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Cultura

AL CENTRO LA CROCE

MANIGLIO BOTTI - 19/04/2019

Da semplici cronisti e lettori, e non da teologi o esegeti, stando a recenti studi oggi si può dire che il Vangelo di Marco dei tre sinottici sia il più antico, vale a dire il primo redatto dopo la morte e la resurrezione di Gesù. Viceversa, fino a non molto tempo fa – poco più di un secolo – si pensava che il Vangelo di Marco fosse quello che andasse un po’ a rimorchio rispetto agli altri due – di Matteo e di Luca – , un giudizio immeritato che risaliva a ben più di un millennio e che veniva attribuito a sant’Agostino, uno dei più famosi e importanti dottori della Chiesa.

Mentre invece il “copione” non era Marco, ma più probabilmente – ci si perdonerà lo stile pedestre in una materia così importante – gli altri due.

Citiamo da un libretto di Broccardo, Doglio e Maggioni, pubblicato un paio di anni fa per le edizioni San Paolo, circa l’attendibilità storica, e quindi la vicinanza cronologica alla vita e alla predicazione di Gesù dell’evangelista Marco: “Marco si è ripreso la ribalta (…). Ritornato al centro di molti studi (…) ci si è poi accorti che Marco ha anche uno stile tutt’altro che insignificante e che dietro questo stile c’è una teologia molto ricca. Riscoperto, ha cominciato ad affascinare i lettori”.

E benché il greco di Marco appaia qua e là anche un po’ sgrammaticato (ecco forse alcune delle ragioni per le quali la sua “narrazione” non era stata presa con la dovuta considerazione), lo stile della sua testimonianza si presenta infine “frizzante e spontaneo”.

Non entriamo nelle sottolineature teologiche, specialmente in questi giorni: ognuno può prendere in mano il Vangelo di Marco e riscoprire come nei fatti egli ponesse al centro di tutto la Croce, la morte del Cristo: “I miracoli – scrivono ancora Broccardo, Doglio e Maggioni – non sono sufficienti per conoscere Gesù. Il suo volto si rivela, nella pienezza del suo splendore solo nella morte in croce”… Il cosiddetto “segreto messianico”.

Venendo alla tradizione, si pensa che Marco scrisse il Vangelo intorno al 70 d.C., e forse anche successivamente. Nei manoscritti si comincia a citare il suo Vangelo nel III secolo, per avere poi compiutezza nei codici del IV secolo. Ma non si può non ricordare che in un frammento dei Manoscritti del Mar Morto, i famosi manoscritti di Qumram, nell’attuale Cisgiordania, scoperti in una grotta nel 1947, alcuni studiosi – tra cui lo spagnolo José O’ Callaghan, sacerdote gesuita – riconobbero parole riferentesi a un passo del Vangelo di Marco, cosa che faceva risalire la sua testimonianza di un paio di decenni al 70 d.C., quindi – come titolò il giornale il Sabato in un articolo del maggio ’91, ventotto anni fa, di Antonio Socci – “Marco vide. E subito scrisse”.

Non è una cosa di poco conto, anche se la comunità degli studiosi non è rimasta convinta delle conclusioni di O’Callaghan. Il dibattito è tuttora aperto. Dalla Fede il dibattito si è di nuovo mosso nella Storia, e dalla Storia alla vita di ogni uomo che – tuttora – nella lettura dei Vangeli cerca sì conoscenza, cultura ma soprattutto risposte.

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