltare esclusivamente la dirigenza scolastica”.
Il dirigente scolastico ha taciuto il fatto e non ha ritenuto di avvertire la docente “inquisita” che era in corso un’indagine a suo carico, cosicché il decreto di sospensione dall’insegnamento, qualche settimana dopo, è piombato sulla professoressa come un fulmine a ciel sereno.
Il provvedimento, firmato dal dirigente dall’Ufficio Scolastico Provinciale di Palermo, appare agli occhi di persone in possesso di qualche nozione di diritto amministrativo come un atto illegittimo nella forma (della sostanza è stato lungamente disquisito) in quanto non preceduto da regolare contestazione di addebito, passaggio obbligatorio che coincide con l’avviso di garanzia più volte richiamato nel corso delle indagini della magistratura.
Pretestuose suonano le spiegazioni fornite dal responsabile provinciale, quando sostiene che la sospensione è stata comminata per far fronte al comportamento inadeguato della docente dato che “la libertà di espressione non è libertà di offendere e l’accostamento delle leggi razziali al decreto sicurezza è una distorsione della realtà”.
Peccato che il solerte funzionario non abbia posto altrettanta attenzione alle procedure obbligatorie nelle situazioni di contenzioso saltando a piè pari la richiesta di controdeduzioni all’interessata.
Ci auguriamo che la vicenda si chiarisca presto e che la docente sia reintegrata quanto prima nel suo posto di lavoro; che qualcuno le chieda scusa per averla trattata senza il dovuto rispetto alla sua professionalità; che sia sanata l’ingiustizia che le ha causato un grave stato di sofferenza personale; che si ammetta di aver perpetrato un eccesso di potere.
Per fortuna di tutti la professoressa Dell’Aria è persona mite, comprensiva se non addirittura materna: ha accettato persino di incontrare i ministri che sono a capo delle amministrazioni i cui funzionari hanno siglato la sua sospensione.
È davvero un bene essere temprati alle avversità in tempi come questi.
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