Nell’estate del 1948, era toccato a due padri cappuccini, Casimiro e Frumenzio, l’onorevole compito di scortare la Madonna tra le pievi del capoluogo lombardo. La Madonna, a quel tempo, viaggiava su un carro tirato da quattro cavalli, che, giunti in paese, venivano abbelliti con fiocchi colorati. Sul carro, a farle corona, venivano fatti salire bambini, che le suore del posto provvedevano a vestire come angioletti. E ad aprire il corteo, erano sempre le «Figlie di Maria». Queste giovani devote trasportavano un’urna, destinata a raccogliere i biglietti, a cui gli abitanti del posto avevano consegnato le loro richieste di grazia, di aiuto, di protezione. L’arrivo della Madonna era sempre un’occasione di giubilo e di festa. Venuta la sera, le strade si illuminavano di lampioncini di carta, bianca o colorata, che a quel tempo erano chiamati «palloncini alla veneziana», mentre nei cieli lombardi esplodevano fuochi d’artificio.
Sul finire di luglio, a metà settimana, la Madonna giunse a Bareggio, un comune ad una dozzina di chilometri ad ovest di Milano. Nei giorni che precedettero il sabato, visitò i lavoratori della terra e quelli delle officine. Poi, giunse il sabato. Alla sera, davanti alla chiesa si era radunata una folla immensa. I fedeli erano giunti anche da molto lontano: a piedi, in bicicletta, con qualche moto. La Madonna diede la sua benedizione agli ammalati, rivolse un saluto a coloro i quali avevano perso la vita sui fronti di guerra (e l’ultima guerra si era conclusa appena tre anni prima) e verso le 22, risalita sul carro, si mise in marcia, seguita da un lunghissimo corteo di fedeli. Il corteo si diresse fuori dal centro abitato, verso la frazione di San Martino. I campi di granturco erano separati dalla strada da un filare di pioppi. Era quasi mezzanotte, quando da dietro uno dei grandi pioppi una mano scagliò una bomba contro il carro della Madonna. L’ordigno, esplodendo, mutilò l’immagine sacra e, con le sue schegge, investì gli angioletti che viaggiavano con lei, i cavalli, le Figlie di Maria. I feriti, più e meno gravi, furono una trentina.
Questo accadeva nella notte tra il 31 luglio ed il 1° agosto. Da subito i sospetti di Polizia e Carabinieri ricaddero su comunisti del posto. Cinque furono i fermati, che, dopo confessioni e ritrattazioni, furono condannati in via definitiva nel 1954. Il movente della mancata strage pare fosse stato di natura politica: la Madonna pellegrina era considerata, sin dalla campagna elettorale del 18 aprile 1948, uno strumento che la Chiesa e la Democrazia cristiana avevano sfoderato per contrastare il pericolo di una eventuale vittoria dei social-comunisti. L’arruolamento forzato della Madonna nel corso di quella durissima campagna aveva di fatto trasformato quel simbolo in un nemico.
La Peregrinatio Mariae fu inaugurata proprio dalla diocesi di Milano: tre identiche immagini della Madonna partirono dal Duomo il 18 maggio 1947 per percorrere, sino al 1950, tutta la penisola. Il transito dell’immagine sacra, accuratamente preparato in tutti gli aspetti scenografici e coreografici, scatenò una impressionante partecipazione di popolo e, grazie alla trama simbolica connessa alla figura di Maria (la maternità, l’umiltà, il dolore, la dolcezza), la Chiesa poteva superare quegli steccati ideologici che lo scontro politico sembrava rendere invalicabili.
Oggi, dopo settant’anni, sembra che qualcuno voglia di nuovo arruolare simboli religiosi nella propria battaglia politica. Rischiando, di nuovo, di far diventare quei simboli, la cui portata semantica è universale, volgari strumenti al servizio di un meschino interesse di parte.
È stato molto chiaro il padre gesuita Antonio Spadaro, direttore di «Civiltà cattolica», che ha dichiarato pubblicamente: «Rosari e crocifissi sono usati come segni dal valore politico, ma in maniera inversa rispetto al passato: se prima si dava a Dio quel che invece sarebbe stato bene restasse nelle mani di Cesare, adesso è Cesare a impugnare e brandire quello che è di Dio».
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