Widgetized Section

Go to Admin » Appearance » Widgets » and move Gabfire Widget: Social into that MastheadOverlay zone

Apologie Paradossali

CONTAGIO

COSTANTE PORTATADINO - 03/05/2019

reiwaNon ho ancora capito bene l’affermazione di Papa Francesco secondo cui non siamo in un epoca di cambiamento, ma in un ‘ cambiamento d’epoca’. Arrischiando un’interpretazione, penso che voglia sottolineare la velocità e la radicalità del cambiamento. Nel primo caso il fattore tempo consentirebbe un intervento correttivo della direzione del cambiamento da parte dei soggetti storici, nella seconda versione il cambiamento sarebbe già in corso o quasi del tutto avvenuto e comunque avverrebbe irresistibilmente. Non posso negare che in questi pochi giorni dall’apologia della volta scorsa, dopo il rogo ‘simbolico’ di Notre Dame, i segnali di cambiamento d’epoca si siano accumulati.

Comincio da uno simpatico e beneaugurante: la successione a causa di abdicazione sul trono imperiale del Giappone. Una novità, da due secoli ad ora, per quella nazione, che ha vantato la discendenza divina del suo imperatore fino ad Hirohito, il padre di Akihito e nonno di Naruhito, l’attuale, asceso al trono il Primo Maggio. L’augurio sta tutto nel nome scelto come eponimo del suo regno: REIWA, che comprenderebbe i concetti di armonia, ordine e pace e vorrebbe significare l’ispirazione morale e religiosa del suo prossimo regno. Quanto i giapponesi ritengano determinante la successione imperiale, risulta dal fatto che i comuni calendari, così come i documenti ufficiali, riportano accanto alla data del calendario gregoriano quella dell’era dell’imperatore regnante.

Purtroppo sono assai più numerosi i segnali che indicano una direzione opposta. La strage in Sri Lanka, la ricomparsa del califfo Al- Bagdhadi, la guerra civile in Venezuela, l’instabilità politica e civile della maggior parte degli stati africani, la crescita dei muri e dei sovranismi in America e in Europa, l’incombenza di una nuova forma di colonialismo, questa volta cinese, su gran parte dell’Asia e su tutta l’Africa, e, consentitemi di metterla sullo stesso piano o forse in maggiore evidenza, la violenza insensata, mossa da un rancore inaccettabile, come gilet gialli e no-tav o da un ancor più incomprensibile disprezzo della persona, femminicidi e stupri o, come nel caso di Manduria, dove l’assenza degli adulti colpisce ben più della barbarie dei giovanissimi. Dal punto di vista di Papa Francesco non dovremmo dimenticare la rivoluzione della morale sessuale e familiare in Occidente, accompagnata dall’emergere di una parallela crisi di moralità nel clero, benché retrodatabile di qualche decina d’anni, secondo Benedetto XVI.

Basta tutto ciò per riconoscere e accettare il cambiamento d’epoca? A bella posta ho mescolato fatti economici e politici di grandi dimensioni con fatti di cronaca, pur terribili, ma quotidiani. Un cambiamento d’epoca, infatti, non può che derivare dal contemporaneo precipitare nella direzione sbagliata sia delle istituzioni politiche, sia delle forze sociali e delle idee che le governano. Il paradosso della riflessione odierna è che per la prima volta nella storia una civiltà non è minacciata da una forza materiale esterna e ostile, come furono i Greci dai Persiani, i Romani dai ‘barbari’, i Bizantini ancora dai Persiani e poi dagli Arabi, Aztechi e Incas dagli Spagnoli, l’Europa democratica dalla Germania nazista. La minaccia vera è incistata nel corpo stesso dell’Occidente europeo e americano, ben più profondamente di quella portata finora dai terroristi del sedicente Stato Islamico.

