Alcuni giorni fa a Varese due iniziative importanti si sono svolte a poche ore l’una dall’altra. La prima a Villa Mirabello con la presentazione del libro scritto da Franco Giannantoni e Alberto Tognola, la seconda con la posa di una targa in ricordo di Calogero Marrone nell’attuale Via Sempione.
In “1944. OTTOBRE”, Quaderno numero 4 Edizioni Amici della Resistenza, Giannantoni e Tognola ricostruiscono i fatti che nell’ottobre del 1944 produssero il crollo della formazione partigiana 121^ Brigata Garibaldi “Gastone Sozzi” di Varese e lo sterminio del gruppo autonomo militare “Lazzarini”, operante nel Luinese. Per fare luce su quelle vicende i due autori hanno scrupolosamente condotto le loro ricerche in diversi archivi ed esaminato documenti e testimonianze in buona parte inediti. Dal libro emergono le debolezze strutturali delle formazioni partigiane operanti nel nostro territorio, ma anche le circostanze che permisero ai fascisti di reprimerle duramente. In quei drammatici frangenti ci furono cedimenti e debolezze umane, ma anche queste apparirebbero incomprensibili, o di segno opposto, se non si tenesse conto del contesto di guerra, delle fucilazioni sommarie, delle torture, delle minacce di ogni genere operate dai “repubblichini di Salò”. Ancora dopo 75 anni non è facile riaprire fascicoli e discutere serenamente di quegli avvenimenti e dei fatti che li hanno segnati, in particolare quelli più dolorosi e controversi.
Io che da giovane ho avuto la fortuna di conoscere e frequentare uomini e donne “resistenti”, so con quanta fatica si riusciva a strappare loro ricordi che andassero oltre l’ufficialità delle cose già note. Uomini come Renato Morandi, Fulvio De Salvo, Claudio Macchi, Angelo Chiesa, Ezio Bassani, e donne come Vittorina Caula, Carla Della Bordella, Ivonne Trebbi Edmea Maggiolo, Vera Bossi. Loro, che pure erano stati protagonisti diretti delle pagine più belle e significative della nostra Resistenza, ne parlavano sempre con sobrietà e riservatezza. Una riservatezza che mi appariva a volte eccessiva, ma le cui ragioni con il passare del tempo ho imparato a comprendere. Se a noi giovani la Resistenza appariva come momento mitico, fatto di eroismi vittoriosi, nella loro memoria restava viva la drammaticità e la tragicità dei momenti vissuti. E in quei momenti vissuti si erano verificati fatti che, ancora oggi, sono oggetto di attenzione e valutazioni diverse.
Il libro di Giannantoni e Tognola aiuta a guardare con spirito critico alcuni tra i passaggi più dolorosi di quei momenti. Capisco i timori di quanti pensano che così facendo si possa “indebolire” l’immagine della Resistenza, a maggior ragione in un momento come questo in cui la cancellazione di “quella” memoria e i tentativi di sminuirne significato e valore sono all’ordine del giorno. Ciò che però conta è che, in ogni caso, anche quelle zone d’ombra, non scalfiscono minimamente il valore della Resistenza. Anzi il richiamo alla durezza della prova a cui erano sottoposti uomini e donne in carne ed ossa, non eroi astratti, esalta ancora di più i suoi tratti umani e valorosi. Penso, al riguardo, che sia giunto il momento di superare incomprensioni e polemiche tanto inutili quanto controproducenti. Le diversità di giudizio su alcune vicende o il solo timore di renderle pubbliche non possono diventare momenti di contrapposizioni infinite.
Seppure con toni e motivazioni diversi qualche polemiche è emersa anche durante la posa della targa davanti alla casa dove Calogero Marrone abitava con la sua famiglia. Qui il 7 gennaio 1944 venne arrestato dai fascisti e, successivamente, deportato nel campo di sterminio di Dachau, dove morì il 15 febbraio 1945. La bella iniziativa è stata realizzata con il fattivo e originale contributo degli studenti dell’Istituto “Isaac Newton” di Varese.
In questo caso non sono le vicende storiche a causare incomprensioni e contrasti, ma dimenticanze e sgarbi del presente. Significativo che a mettere il dito nella piaga sia stato proprio Rosario Manganella, Presidente dell’Istituto Nazionale Calogero Marrone. Nel suo intervento ha voluto in modo chiaro e netto esprimere il suo rammarico per il “grande assente” alla manifestazione, il giornalista e studioso Franco Giannantoni, sottolineando “il bisogno di recuperare con lui un rapporto” positivo per approfondire, grazie alla sua competenza, nuovi aspetti della vita e dell’impegno di Calogero Marrone. Essendo Manganella a conoscenza delle motivazioni che hanno “allontanato” Giannantoni dalla Associazione, non certo per sua volontà, si può facilmente presumere che il destinatario della critica non fosse “il grande assente”. Per quanto ne so e al di là delle polemiche, Giannantoni continua il suo lavoro di studioso con la grinta e la determinazione di sempre. A breve dovrebbe uscire una edizione aggiornata del libro su Calogero Marrone. Il primo libro “Un eroe dimenticato” era stato pubblicato nel 2002 e Giannantoni l’aveva scritto insieme all’amico e collega Ibio Paolucci, deceduto due anni fa.
Ho voluto ricordare questi due episodi non per spirito polemico, ma al solo scopo di sollecitare una riflessione volta al superamento di incomprensioni e polemiche che rischiano, queste sì, di offuscare l’impegno di ciascuno e i valori che vogliamo difendere.
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