Una cosetta, a proposito di resurrezione. Laica, sportiva, sociale, economica eccetera. Cinquant’anni fa, 27 aprile ’69, la Ignis di Adalberto Tedeschi presidente, Giancarlo Gualco general manager e Nico Messina allenatore batteva il Simmenthal a Masnago e vinceva il suo terzo scudetto dopo un periodo difficile, buio, polemico. Seguì una lunga serie, sette titoli in nove anni più cinque coppe dei Campioni e svariate Coppe Italia. Nacque la Valanga Gialla, e fece scempio degli avversari per un decennio.
Quel pomeriggio di primavera il “Lino Oldrini” era strapieno, festoso, irridente. Varesini contro milanesi e viceversa. Canzonature, sbeffeggiamenti, bandieroni, entusiasmo curvaiolo senza derive ultrà. Bagarini con biglietti fino a venticinquemila lire (parterre), popolari attorno alle cinquemila, incasso di sette milioni, abbonati a parte.
Finì 98-68, tremendismo nostro, ko loro. Favorito da un infortunio al 4’ di Massimo Masini, pivot biancorosso e della nazionale. Caviglia distorta e adieau. Cronaca di Marco Cassani sulla Gazzetta dello Sport: “L’Ignis ha meritato il suo terzo scudetto con un grande campionato, lo ha vinto in una partita senza storia. La grande sfida per il titolo è stata tradita dalla sorte. Era partita l’Ignis a ritmo infernale, conduceva per 9-1 e da poco Messina aveva ordinato la zona. E’ stato un attimo. Palla alta di rimbalzo: salta Flaborea e salta Masini, c’è un contatto in aria, Masini ricade e dolorante si rotola sul campo. Rubini accorre accigliato con Venino medico dell’Ignis. Masini va negli spogliatoi, sviene, la caviglia si gonfia, lo portano all’ospedale”.
L’Ignis avrebbe vinto comunque. Confidò Rubini, l’allenatore detto il Principe, a Ettore Pagani, già allora firma celebre del giornalismo sportivo locale assieme a Pier Fausto Vedani: “Contro l’Ignis di oggi non vi sarebbe comunque stato nulla da fare, avremmo solo perso con un risultato diverso”.
Era una squadra straordinaria: Ossola e Rusconi in regia, Meneghin e Flaborea i “lunghi”, Manuel Raga la freccia d’indecifrabile collocazione tecnica. L’avevano pescato in Messico, fu la sorpresa della stagione, entrò nel cuore del nostro popolo cestistico. Meraviglioso Manuel. Quel pomeriggio di gloria lo vide, al solito, superprotagonista: 24 punti con 4 tiri liberi su 8. Gli altri marcatori: Rusconi 8, Flaborea 21, Meneghin 16, Paschini 7, Ossola 2, Villetti 4, Ovi 6, Malagoli 3, Consonni 2. Salvarono il poco salvabile del Simmenthal Iellini e Tillman, 16 punti a testa.
La classifica finale del campionato: Ignis 34, Simmenthal 32, Fides Napoli 30. La testimonianza, oggi, di Aldo Ossola: “Gruppo eccezionale innanzitutto sul piano umano. Eravamo amici, potrei perfino dire, con un po’ di retorica, fratelli. Messina trovò soluzioni tecniche semplici, ci diede una preparazione atletica di prim’ordine, correvamo il doppio degli altri. Poi la chicca di Raga, l’esplosione di Meneghin, il recupero di Flaborea, che pareva avviato al declino. Vincevamo divertendoci, ecco il segreto. Che gioia allora, che malinconia ora”.
Lo scudetto dell’Ignis fece da volano al rilancio cittadino. Il nome di Varese circolò in Italia, in Europa, nel mondo. La pallacanestro fu uno spottone, diventò -più di quanto non lo fosse stata fino a quel momento- l’orgoglio bosino. La città ne restò grata a Giovanni Borghi, alla cui generosità si dovette innanzitutto l’impresa. Non suonarono le campane, il 27 aprile del ’69. Ma avvertimmo lo stesso i rintocchi di un trionfo allargato.
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