“Non pensavo, non credevo si fosse fino a questo punto nel guano”. Un modo di dire che cerca vocaboli possibilmente più gentili per enunciare uno stato di cose spiacevole, pericoloso: uno stato di cose che riesce a creare parecchi guai, anche a livelli molto alti. È il regalo che ci viene fatto dalle tecnologie dei nostri giorni che siamo costretti ad usare.
“Io non voglio usare questi impicci. Mi mettono in difficoltà”: così si è espresso un mio amico. Ad essere sinceri ha usato termini più coloriti, oserei dire scurrili ma ben capaci di evidenziare il disagio davanti ad un i-phone, ad un telefonino, ad un pc.
In effetti questi strumenti permettono di realizzare pensieri veloci, talvolta profondi, talvolta stupidi, confrontandosi con le idee di altri, coinvolgendo con estrema facilità (forse troppa) gli altri. Partendo dal contenuto di un vocabolo si riescono a sviluppare tanti altri pensieri, idee, sentimenti, originalità che ti permettono di coinvolgere gli altri che amano la parola. Le possibilità comunicative di questi strumenti tecnologici diventano infinite. Succede come per i rovi. Mai provato? con la zappa aggancio una pianta, tiro con forza e vedo accanto muoversi tanti altri virgulti. Ugualmente muovo e comunico un sentimento nato in me e “nella piastra” (pare che si chiami così) del “social” si scatenano in altri una infinità di emozioni, passioni, turbamenti, anche arrabbiature. Grande possibilità di comunicare mettendoci la faccia, ma anche stando nascosti dietro uno pseudonimo.
Ma siamo particolarmente nel guano quando si sconfina nella politica, dove tutti i mezzi sono giustificati per raggiungere risultati. Ma è proprio così? L’avrebbe detto il Machiavelli, ma non è vero, non l’ha mai detto, ha confermato ultimamente un suo esperto che lo ha studiato tanto. Quindi giustificazioni per fare i lavativi non ci sono nemmeno in politica, nemmeno invocando un teorico del 1500, ma si può sempre far finta di niente, per cui la tecnologia moderna viene cavalcata a tutto spiano specialmente in senso negativo e noi, destinati a subirla, ci troviamo nel fango.
Ad essere obiettivi sembra possibile che chi si trova in posizione di responsabilità possa con questi mezzi realmente raggiungere chi deve governare e viceversa. Ma se gli interessi dei governati non sono uniformi? Anzi contrastanti? Abbiamo la possibilità di far partire “sulla piastra” un referendum. Un “sì” un “no” netto e si decide. Più democratico di così? Ma quanti realmente rispondono? Quanti hanno la competenza reale per rispondere in coscienza? E il quesito come viene posto? Anche su un quesito semplice posso creare confusione: fare in modo che non sia chiara la domanda, anzi far sì che la risposta sia quella che mi interessa e basta. Infatti nell’ultimo referendum dei 5 stelle era andata cosi e “han ciapà na mülta”.
Balza all’occhio che una minoranza, non autorizzata in quanto non eletta, ha deciso per milioni di Italiani. E la multa, considerato il numero dei partecipanti al referendum, sembra molto modesta. Avevano risposto in 50.000 e la multa è stata di un euro a testa. Comunque la multa ha un suo significato: i dubbi che la democrazia possa funzionare in questo modo ci sono. Ma poi per ora queste tecnologie sono troppo fluide, e lo dimostrano certi social dove trovi sempre di tutto e di più senza il dovuto rispetto alle persone. Questi strumenti fanno sì che la nostra società sia sempre più liquida, difficile da governare, da guidare perché scappa via da tutte le parti come l’acqua fresca tra le dita.
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