Tutti i sondaggi evidenziano un crescente interesse dei cittadini europei per le prossime elezioni di fine maggio insieme alla ripresa di un sentimento europeista. La novità interessante è che questo sarebbe il frutto involontario degli euroscettici che, partiti strombazzando la volontà di allontanarsi dall’Europa, hanno ottenuto una forte e preoccupata reazione contraria.
I fatti reali non mancano: l’ottobre scorso gli svedesi hanno confermato Stefan Löfven; in Finlandia un mese fa Annti Rinne ha preso più voti di tutti; in Slovacchia Suzana Caputova è stata recentemente eletta Presidente; in Spagna ha appena vinto Pedro Sánchez, tutti per il rafforzamento dell’Ue. Non è soddisfazione per l’Europa che c’è ma piuttosto il timore di una pericolosa regressione verso l’Europa dei nazionalismi.
Diverse le cause di questo parziale mutamento di posizioni. In primo piano ci sarebbe l’umiliazione della Gran Bretagna per l’incapacità di attuare la Brexit, con un costo economico e sociale altissimo, dopo che il premier David Cameron aveva voluto un referendum suicida. A proposito, chi si ricorda che Salvini aveva festeggiato la vittoria del “Leave”?
Altra causa è il progressivo distacco dell’America di Trump dagli interessi europei, l’insidia della Russia di Putin, l’emergere della potenza cinese. Insomma, la percezione che senza Europa o con l’Europa più debole saremmo tutti in balia di forze esterne in grado di orientare troppo il nostro destino.
Va sottolineato che il primo tentativo di formare la Commissione europea è affidato al candidato del partito che ottiene più voti. Siamo lontanissimi dall’elezione diretta del leader dell’Esecutivo che molti giustamente auspicano, ma è un passo avanti verso una maggiore unità e rappresentatività dei cittadini europei a scapito, sperabilmente, dei governi nazionali.
I candidati più forti sono il “Popolare” Manfred Weber e il socialdemocratico Frans Timmermans. E’ probabile, dicono sempre i sondaggi, che avrà più voti il primo il primo e che il PPE esprimerà nuovamente il presidente della Commissione europea. Gli servirà però una coalizione. Quale sarà? Questo è il cuore della partita.
La coalizione sarà ancora fra i Popolari, i Socialisti e Democratici, i liberali e altri gruppi europeisti, o sarà fra i Popolari e i cosiddetti sovranisti moderati come vorrebbe Berlusconi per non perdere il contatto con Salvini? Ma Salvini è ormai un esponente della destra alla pari con la Le Pen.
L’Europa forte difficilmente potrà fare a meno dell’apporto della sinistra di governo e dei centristi francesi tutti convintamente europeisti. La formula da Macron a Tsipras emerge come una sfida forte e credibile, comunque robustamente condizionante.
Il dato negativo è che le europee sono ancora largamente considerate un test per le politiche nazionali. L’auspicio è che assumano sempre più un valore europeo. Per compiere un lungo passo avanti in questa direzione sarebbe necessaria un’Unione che assumesse più competenze per le politiche fiscali e del lavoro, per la politica estera, per le politiche immigratorie e per quelle sociali.
Il presupposto per ottenere questi risultati è la sconfitta dei sovranismi nazionali retrogradi e pericolosi.
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