Si tratta di una mutazione culturale, quasi antropologica; un contagio che attraversa senza soluzione di continuità tutti i paesi di maggior impronta cristiana, dall’Europa all’America, ma una cosa simile dilania il mondo islamico tra sunniti e sciiti, tra moderati e salafiti. Di recente abbiamo scoperto l’estremismo politico-religioso nell’India e nel variegato mondo di cultura buddista. La Cina ha qualche difettuccio di libertà democratiche; che rimanga solo il Giappone del cambiamento d’epoca, con l’inizio della Reiwa, l’era della bella armonia? Non ci posso credere, se penso che il 25 dicembre 1926, Hirohito, il nonno di Naruhito, divenne il nuovo imperatore e venne proclamata l’era Shōwa (era della “pace illuminata”), cui però fecero seguito l’invasione della Cina, il proditorio attacco agli Stati Uniti, l’invasione del Sud-Est asiatico e una guerra ancor più terribile di quella combattuta in Europa. Non che abbia dei dubbi sul nuovo imperatore, ma insisto come sempre sulla scarsissima efficacia dei nomi, quando non corrispondono ai fatti.

Siamo dunque privi di speranza? No! Vi dico cosa mi ha colpito: una frase di Papa Francesco in occasione della Pasqua: “Spesso a ostruire la speranza è la pietra della sfiducia”. Parla della pietra del sepolcro. Mi ha fatto pensare che più di quarant’anni fa avevo letto un libro: “Crisi di fiducia” in cui Arthur Schlesinger Jr., uno dei maggiori collaboratori di John Kennedy e di suo fratello Robert, delineava fin dagli anni sessanta, l’acuirsi di una crisi insieme politica e morale, dovuta non solo al pessimo affare del Vietnam, piuttosto all’incapacità delle masse ad accettare le nuove forme di convivenza civica rese necessarie dalla fine del razzismo, dal crescere del consumismo e dell’inquinamento. Vuol dire che l’attuale crisi viene da lontano, ha attraversato cambiamenti apparentemente epocali come la fine dell’impero sovietico (ma non la fine dell’influenza russa), la conquista dello spazio, la ‘villaggizzazione’ del pianeta grazie a internet, la globalizzazione economica, l’entrata della Cina nel commercio mondiale, ma non ha trovato una cura efficace.

Prosegue il Papa. “ Quando si fa spazio l’idea che tutto va male e che al peggio non c’è mai fine, rassegnati arriviamo a credere che la morte sia più forte della vita e diventiamo cinici e beffardi, portatori di malsano scoraggiamento. Pietra su pietra costruiamo dentro di noi un monumento all’insoddisfazione, il sepolcro della speranza. Lamentandoci della vita, rendiamo la vita dipendente dalle lamentele e spiritualmente malata. Si insinua così una specie di psicologia del sepolcro: ogni cosa finisce lì, senza speranza di uscirne viva. Ecco però la domanda sferzante di Pasqua: Perché cercate tra i morti colui che è vivo? Il Signore non abita nella rassegnazione. È risorto, non è lì; non cercarlo dove non lo troverai mai: non è Dio dei morti, ma dei viventi (cfr Mt 22,32). Non seppellire la speranza!”

Quanto detto mi consente di smentire l’interpretazione pessimistica del primo paragrafo di questa apologia. Il Papa non è pessimista, continua così: “Dio ci chiede di guardare la vita come la guarda Lui, che vede sempre in ciascuno di noi un nucleo insopprimibile di bellezza. Nel peccato, vede figli da rialzare; nella morte, fratelli da risuscitare; nella desolazione, cuori da consolare. Non temere, dunque: il Signore ama questa tua vita, anche quando hai paura di guardarla e prenderla in mano”.

Rimane, tuttavia, un passaggio da compiere, quello dal singolo alla comunità, dal privato al pubblico. Schlesinger ammoniva che la sfiducia derivava dalla separazione tra idee e potere; preciserei: tra le idee che guidano la vita di un popolo e e i fatti che il potere (politico, economico, culturale religioso) permette di realizzare ai cittadini o realizza come funzione sussidiaria con proprie iniziative. Non è una cosa impossibile, ma richiede una partecipazione impegnata e consapevole, non reattiva e rancorosa di una parte importante di cittadini, nella vita familiare e civile, nell’educazione e nella cultura, nella politica italiana ed europea. Il cambiamento d’epoca può ancora diventare positivo.

Facebooktwittergoogle_plusredditpinterestlinkedinmail

You must be logged in to post a comment Login