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Storia

REGNO DELL’ISLAM

LIVIO GHIRINGHELLI - 03/05/2019

Mohammed ben Salman

Mohammed ben Salman

Il Regno dell’Arabia saudita è stato fondato nel 1932 con l’ascesa al trono di Ibn Saud (1875-1953) dopo un’aspra lotta durata dal 1902, chiusa grazie alla spada dei suoi miliziani beduini islamiti dell’Ikhwan (i fratelli).

Ibn Saud, impegnato nell’espansione e nel consolidamento del regno, non si preoccupò del sistema politico lasciato in eredità, identificato colla sua persona, per cui il figlio maggiore Saud (1902-1969), principe ereditario designato, si trovò in contrasto con i fratelli associati, da cui la sua abdicazione e sostituzione con Fayçal (1906-1975) e l’inaugurazione della successione adelfica (tra fratelli), divenuta norma. Ogni re d’Arabia si preoccupò naturalmente di favorire i suoi discendenti a scapito di quelli del re precedente, sinché con re Salman e suo figlio Mohammed si è giunti alla rimozione di questo pericolo, eliminando ed epurando tutti i concorrenti ed oppositori, specialmente quelli appartenenti alla corrente della Sahwa (movimento riformatore sunnita, influenzato dai Fratelli musulmani egiziani).

La repressione ha colpito duramente la comunità sciita con l’esecuzione capitale dello sceicco Nimr al-Nimr, decapitato il 2 gennaio 2016, onde la rottura delle relazioni diplomatiche con l’Iran. Mohammed ben Nayef, ministro dell’Interno e principe ereditario dal 2015, responsabile della lotta contro il terrorismo islamico è stato costretto a dimettersi, lasciando campo alla nomina di Mohammed ben Salman a principe ereditario (21 giugno 2017).

Nel novembre del 2017 ben Salman ha ordinato numerosi arresti in nome della lotta alla corruzione. Tutti gli arrestati hanno dovuto firmare una confessione e cedere una parte cospicua dei loro beni (per più di 100 miliardi di dollari). Scopo delle epurazioni quello di razionalizzare l’economia e il potere e di infondere paura a tutti i livelli della società. Fine del modello adelfico di successione.

Il progetto di fondo è quello della modernizzazione accelerata, facendo leva sulla gioventù. Diverse le riforme apportate: aperta la possibilità alle donne di guidare veicoli a partire dal giugno 2018, riammessa l’apertura dei cinema dopo 35 anni dalla messa al bando, apertura di 241 musei entro il 2030, valorizzazione di siti archeologici pre-islamici come quello nabateo di al-Oula nel nord-ovest del Paese.

Ben Salman nell’ottobre del 2017 ha affermato di voler ritornare a un Islam moderato, aprendo le porte alle altre religioni e al mondo. La Lega islamica mondiale (LIM) col nuovo segretario generale Mohammed Abdelkarim al-Issa, ex ministro della giustizia, ha cominciato a promuovere il dialogo interreligioso, mentre le Chiese sono però vietate nel regno.

Re Salman ha ricevuto nell’aprile del 2018 il Cardinale Jean-Louis Tauran, presidente del Consiglio per il dialogo interreligioso per le prime intese. Nessuna chiara opposizione dei religiosi conservatori, ma è da tenere presente che questi sono in primo luogo funzionari dello Stato. Punto comune della volontà di aggiornamento di figlio e padre quello di liberare l’economia dai suoi vincoli, per attrarre investimenti stranieri, in previsione della crisi della manna petrolifera e del dinamismo demografico saudita.

Nella serie dei conflitti in Medio Oriente le monarchie della penisola arabica sono rimaste spettatrici impaurite della guerra (Iran-Iraq o nel 2003 con la caduta di Saddam Hussein) o partner minori come nel conflitto in Kuwait. La strategia attendista è stata resa possibile dalla garanzia rappresentata dall’alleanza coi Paesi occidentali, a cominciare dagli Stati Uniti. Fatti salienti sono stati la rivoluzione islamica iraniana del 1978-1979 con la caduta dello Scià e la sostituzione con la Repubblica, nonché la guerra civile nello Yemen (1994) tra Nord e Sud.

Mohammed ben Salman, come ministro della Difesa, ha lanciato l’Operazione tempesta decisiva contro i ribelli yemeniti nel marzo 2015 e adesso medita di portare la guerra sul suolo iraniano, accusando l’Iran di essere la fonte di tutti i mali, perché complice dei Fratelli musulmani.

 Riad non riesce più a concepire la neutralità dei suoi partner: è nemico chi non si allinea. Il Pakistan, che si è rifiutato di prender parte alla formazione progettata di coalizione dei Paesi musulmani contro il terrorismo, di fatto conto l’Iran, nonostante alcune reciproche concessioni con l’Arabia, non si è ancora di molto discostato. Normalizzati sono i rapporti con Baghdad. Nessuna resipiscenza nei confronti dei ribelli dello Yemen. Senza risultati per Riad l’ostinazione nel cercare la resa del Qatar, accusato di sostenere il terrorismo jihadista. Quanto ai rapporti con l’Amministrazione americana, dopo i momenti di frizione intervenuti con Jimmy Carter, George W. Bush, Barach Obama, per il sostegno dato alle primavere arabe, ora si è verificato un raffreddamento per la decisione di Donald Trump di trasferire l’ambasciata statunitense in Israele a Gerusalemme.

Di tutta evidenza nell’ideologia e nei programmi di ben Salman l’elogio pubblico dell’assolutismo come garanzia di efficienza, sullo sfondo il passaggio da un’economia di rendita a un’economia imprenditoriale.

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